M5S di Belvedere Marittimo sull’interruzione del servizio idrico
"Ieri 10 marzo, a Belvedere Marittimo è stata interrotta l'erogazione d'acqua potabile dalle 8 alle 18(ben 10 ore, nonostante dal Comune avessero avvertito che l'acqua sarebbe tornata alle 14.30. La comunicazione della mancanza d'acqua, avvenuta nella giornata di avantieri e di ieri tramite messaggio audio via automobile, faceva intendere ad una delle solite riparazioni alla rete idrica. Invece,come si evince dal sito della Sorical, era tutto previsto". E' quanto scrive il Meetup 5 stelle di Belvedere Marittimo.
"Com'è noto - continua la nota - la Sorical ha minacciato tutti i Comuni morosi,incluso Belvedere, di ridurre l'erogazione dell'acqua se non si metteranno in regola con i pagamenti. Noi pretendiamo che il Sindaco Granata si metta subito in moto per risolvere questa situazione. Nel 2012 La Sorical tento' di ridurre la portata idrica per la città di Cosenza. Il Sindaco della città bruzia emise l’ordinanza 3165 /2012 con cui si diffidava la Sorical dal ridurre le forniture d’acqua ai cittadini del capoluogo. La Sorical oppose ricorso ma il TAR CALABRIA SEZ. II respinse l’appello con la sentenza n.00069/2013. La Sorical ricorse ancora al CONSIGLIO DI STATO ma anche in questo caso perse (sentenza n. 02203/2013) “ritenuto che nel bilanciamento degli interessi coinvolti dovesse esser riconosciuto come preminente quello dei cittadini di Cosenza”.
Da quel che ci risulta, sembrerebbe che la Sorical opera in virtù di una convenzione di concessione con la Regione Calabria del 13/06/2003, ma solo alcuni comuni hanno sottoscritto una convenzione diretta con la società che regolamenta e formalizza il rapporto contrattuale di fatto esistente tra la SoRiCal S.p.A e i Comuni fruitori del servizio. Per il resto dei comuni esiste una convenzione del 1962 con l’ex Casmez, che è la sola a poter stabilire tariffe e regole di riscossione. Altre gravi irregolarità gestionali e contrattuali si possono ritrovare nella mancata mappatura delle fonti di approvvigionamento, dei misuratori di portata o della quantificazione delle perdite. C’è da rimarcare, e basterebbe questo dato per capire che qualcosa non va, il fatto che in Calabria il consumo di acqua pro-capite è tre volte che nel resto d’Italia.
La relazione della Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per la Calabria, relativa alla gestione delle risorse idriche nella nostra regione ed approvata nell’adunanza pubblica del 5 dicembre 2011 indica come illegittime le tariffe richieste dalla Sorical ai comuni calabresi.
Ricordiamo a tutti che la risoluzione del Consiglio dei diritti delle Nazioni Unite del 24 settembre 2010 ha codificato l’accesso all’acqua per tutti come diritto umano, indi per cui l’acqua è un bene prezioso e intoccabile e di conseguenza va gestito in maniera oculata.
Non possiamo non ricordare il risultato del referendum del 12 e 13 giugno 2011 e fare un rapido excursus giuridico su come debba essere gestita l’acqua pubblica: dalla Corte di Giustizia europea sono arrivate delle sentenze fondamentali in materia: la sentenza Teckal del 18 novembre 1999, quella Staadt Halle dell’11 gennaio 2003, la sentenza Parking Brixen del 13 ottobre 2005 e quella Carbotermo dell’11 maggio 2006. In esse si afferma il requisito della totale partecipazione pubblica e l’importanza del controllo analogo come influenza determinante dell’amministrazione pubblica sugli obiettivi strategici del soggetto affidatario per perseguire interessi di rilievo generale.
Il legislatore italiano, purtroppo, si mosse in maniera diversa e con il D.L. 112/2008 all’art. 23 bis, previde la gestione con ogni forma societaria, anche mista con socio privato con una partecipazione azionaria non inferiore al 40%.
Il già citato e fondamentale referendum del 12 e 13 giugno 2011 abrogava l’art. 23 bis mettendo un freno alla privatizzazione dei servizi essenziali come la gestione dell’acqua.
Il governo Monti ci riprovava con il D.L. 138/2011 che all’art. 4 riammetteva la possibilità di gestione del servizio attraverso società miste con socio privato e, grazie alle questioni di incostituzionalità sollevate dalle Regioni Puglia, Lazio, Marche, Emilia-Romagna, Umbria e Sardegna, doveva intervenire la Corte Costituzionale con la sentenza 199/2012 a dichiarare incostituzionale l’art. 4 perché contrario alle indicazioni provenienti dal risultato referendario.
Gli affidamenti diretti per la gestione dei servizi fondamentali per i cittadini ritornano così ad essere disciplinati dalla normativa comunitaria che prevede società a totale capitale pubblico, che si eserciti da parte dell’ente sulla società il cosiddetto controllo analogo e che la società fornisca servizi essenzialmente agli enti facenti parte della compagine sociale. Il giudice europeo ha precisato infatti che il controllo analogo risiede nel carattere eteronomo delle scelte strategiche della società ed ha confermato che il requisito del controllo analogo è incompatibile con la partecipazione, anche minoritaria, di privati al capitale sociale e che lo stesso requisito può realizzarsi “individualmente” quando la società sia di proprietà di un solo ente locale ovvero “in forma congiunta” quando il capitale pubblico è ripartito tra più enti locali, a ciascuno dei quali deve però essere assicurata un’influenza determinante sulle più importanti decisioni societarie. Insomma il controllo analogo emerge dalla giurisprudenza europea come un complesso di requisiti: totale partecipazione pubblica (individuale o congiunta), vocazione “non commerciale” della società, potere dell’azionista pubblico di dirigere o almeno influenzare in maniera determinante le scelte manageriali in favore della cittadinanza amministrata".
Ribadiamo la nostra richiesta di pronto intervento da parte dell'Amministrazione, perché la situazione di oggi non diventi un' appuntamento settimanale.