Imprenditore nella sanità e nell’immobiliare, maxi confisca da 45 milioni
È stimato in circa 45 milioni di euro, il patrimonio - composto da aziende, società, immobili, auto e rapporti finanziari - che la Dia, Direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria e il nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Firenze e Pistoia, stanno provvedendo a confiscare nei confronti di un imprenditore 42enne di Taurianova, A.R., attivo, “in maniera occulta”, secondo gli inquirenti, nel settore della sanità privata in Calabria, in particolare nella gestione di case di cura e centri riabilitativi, e in quello immobiliare, attraverso imprese operanti sia in Toscana che nella nostra regione. Con lo stesso provvedimento è stata anche disposta nei suoi confronti la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per 3 anni.
L’attività di oggi conclude l’iter avviato nel 2013 quando era stato eseguito il sequestro anticipato delle disponibilità dell’uomo, che gli inquirenti ritengono elemento di spicco della cosca “Piromalli-Molè” di Gioia Tauro. Così almeno secondo quanto emerso dai procedimenti penali “Porto” e “Tirreno”, sfociati nella condanna dell’imprenditore, per associazione mafiosa, a 2 anni e 4 mesi da parte della Corte di Appello reggina (nell’ottobre del 2000).
Tra l’altro, più di recente, il 42enne (insieme ad altri quattro appartenenti al suo nucleo familiare) sarebbe risultato coinvolto in un altro procedimento, instaurato presso la Dda di Firenze per intestazione fittizia di beni (la cosiddetta operazione “Ammitt” condotta dalle Fiamme Gialle dei Nuclei di Firenze e Pistoia), che ha portato, nel 2013, anche all’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Gip del capoluogo toscano.
Questo procedimento, tuttora in atto, si è definito in primo grado con la condanna di tutti gli imputati, emessa nell’ottobre scorso dal Gip di Catanzaro, per intestazione fittizia dei beni, al fine di eludere la normativa in tema di misure di prevenzione.
Gli accertamenti che hanno condotto al provvedimento di confisca sono stati supportati da rilevanti indagini patrimoniali e bancarie, e da attività investigative che, confermerebbero, nella tesi degli investigatori, l’attualità dei rapporti tra l’uomo e la ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro, evidenziano “il ruolo di dominus occulto nella gestione delle principali vicende societarie delle aziende a lui riconducibili”. Da questi riscontri risulterebbe anche una netta sproporzione tra gli investimenti effettuati dall’imprenditore ed i redditi dichiarati ufficialmente.
I beni che oggi sono stati confiscati sono composti dal patrimonio aziendale e societario di 6 società, 25 immobili, 6 autoveicoli e numerosi rapporti finanziari personali ed aziendali.
(ultimo aggiornamento 12:41)