Comunicazione, Carchidi (Slc Cgil): “in Calabria persi 3500 posti di lavoro”
“Gli ultimi dati forniti dagli istituti di ricerca ci consegnano una Calabria dilaniata, nel settore della Comunicazione, dalla perdita di circa 3500 posti di lavoro e con forti preoccupazioni sulla tenuta occupazionale nel settore nei prossimi mesi. Alle crisi delle aziende di call center, dell’editoria, della stampa, delle emittenti locali, che hanno colpito la nostra terra in questo ultimo biennio stanno per seguire ulteriori drammi occupazionali”. E’ quanto afferma Daniele Carchidi, segretario generale della categoria Slc della Cgil Calabria.
“Nella maggioranza dei casi, queste tragedie occupazionali sarebbero state facilmente evitabili se l’Italia avesse recepito una norma di civiltà che è quella rappresentata dalla direttiva Europea 2001/20/CE. Il mancato recepimento di questa normativa ha favorito un incontrollato arbitrio e ed una diffusa corruzione che impedisce, nei fatti, l’applicazione delle tutele previste dall’articolo 4 della legge nazionale 428 del 1990 e le garanzie previste dall’articolo 2112 del codice civile in relazione alle clausole sociali in caso di cambio di appalto.
Tale vuoto normativo, che si è sommato negli anni ad un sistema d’incentivi economici privo di qualunque ratio, sta determinando continue crisi aziendali che si scaricano unicamente sui lavoratori. Così 3500 calabresi vittime della totale assenza di regole nella gestione dei cambi di appalto.
Per evitare che si susseguano ulteriori drammi, stiamo conducendo da mesi una difficile battaglia per regolamentare gli appalti, per dare regole più certe a lavoratori che oggi sono alla totale mercé di un sistema che permette che le attività vengano tolte ed assegnate su criteri che esulano totalmente dal fattore lavoro.
Il Governo dovrebbe riflettere con attenzione sulla situazione occupazionale e provare a dare regole al mercato, invece di fornire ricette improponibili che prevedano lo smantellamento dello Statuto dei Lavoratori. La ricetta fornita nel Jobs Act, per risolvere l’atavico problema del mercato del lavoro, passerebbe, tra le altre cose, attraverso la riduzione dei diritti, rendendo precari di fatto tutti i lavoratori attraverso la facilitazione dei licenziamenti, l’aumento dei controlli a distanza, i demansionamenti più agevoli.
E se questa è la ricetta del governo degli annunci, dei “cinguettii”, degli hashtag, proveremo anche noi con gli stessi strumenti a ribadire che il Jobs Act non risolve il problema del lavoro in Italia, ma attacca i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. Pertanto siamo pronti a ribattere con #tutogliioincludo, #25ottobretuttiinpiazza, #percambiarelitalia.
Oppure anche in meno di 140 caratteri ribadire “Lavoro, dignità, uguaglianza per cambiare l’Italia. Il prossimo 25 Ottobre in Piazza San Giovanni a Roma. Lo Statuto dei Lavoratori non si tocca”.