‘Ndrangheta a Reggio Emilia, la comunità cutrese denuncia: siamo perseguitati
La crisi morde a Reggio Emilia e la situazione precipita come non mai. L’operazione Aemeilia, contro le cosche della ‘ndrangheta calabrese, ha poi rappresentato l’apice di un declino epocale per l’intera comunità di lavoratori cutresi residenti in Emilia Romagna.
Di questo si è discusso in un incontro avuto con un gruppo di emigrati della cittadina crotonese e di prima generazione tra i quali anche l’imprenditore Antonio Olivo che è stato anche consigliere comunale al comune di Reggio Emilia. Presenti inoltre Alfonso Rossellini, Salvatore Martino, Vincenzo Menzà, Gino Pascali, Gaetano Pignolo. Sono numerosi i cutresi che difatti lamentano un atteggiamento persecutorio e intollerante nei loro confronti che si ripercuote sul lavoro.
È lo stesso Olivo che ha ricordato i primi anni di emigrazione “quando - ha spiegato - ci si alzava presto al mattino per andare a lavorare e si andava con le ossa rotte a letto presto la sera. I reggiani – aggiunge l’imprenditore - avevano bisogno della nostra mano d’opera e il lavoro ce lo davano e noi lavoravamo. Abbiamo lavorato tanto e soprattutto abbiamo dato un grosso contributo alla crescita di questa città”.
“Credo che a Reggio si stia commettendo un grave errore a non prendere in considerazione le conseguenze che il fenomeno della criminalità ha comportato per il resto degli emigrati”, gli fa eco Antonio Migale della Confartigianato di Cutro aggiungendo che “Sul banco degli imputati vengono messi sotto accusa tutti i cutresi con il grave pregiudizio che l’essere cutrese presuppone essere mafiosi. Incensurati considerati in ‘odore di mafia’ solo perché aventi rapporti di parentela o di semplice conoscenza con qualcuno che ha problemi con la giustizia”.
Emblematico, ricorda ancora Migale, è stato l’arresto di un giovane imprenditore, avvenuto per errore e in piena notte, lo scorso 28 gennaio.
“Dai cutresi si pretende collaborazione e meno omertà” chiosa Migale. “I cutresi – aggiunge - vengono accusati perlopiù per quell’humus culturale radicato in ognuno, quasi di protezione verso certi fenomeni. Ci si chiede come si fa a collaborare con una città così ostile nei loro confronti e soprattutto con una giustizia che non funziona. Quando liberi cittadini e buon padri di famiglia non denunciano ci si dovrebbe chiedere il perché? C’è paura di ritorsioni ma forse c’è anche una forte sfiducia nelle istituzioni”.
È di recente la notizia apparsa sulla stampa reggiana, frutto di un intercettazione ambientale, secondo cui sarebbero 7 mila i cittadini di Cutro a sostegno dei Clan. Il sociologo don Pietro Pattacini in un suo libro sulla comunità di origine crotonese, con dati alla mano, ne contava 8mila, comprese donne e bambini: tutti i cutresi trapiantati a Reggio Emilia. “Esagerata sembra anche l’accezione che a Reggio Emilia comandano i cutresi” continua il rappresentante di Confartigianato. “Ma, aldilà dei numeri – continua - la posizione assunta dalle istituzioni reggiane e dalla stampa rischia, a mio avviso di degenerare. Neanche un rigo a favore di quella quantità numerosa di lavoratori che nella rossa Reggio Emilia, una città oggi in crisi di valori, ha tracciato pagine di storia indelebili. Non una parola sui temi del lavoro. Non una parola sulla crisi economica e le nefaste conseguenze che su questi lavoratori ha implicato. Un vero e proprio linciaggio mediatico quello che si sta consumando, tra l’altro ravvisato anche in passato dallo stesso procuratore Alfonso che insieme ad Enzo Ciconte e lo stesso Del Rio avevano in varie occasioni espresso parole di tutela verso quei cittadini laboriosi di Cutro che rischiavano di pagare le conseguenze perché provenienti da certi territori ad alto rischio mafioso”.
“Una lotta legittima e condivisa quella contro la criminalità che rischia di diventare ingiusta per i motivi ormai noti a tutti. Ma – prosegue Migale - soprattutto è la conferma che questo tipo di lavoratore non interessa più alla causa reggiana. Proprio Reggio Emilia la città che è stata un baluardo nella difesa dei diritti e dell’uguaglianza. Lo dimostrano le lotte storiche che in questa città si sono consumate nel tempo a favore di varie etnie e che oggi non convincono più perché rese strumentali da interessi di partito ed elettorali. Con il rischio di diffondere ancor di più il virus leghista che oggi anche nel Sud sta infettando larghe frange di popolazioni”.
Da qui, dunque, l’invito della comunità ai vari rappresentanti istituzionali affinché si riprenda il dialogo e si promuovano iniziative ed incontri per approfondire con più onestà intellettuale il profilo di questa forza lavoro che è stata utilissima alla causa reggiana.