Alzheimer, se n’è parlato a Cosenza. Nei progetti un centro diurno per ammalati
Diffondere informazioni e conoscenze per capire come affrontare la malattia di Alzheimer. Con questo obiettivo l’Amministrazione comunale ha sposato l’iniziativa della cooperativa sociale “Medicare” che ha organizzato a Cosenza un primo incontro su una malattia che sta sempre più assumendo i contorni del dramma sociale. Lo ha fatto affrontandola dal punto di vista medico-clinico per evidenziarne poi le tante implicazioni emotive che riguardano sia la persona afflitta da una forma di demenza quanto chi è chiamato ad assisterla.
A sviscerare entrambi gli aspetti, il prof. Evaristo Ettorre, docente di geriatria a La Sapienza di Roma e direttore dell’Unità di Valutazione Alzheimer dell’Umberto I, ed il dott. Giorgio Marchese, specialista psicoterapeuta e presidente di Neverland, una onlus che si occupa in particolare di counseling.
“Col nostro supporto a questa iniziativa – ha detto portando il saluto istituzionale l’assessore alla solidarietà e coesione sociale Manfredo Piazza – rispondiamo intanto all’esigenza primaria di dare quante più informazioni possibili su questa terribile malattia che ha una forte ricaduta sociale. Lo facciamo sapendo che dobbiamo porci al centro di una rete istituzionale ma che sia concreta, e non di facciata.
Per questo siamo lieti di attingere ad esperienze positive che si stanno sviluppando altrove e che possono costituire un punto di riferimento per l’obiettivo più grande, quello finale, che potrebbe essere la realizzazione di un centro diurno dove i pazienti ricevano le giuste attenzioni in termini di stimolazione delle loro capacità residue”.
Una relazione dettagliata quella del prof. Ettorre che ha subito evidenziato il ruolo importante della famiglia, “l’Alzheimer non è una malattia che si vive in un rapporto dualistico medico paziente ma c’è l’intermediazione familiare che gioca un ruolo da coprotagonista e può influire fortemente sul percorso terapeutico, che farmalogicamente non è mai identico tra un malato e l’altro”.
Senza mezzi termini il prof. Ettorre parla di un problema non più procrastinabile, “ma le armi per affrontarlo ci sono, e stanno nel coordinamento tra la parte medica e la parte sociale”. Le demenze, si sa, sono malattia neuro degenerative progressive dalle quali non si guarisce. Per questo l’obiettivo non può che essere quello di garantire qualità alla vita dell’anziano, tanto più se pensiamo che la vita si è allungata, l’Italia è al secondo posto in Europa per popolazione più vecchia.
“Oggi si parla di boom della vecchiaia che significa una maggiore necessità di servizi, di qualità, e quindi di risorse da mettere a disposizione”. Dall’analisi dei fattori che possono determinare una demenza, passando attraverso lo stile di vita da adottare per prevenirla, nel quale la componente relazionale ha un ruolo molto importante, il prof. Ettorre ha disegnato un modello di assistenza interattivo che diventa il vero e proprio momento terapeutico.
“Sono ciò che ricordo o quello che ho dimenticato?”, è l’interrogativo che ha posto lo psicoterapeuta Giorgio Marchese, tracciando il percorso verso la risposta in un intervento che, trattando soprattutto le forti implicazioni emotive della malattia, è stato per certi versi uno scossone per l’anima. Cosa significa invecchiare, il senso della vita: a partire da queste riflessioni il dott. Marchese, con grande passione “quella che non deve mai mancare a nessuno di noi nelle cose che facciamo”, aveva detto pochi attimi primi il collega Ettorre, ha toccato la nota dolente, come aiutare chi aiuta il malato di Alzheimer, spesso i familiari, per i quali è difficile accettare che un proprio caro si trasformi, nelle funzioni e nei comportamenti, in qualcuno che non riescono, e a volte non vogliono, riconoscere. Il messaggio di Marchese è indirizzato anche a venir fuori, ad esternare il proprio contatto con la malattia, ad allontanare la convinzione che si è soli e come tali si deve affrontarla.
C’è tutto un mondo che si muove intorno all’Alzheimer. Chi con più esperienza e competenza offre figure specializzate, come Neverland; chi volontariamente sta muovendo i propri passi mettendosi al servizio di chi ha bisogno di aiuto, è la giovane associazione Penelope di Pasquale Filice; chi, come l’Università della Terza Età, luogo che sicuramente favorisce l’invecchiamento attivo, si mette in gioco per dare un contributo.
È la rete che si forma, che spontaneamente mette insieme le sue maglie, perché tutti devono sentirsi coinvolti in un problema che non può più accettare rinvii. Insieme si può lavorare per una dignità di vita che tale rimanga fino all’ultimo giorno, tra ricordi sfumati e altri di nuovi che si possono ancora creare, e non importa se dureranno una manciata di secondi.