Bioetica, Ciancio: fermare le derive eugenetiche

Catanzaro Attualità

“Come già sostenuto da autorevoli esponenti della Chiesa - ed in particolare da Mons. Cesare Nosigli, Arcivescovo di Torino - sembra che in Italia ormai le questioni di bioetica vengano gestite nei tribunali anziché nelle appropriate sedi legislative. Soprattutto i desideri di taluni sembrano prevalere sulla democraticità e il coinvolgimento dell’opinione pubblica”. È quanto scrive Sebastian Ciancio, Presidente Emerito della Federazione Universitaria Cattolica italiana di Catanzaro.

La politica italiana è passata da un'attenzione eccessiva ai temi bioetici (era Berlusconi) ad un silenzio assordante, lasciando alla litigiosità sociale (quindi ai giudici) il problema.

“Ora – continua la nota - dopo la sentenza della Corte Costituzionale del 9 aprile scorso che ha dichiarato illegittimo il divieto dell'eterologa, è doveroso che al più presto vengano votante in Parlamento norme sicure che regolamentino la questione su tutto il territorio nazionale per evitare il far west, le derive eugenetiche e l'instaurarsi di un subdolo mercato procreativo animato dalla logica materialistica “del figlio a tutti i costi”. Per questo mi rivolgo con particolare attenzione ai rappresentanti calabresi in Parlamento affinché si facciano portavoce della posizione del mondo cattolico.

Ritengo anche io come Mons. Nosiglia che “la generazione di una persona non possa essere confusa con la produzione di un oggetto fatto a dimensione dei propri bisogni e della propria insaziata sete di genitorialità”.

Il figlio non è un qualche cosa di dovuto e non può essere considerato come oggetto di proprietà: è piuttosto un dono, «il più grande» e «il più gratuito»; è testimonianza vivente della donazione reciproca dei suoi genitori. Non esiste, come invece si vorrebbe far credere, un «diritto al figlio». Nessuna interpretazione di nessun dettato normativo vigente in Italia potrebbe legittimarlo.

È quindi molto opportuno favorire maggiormente le adozioni e pubblicizzare anche la possibilità per le donne gravide che, per i più diversi motivi, non si sentono nella condizione adatta ad allevare un figlio, di consentirne l'adozione, come è già previsto nell'ordinamento italiano. Va ancora notato che la coppia adottante vive al suo interno la stessa situazione genitoriale. Al contrario se una coppia ricorre all'eterologa quando solo uno dei due partner è sterile, si rischia di creare, con l'intrusione del terzo (il donatore), un grave disagio psicologico in chi non ha capacità generative: un disagio che potrebbe nel tempo compromettere la serena crescita anche del figlio. Un Italia dove i figli che nascono dovrebbero conservare il diritto di poter conoscere le proprie origini biologiche, cioè sapere di chi sono figli. Ma con la fecondazione eterologa, tutto questo diventerà impossibile.

Contestualmente, esiste in Italia una norma che vieta a circa 400.000 persone (le cui madri partorirono in anonimato, affidando i figli all'adozione) di conoscere le proprie origini biologiche, mentre ora le linee guida prevedono addirittura il controllo dei gameti per evitare figli di pelle scura a genitori di pelle bianca (o viceversa).

L'adozione da parte di una coppia di due donne omosessuali, inoltre, ha riportato al centro del dibattito un nodo complesso e difficile che investe la famiglia e i minori in particolare.

Condivido le perplessità della Chiesa - in campo giuridico ed etico - perché la magistratura dovrebbe applicare le leggi e non sostituirsi ad esse. In secondo luogo questa sentenza non tiene in alcun conto il diritto primario di un bambino di rapportarsi nella sua crescita a un padre e una madre, soggetti insostituibili nella vita di un figlio. Ogni uomo ha il diritto di conoscere e rapportarsi con chi lo ha generato e fino a prova contraria la generazione esige l'apporto determinante di un uomo e di una donna. Infine mi chiedo se ogni desiderio pure legittimo di una persona debba trovare accoglienza e riconoscimento sia giuridico, sia legislativo a scapito di altri diritti ( non desideri) primo tra tutti quelli di un bambino che non è un prodotto da comprare, vendere, possedere e manovrare come un oggetto a proprio piacimento.

C'è bisogno di spezzare le catene di individualismi – conclude il Presidente Ciancio - che rappresentano un costo sociale altissimo e non producono alcun ritorno positivo sulla comunità nel suo insieme. E di mamma, ahimè, non ce n’è più una sola!!!"