Maxi blitz antidroga, sgominato narcotraffico internazionale tra Italia e Colombia
Una maxi operazione antidroga, denominata “Due mari”, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, è stata eseguita stamani dalla Guardia di Finanza in collaborazione con la Polizia nazionale colombiana e la Dea (l’Agenzia Antidroga statunitense). Gli investigatori ritengono di aver sgominato una pericolosissima organizzazione internazionale di narcotrafficanti.
Nel corso del blitz sono stati eseguiti ben 33 arresti tra l’Italia e Colombia e sequestrate oltre undici tonnellate di cocaina. Il filone italiano dell’inchiesta ha permesso di identificare 15 presunti narcotrafficanti che avrebbero importato nel Paese oltre 240 kg di coca purissima. Monitorata la consegna del denaro per finanziare l’acquisto e scoperto come in alcuni casi l’organizzazione avrebbe utilizzato una struttura parallela fornita di una “batteria” di corrieri che prelevavano i soldi dagli acquirenti calabresi e lo facevano arrivare ai fornitori d’oltreoceano.
Secondo gli inquirenti i promotori della struttura erano i fratelli Franco e Giuseppe Cosimo Monteleone, ritenuti punti di riferimento e capisaldi storici del narcotraffico internazionale nella Locride. Dall’operazione italiana è sfociata poi quella della Dea americana, l’operazione “Angry Pirate Due”, svolta in diversi paesi del mondo e con al centro gli stessi fornitori e, a volte, anche gli stessi clienti oggi indagati.
In particolare, le informazioni del Gico di Catanzaro hanno consentito agli inquirenti italiani, statunitensi e sud americani, di interscambiarsi diversi elementi conoscitivi. Importante è stata così l’attività sinergica tra i finanzieri calabresi e la Dea, supportata dalla preziosa collaborazione della Cbp e della Panama Express Strike Force North (Panex-n), che hanno operato in varie parti del mondo tra cui Colombia, Costa Rica, Panama, Messico, Brasile, Lima, Cile, Venezuela, Repubblica Dominicana e Ecuador.
L'indagine è stata avviata nell’aprile del 2013, quando gli inquirenti hanno scoperto l’importazione di un carico di droga di 93 chili proveniente dalla Colombia e destinato al porto di Civitavecchia. Grazie alla collaborazione interforze sono state individuate altre 4 spedizioni, delle quali le ultime due sarebbero approdate a Venezia ad aprile e dicembre dell’anno scorso.
LA SICUREZZA DEI CARICHI GARANTITA DAI “TERRORISTI”
Le conseguenti indagini condotte dalla Dea in Sudamerica hanno portato all’individuazione di sette laboratori clandestini, al sequestro di circa 11 tonnellate di cocaina e all’arresto in flagranza di 111 soggetti. Le investigazioni in Colombia, dove sono stati eseguiti 22 provvedimenti custodiali, hanno consentito, inoltre, di identificare dei membri chiave dell’Esercito di Liberazione Nazionale (Eln), una organizzazione terroristica responsabile di estorsione, sequestro di persona e omicidio, oltre che di traffico di stupefacenti. Quest’ultima, insieme alle Farc (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia), garantiva la sicurezza del trasporto dello stupefacente dai laboratori ai punti di deposito costieri, dove poi passava sotto il controllo dei Los Urabenos Bandas Criminales (Bacrim) che ne garantivano la fuoruscita in sicurezza dal territorio colombiano.
La cocaina veniva così caricata su grandi navi mercantili, su imbarcazioni da pesca o su cosiddette barche “go-fast”, per essere trasportata verso i paesi di transito, Costa Rica, Repubblica Dominicana e Panama, per essere successivamente inviata in Europa e negli Stati Uniti.
Gli spiccati profili internazionali dell’operazione sono stati possibili anche grazie al contributo del Comando generale della Guardia di finanza, del Servizio per la Cooperazione internazionale di polizia Interpol e della Direzione centrale per i servizi antidroga (la Dcsa). La droga, secondo gli inquirenti, sarebbe stata nascosta all'interno di frutti in vetroresina, dissimulati tra veri carichi di frutta tropicale. E secondo Federico Cafiero de Raho, procuratore capo di Reggio Calabria: “Il traffico era gestito da soggetti residenti a Platì, che in alcuni casi avrebbero ospitato in Calabria narcos sudamericani non solo per concordare i pagamenti ma anche per consegnare loro materialmente i soldi”.
L’intera operazione ha permesso di infliggere all’organizzazione criminale rilevanti perdite economiche, sia sotto il profilo dei capitali investiti che, soprattutto, dei mancati guadagni. La droga sequestrata, infatti, una volta lavorata ed immessa in commercio avrebbe fruttato circa tre miliardi di euro.
(Aggiornata alle 15:24)