‘Ndrangheta: le feste, i clan e le processioni “commissariate”
Non è una novità l'ingerenza della 'ndrangheta nelle processioni religiose. L'organizzazione delle feste e lo stesso trasporto a spalla delle statue, è, anzi, uno "status symbol" del potere dei clan. Preghiere, rituali e immagini sacre, del resto, non mancano neanche nei codici d'iniziazione degli affiliati alla mafia calabrese, che ha pure un santo "patrono": San Michele, protettore anche della Polizia. Il fenomeno, dunque, ha radici profonde ed è documentato in diverse inchieste giudiziarie.
Clamorosi i due casi verificatisi di recente nel Vibonese, dove, su disposizione delle Prefettura, è stato deciso l'intervento della Protezione Civile al fine di sottrarre le statue alle braccia dei mafiosi. Dall'operazione antimafia "Romanzo criminale", scattata nel marzo scorso, emerse, infatti, che Fortunato Patania - ucciso nel 2011 e ritenuto a capo dell'omonimo clan - avrebbe per anni finanziato la processione sacra dell'Affrontata, che si tiene nel giorno di Pasqua, sia a Stefanaconi che a Sant'Angelo di Gerocarne (Vv), paese natale del boss. In particolare, dall'inchiesta è emerso che le statue dei santi durante l'Affruntata (rappresentazione popolare dell'incontro fra Gesù risorto e la Madonna) sarebbero state portate a spalla a Stefanaconi da elementi dei clan Patania e Franzè, con la statua di San Giovanni che, secondo una pentita, "non poteva essere trasportata da soggetti estranei alla cosca".
Dell'ingerenza dei clan sulle processioni di Stefanaconi e della vicina Sant'Onofrio aveva parlato già negli anni '90 il pentito Rosario Michienzi, mentre nell'aprile scorso la Prefettura di Vibo, constatando la presenza di soggetti vicini ai clan fra i portatori delle statue, aveva ordinato che nei due paesi le statue venissero portate dalla Protezione civile. Dunque, un vero e priorio commissariamento delle manifestazioni religiose. Una decisione non accettata dalla comunità di Sant'Onofrio che aveva preferito annullare la manifestazione religiosa. Soggetti vicini ai clan fra i portatori delle statue non sarebbero mancati negli anni anche in altri centri del Vibonese, città capoluogo inclusa, e dell'intera Calabria. (AGI)