Riforma pubblica amministrazione, per la Cisal si deve partire dalla valorizzazione dei lavoratori
Lo scorso venerdì, presso il Cinema Teatro Italia di Cosenza su iniziativa del Dipartimento Ministeri, Comparto Sicurezza e Presidenza Consiglio dei Ministri di CISAL FPC, si è svolto un importante Convegno nazionale sul tema: “Riforma della pubblica amministrazione - Proposte di modifica del Sistema Paese, per il rilancio del lavoro”.
Molti i presenti all’evento, tra cui numerosi dirigenti e responsabili nazionali e regionali di Settore; altrettanto numerosi e tutti molto validi gli interventi registrati.
Minimo comune denominatore e stesso filo logico conduttore in tutti i ragionamenti è stato quello del bisogno di un reale cambiamento dell’attuale “Sistema Paese”, da frapporre ai più o meno recenti pseudo correttivi contenenti cambiamenti di facciata e tendenti, di fatto, a penalizzare solo una parte – guarda caso sempre la stessa – dei cittadini e lavoratori italiani.
Tutti i presenti – e con essi i moltissimi cittadini e lavoratori che nei giorni precedenti hanno subissato di telefonate e mail la segreteria della CISAL – hanno concordato sul fatto che se il “sistema Paese” non va come dovrebbe, la causa di ciò è rappresentata dalla mancanza di una seria analisi dei bisogni, da tanti anni in qua sostituita da una più sbrigativa scelta di soli tagli lineari.
Il settore pubblico è considerato un costo. Ma, se per alcuni aspetti e in un certo senso, ciò è vero, altrettanto e ancor più vero è che più che di costi si tratta di spese d’investimento che, se opportunamente indirizzati per fornire servizi adeguati, essi sono destinati a diventare volano di sviluppo e innovazione. Ridurre o eliminare la burocrazia in eccesso – come già più volte chiesto dalla Cisal – non vuol dire dover eliminare la P.A. o eliminare le necessarie tutele dei pubblici lavoratori che quotidianamente, tra mille difficoltà, svolgono con spirito di sacrificio e senso del dovere il proprio compito. Al contrario, una valorizzazione del lavoro pubblico sarebbe elemento di giustizia sociale e di rilancio dell’economia.
Da tutti gli interventi è infatti emerso che c’è tanto malessere tra la popolazione italiana ed al tempo stesso c’è un gran bisogno di un Sistema Paese più efficiente, impostato su regole più semplici, certe e seriamente applicate, nonché basato su logiche motivazionali e non punitive dei pubblici dipendenti, in particolare quelli più capaci e determinati.
È questo l’obiettivo che deve essere perseguito. Quanto fatto finora negli ultimi anni, non ha invece sortito gli effetti desiderati. E come poteva essere diversamente dal momento che sono stati realizzati , in nome di una fantomatica rivisitazione della spesa pubblica, la c.d. spending review montiana, solo tagli lineari che hanno finito col penalizzare ed impoverire sempre più i dipendenti pubblici, agnelli sacrificali sull’altare di una pseudo riduzione della spesa statale, in realtà neanche lontanamente realizzata, nonostante i tanti sacrifici imposti ad una parte degli italiani.
Bisogna fare in modo di realizzare una P.A. più attenta ai reali bisogni dei cittadini che offra loro servizi adeguati alle attese. È necessario realizzare una sorta di aziendalizzazione – intesa però non nell’eccezione negativa del termine, del braccio operativo dello Stato, ovvero della pubblica amministrazione.
Realizzare una P.A. che abbia il dipendente pubblico come protagonista e risorsa da valorizzare piuttosto che come parassita da debellare; di una storia da scrivere che abbia come conclusione e obiettivo una P.A. eccellenza dell’intero Sistema Paese.
A tale traguardo è possibile giungere solo da un lato eliminando quelle sacche di anacronistici privilegi oggi esistenti nella politica e nell’indotto di questa e, dall’altro, motivando e incentivando tutte le valide professionalità presenti, in tutti gli ambiti, tra i pubblici dipendenti.