Succo d’arancia, Assobibe: norma penalizza i prodotti italiani, favoriti quelli stranieri
Dopo l’annuncio della Coldiretti Calabria dell’approvazione da parte della Camera dei Deputati della norma che innalza la percentuale di succo di arance nelle aranciate prodotte e commercializzate in Italia si leva immediatamente la protesta, verbale, dei produttori. L’Assobibe (l’Associazione Italiana tra gli Industriali delle Bevande Analcooliche) ha espresso infatti la sua preoccupazione per il voto che porta al 20% la percentuale minima obbligatoria di succo per le bibite analcoliche conosciute come “aranciate” quando prodotte in Italia: “Un provvedimento che frena la competitività delle imprese in Italia e non porterà benefici a consumatori né all’indotto” ha commentato il Presidente dell’Associazione, Aurelio Ceresoli.
"DISCRIMINATORIO ED ANTICOSTITUZIONALE" | “Il divieto di continuare a produrre bibite con ricette conosciute ed apprezzate da decenni - ha aggiunto Ceresoli - riguarderà solo la produzione realizzata in Italia. I prodotti importanti dall’estero continueranno ad essere disponibili sul mercato italiano anche se avranno una percentuale di succo inferiore e ciò determinerebbe una ingiustificata discriminazione e limitazione della libertà di iniziativa economica patita dagli italiani”.
Assobibe ha voluto precisare come la percentuale minima di succo in Italia nelle aranciate sia già la più alta di tutti gli altri Paesi dell’UE, “dove la media è del 5%, ed in molti non esiste neanche nessun tipo di vincolo”, sottolineano i produttori.
“Il nuovo obbligo – spiega il presidente degli Industriali - si tramuterà in un forte incentivo alla delocalizzazione, sostenibile dai grandi gruppi ma sicuramente a scapito delle piccole-medie imprese che rappresentano la tradizione italiana della produzione di bibite analcoliche. In un momento in cui si parla di Made in Italy come punto di forza per il rilancio della nostra economia, la Camera vota un provvedimento che va esattamente nella direzione opposta”.
"CONTROPRODUCENTE" | Secondo l’associazione inoltre si va ad incidere su un settore già fortemente caratterizzato, in Italia, da consumi tra i più bassi d’Europa (50 litri pro capite contro 73 litri) e stagnanti negli ultimi dieci anni. “Costringendo i produttori a delocalizzare per poter mantenere inalterato il prodotto che incontra il favore dei consumatori - sostiene Ceresoli - il rischio concreto è che la percentuale di frutta italiana impiegata nella produzione diminuisca invece di aumentare, con un effetto controproducente anche per la nostra agricoltura. Le aranciate confezionate – spiega inoltre il presidente - ancora hanno peraltro segnato un -9.3% nel 2013”. “Confidiamo che Governo e Parlamento – concludono gli industriali - intervengano prontamente per impedire l’approvazione definitiva di un provvedimento che penalizzerebbe fortemente l’industria italiana, i suoi lavoratori e tutto l’indotto”.