‘Ndrangheta nella provincia romana, sequestro beni a presunti affiliati dei Gallace
Un patrimonio mobiliare e immobiliare, del valore stimato di oltre 800 mila euro, è oggetto di un sequestro incorso di esecuzione da parte della Guardia di Finanza di Roma, nei confronti di soggetti ritenuti appartenenti o contigui al clan “Gallace”, cosca di ‘ndrangheta che opera nei comuni di Anzio e Nettuno e riconducibile al “locale” di Guardavalle, nel catanzarese.
I provvedimenti, che sono stati disposti dal Tribunale della Capitale (Sezione Misure di Prevenzione) ed eseguiti nel corso dell'operazione Antium dal specialisti del Gico (il Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata) della tributaria, arrivano al termine di complesse indagini di polizia economico-finanziaria, avviate nel febbraio 2014 su delega della Dda e sviluppate nei confronti delle persone oggi destinatarie dei sequestri.
In particolare si tratta di Angelo e Bruno Gallace (rispettivamente di 49 e 73 anni); Liberato e Vincenzo Bruno Tedesco (73 e 44 anni); Romano Malagisi (54); e di altri sei soggetti: Giuseppe Antonio Gallace (46); Antonio Gallaca (52); Marco Pacini (50); Francesco Taverniti (41); Agazio Gallace (61); Paolo Riitano (39).
I soggetti, spiegano gli investigatori, oltre ad essere gravati da numerosi precedenti di polizia, sono stati recentemente condannati in primo grado, dal Tribunale di Velletri, per diversi reati che vanno dall’associazione di stampo mafioso, all’omicidio, al traffico internazionale di stupefacenti, violazione della legge sulle armi.
In linea con le direttive impartite dalla Procura di Roma, le fiamme gialle hanno sviluppato dei complessi accertamenti patrimoniali sul conto di numerose persone fisiche e giuridiche, allo scopo di aggredire i patrimoni considerati accumulati illecitamente. Da qui emergerebbe come i destinatari dei sequestri - “grazie alle attività delittuose poste in essere nel tempo”, sostengono i finanzieri - sarebbero riusciti ad accumulare un cospicuo patrimonio mobiliare ed immobiliare, che gli inquirenti ritengono “del tutto incongruente con le rispettive capacità contributive”.
Queste presunte sproporzioni, “unite alle qualificate pericolosità sociali”, avrebbero consentito di richiedere - ai sensi della legge sul “Codice Antimafia” – e per tutti gli 11 investigati, l’applicazione della sorveglianza speciale di Pubblica Sicurezza e, per cinque di loro, il sequestro finalizzato alla confisca dell’intero patrimonio direttamente o indirettamente a loro riconducibile.
Il Tribunale di Roma - condividendo l’impianto accusatorio - il 4 novembre scorso ha così ha disposto il sequestro di una ditta individuale; del capitale sociale, quote societarie e l’intero patrimonio aziendale di una società; di dieci unità immobiliari (tra fabbricati e terreni); sei tra auto e moto e rapporti bancari, postali, assicurativi ed azioni; il tutto per il valore stimato negli oltre 800 mila euro.
Disposta, inoltre, la notifica dei decreti di fissazione di udienza per la discussione sull’applicazione della sorveglianza speciale nei confronti delle altre sei persone.
L’operazione di oggi, commentano soddisfatti gli investigatori, “costituisce un’ulteriore prova della costante ed efficace opera di aggressione, effettuata dalla Guardia di Finanza, riguardo ai patrimoni illecitamente accumulati da esponenti della criminalità organizzata, nel caso di specie, stabilmente stanziati in importanti comuni del litorale laziale, quali Anzio e Nettuno”.