Motta San Giovanni, il valore etico dell’agricoltura sociale
“Ci sono immagini che in un'epoca frenetica e destabilizzante come quella odierna hanno un potere placebo nelle persone, evocano pace e serenità o comunque un senso di familiarità e tradizione. Tra le immagini che più di tutte hanno questo potere è da annoverare quella dell'asino. L'asinello simpatico, con le sue lunghe orecchie, l'asinello delle favole di una volta, l'asinello che in un'Italia rurale e contadina era indispensabile al suo padrone per trasportare pesi è evidentemente tanto rassicurante da avere effetti benefici su certe patologie e da indurre a creare centri di onoterapia, ovvero la cura con l'asino. E' ancora una volta l'ennesima prova del fatto che l'uomo contemporaneo stritolato dall'ansia e da ritmi disumani quando non è più in grado di sostenerli ha bisogno di rifugiarsi in un mondo scomparso che ancora evoca ricordi rassicuranti”.
A parlare è Patrizia Reinger Cantiello che ha avviato i lavori del quinto seminario del corso in onoterapia presso la Comunità terapeutica Vecchio Borgo di contrada Ciosso, lavori che hanno impegnato i corsisti sia in giornata di studio teorico sia in esercitazioni pratiche.
Ed è proprio con la Reinger che sono partiti gli esercizi sul campo con gli asinelli che scorazzano in comunità unitamente a cavalli e ad altro variegato genere di animali. La Reinger è nota sulla scena nazionale ed internazionale per la grande competenza acquisita in ambito onoterapeutico. Infatti , da svariati anni, è impegnata nella cura delle patologie psichiatriche presso il San Giovanni di Dio del Fatebenefratelli di Roma.
”Si tratta di un approccio relazionale fondato sul contatto con l’alterità - spiega l’esperta - un metodo trasversale per arrivare a se stessi tramite la conoscenza dell’altro. Nonostante non sia stata ancora formalmente riconosciuta dalla comunità scientifica, l’onoterapia garantisce progressi sorprendenti nel contesto relazionale.Permette di sviluppare la consapevolezza di se, del proprio io – prosegue la Reinger- una consapevolezza e significazione che va reiterata ,mediata dalla professionalità dell’operatore, ma che soprattutto agisce sul problema di comunicazione relazionale ,sulla persona ,andando oltre la patologia”.
Viene da chiedersi perché la scelta dell’animale ricada proprio sull’asino e l’esperta chiarisce il dubbi: “L’asino - evidenzia la Reinger – è l’animale che maggiormente fa eco alle relazioni umane, grazie ad alcune caratteristiche peculiari che ne facilitano l’impiego. Si tratta di un animale docile che tende a rimanere, a non scappare, favorendo un lavoro progressivo , che può vincere l’iniziale repulsione da parte del paziente. Inoltre è un erbivoro, rappresenta l’emblema della debolezza, rimanda chiara l’immagine della fragilità che è tipica del dolore”. Sembrano caratteristiche riconducibili anche al cane o il cavallo, ma la Renger specifica le notevoli differenze che fanno dell’asino l’animale da prediligere: “Il cane richiede un feedback costante, delle attenzioni continue che difficilmente i pazienti riuscirebbero a dare, ed è un animale troppo piccolo per poter simulare una relazione; viceversa il cavallo, se non addestrato, tenderebbe a prevaricare, a non collaborare e potrebbe essere pericoloso a causa delle grandi dimensioni".
Insomma, questo tipo di pet therapy si presta alle cure delle più disparate patologie ,non solo psichiatriche, ma riconducibili a fattori come stress, solitudine o disarmonia affettiva, coinvolgendo simultaneamente bambini ed anziani. Sicchè si può ben affermare che un semplice animale da soma si rivela incredibilmente un fedele e paziente alleato dell’uomo. La Reinger dedicherà anche il sesto seminario, previsto per sabato 12 luglio, alle esercitazioni pratiche spiegando i vari step previsti dal percorso onoterapeutico: avvicinamento, contatto, interazione.
Giunti a questo punto, a metà dell’attività di formazione, e dopo aver ascoltato anche vari e qualificato esperti del settore - sostiene il prof. Guido Leone , responsabile della comunicazione dell’Associazione William Latella - Vecchio Borgo - non si possono non fare alcune riflessioni sulla necessità di una approfondita analisi dell’agricoltura sociale ,vero rifugio di valori antichi e attualissimi. Sostenibile, etico, locale, solidale. Il futuro del mondo agricolo ,soprattutto in Calabria, non può tradire le orme rappresentative del proprio passato. Da sempre la più vera , e nobile, cultura della terra ottimizza le proprie risorse coniugando il senso del lavoro e del tempo con quello del capitale sociale e della vita.
La campagna, ancorché penalizzata da una politica globalizzata, incarna ancora il più antico e moderno esempio di equilibrio naturale. Resta quel terreno particolare e proficuo per la cura dei valori immateriali quali le interrelazioni tra uomo e natura, la coltivazione di stili di vita incontaminati, la salvaguardia di tradizioni, la valorizzazione di patrimoni culturali. Va recuperato, perciò, il valore comunitario e solidale dell’agricoltura sociale, dell’utilizzo delle attività agricole come base per promuovere salute mentale e fisica e migliorare le qualità di diverse tipologie di utenti. In una concezione sempre più vasta ed articolata, l’agricoltura sociale si caratterizza per l’uso di elementi produttivi dell’impresa agricola anche per garantire servizi alla persona, dagli asili alle fattorie didattiche,dal turismo verde ai servizi di reinserimento sociale attraverso il lavoro per soggetti in difficoltà.
“Credo – conclude Leone- che su questo terreno sta sopravanzando fortunatamente una nuova generazione di giovani che mostra di avere capito dove ci ha portato la finta modernizzazione agricola canalizzata su binari sempre più fuori controllo, da una offerta prettamente commerciale,relegata a processi di integrazione del sistema agroalimentare che rappresentano forme di dipendenza e di decadimento. Una agricoltura,insomma finalizzata a logiche di profitto”.
“Le esperienze più recenti come i metodi di produzione biologica,biodinamica e a basso impatto ambientale, i canali di vendita a filiera corta o a chilometro zero, i Gas, i Gruppi di ascolto solidale, insomma, questa “filosofia”sociale di fondo ci fa ben sperare e costituisce un elemento di forza nella progettazione di una offerta di servizi sociali alla persona. Alla comunità terapeutica Vecchio Borgo - conclude Guido Leone - questa scommessa stiamo provando a vincerla”.