Il disastro della sanità calabrese: l’ardua sfida dei conti in rosso nel primo dopo-Scura

11 dicembre 2018, 16:36 Imbichi

Alla fine i rumors erano veritieri: il tanto contestato Massimo Scura ha concluso il suo incarico di commissario ad acta della sanità calabrese. Il suo piano di rientro, che prevedeva di risanare i conti entro il 2018, può considerarsi palesemente fallito, e le aziende sanitarie locali continuano ad accumulare debiti su debiti.


di Francesco Placco

Era il lontano 2015 quando il Consiglio dei Ministri nominò Massimo Scura ed Andrea Urbani (LEGGI) rispettivamente commissario e sub-commissario per gestire l’emergenza sanitaria calabrese.

Il primo vero piano di rientro, che nel 2014 aveva ridotto gli sprechi della sanità di ben 179 milioni di euro (LEGGI), aveva fatto gridare al miracolo anche l’allora Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin (LEGGI).

Si nutrivano grandi aspettative dunque dall’arrivo di Scura, che non solo avrebbe dovuto diminuire ulteriormente gli sprechi, ma anche azzerare i debiti e portare la sanità regionale ai livelli di quella nazionale (LEGGI). O così almeno si sperava.

Attaccato duramente sin dal suo insediamento (LEGGI), l’ingegnere è stato più volte accusato di forzare troppo la mano nei suoi piani di rientro, considerati troppo severi e difficilmente realizzabili.

Accusato su più fronti di voler perpetrare una condizione inefficiente e di clientelismo (LEGGI) o di voler allungare la propria permanenza sulla poltrona di commissario (LEGGI), è stato oggetto di forti critiche in tutte le province anche a livello popolare.

La sua esperienza da commissario si è conclusa pochi giorni fa, quando il Consiglio dei Ministri ha nominato i nuovi commissari (LEGGI), Saverio Cotticelli e Thomas Schael.

I nomi dei nuovi commissari erano già trapelati sul finire di novembre, generando non poche polemiche. Mentre Cotticelli viene tacciato di “non centrare nulla” con il ruolo che andrà a ricoprire, Schael è una vecchia conoscenza: dal 2005 al 2007 ricoprì l’incarico di direttore generale dell’ASP di Crotone, nominato dall’allora governatore Agazio Loiero.

Il suo modus-operandi venne apertamente criticato da diversi dipendenti (alcuni dei quali si dimisero), ed è ricordato per aver trasferito tutti gli uffici dell’Azienda sanitaria pitagorico presso “il Granaio”.

Nel 2010 finì tra gli indagati di un’indagine di Pierpaolo Bruni su una presunta concussione ai danni della clinica Villa Giose (LEGGI), che si concluse con un nulla di fatto.

Indipendentemente da tutto, è innegabile che in Calabria abbiamo bisogno “di uno bravo”, e Schael sembra essere uno di questi: arriva dopo l’esperienza di Direttore Generale della Azienda Sanitaria Alto Adige, che sotto la sua guida è divenuta una delle migliori aziende sanitarie d’Italia (QUI) grazie ad una gestione economicamente accurata e metodica, nonostante sia stato allontanato per un presunto scandalo (QUI). Ma a vedere i numeri, sembrerebbe proprio questo quello che serve alla sanità calabrese.

Il “debito sanitario” a livello nazionale è aumentato, passando da 3.7 a 4.6 miliardi di euro. La regione con più debiti, neanche a farlo apposta, è la Calabria, prima in classifica con 319 milioni di saldo negativo (QUI) seguita da Campania (302 milioni) e Lazio (298 milioni).

L’alto numero di debiti ha un duplice effetto negativo: da una parte rende impossibile l’applicazione dei LEA, che aumenta l’emigrazione sanitaria che ad oggi vede circa un calabrese su sei costretto a curarsi altrove (QUI), e dall’altra rende le aziende sanitarie le più lente nei pagamenti, con una media di circa 340 giorni.

L’ASP di Crotone, che nel 2015 presentò un elenco debiti di 184 pagine (PDF), impiega in media 397 giorni per effettuare un pagamento.

Una situazione al limite dell’inverosimile, che danneggia non solo i pazienti, ma anche la sostenibilità delle aziende sanitarie, aumentando tempi e costi. Aumentando il già alto debito.

Per molti esponenti politici le responsabilità di questa situazione sono da ricercarsi esclusivamente nel commissariamento: la regione Calabria infatti ha la sanità commissariata dal 2010, e segue un piano di rientro finanziario dal 2009. Eppure, come si sono accorte anche diverse trasmissioni nazionali (LEGGI), le cose non sono cambiate in meglio.

Ad essere da tempo contrario al commissariamento c’è anche Mario Oliverio, che già da tempo chiedeva, in modo provocatorio, provvedimenti drastici” (LEGGI). Oliverio ha più volte parlato del costante aumento di emigranti sanitari (LEGGI), facendosi portavoce di aziende e cittadini contrari alla figura del commissario (LEGGI), annunciando finanche una mobilitazione (LEGGI).

Ma le sue parole non sono state ascoltate, ed a seguito della nomina del nuovo commissario la Regione Calabria ha presentato ricorso presso la Consulta sollevando un “conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte Costituzionale”.

Il nuovo commissariamento viene visto come un “neocolonialismo” ed una “delegittimazione”, specialmente dopo il fallimento ottenuto in questi anni.

Di certo, il ruolo di commissario alla sanità non potrà più essere ricoperto dal governatore di turno, per via del divieto di doppio incarico recentemente reintrodotto. Per alcuni, in questo modo, sono state bloccate le ambizioni segrete del governatore della Calabria, in bilico anche alle prossime regionali dove non si riesce a trovare un solido asse, con ripercussioni anche nella politica locale (LEGGI).

Vero o falso che sia, l’unica cosa concreta è il profondo rosso delle casse della sanità regionale e locale. Un debito che penalizza tutti, e contribuisce a rendere la Calabria una delle regioni con la peggiore qualità della vita nel paese.