“Tutto in famiglia”, confiscati beni a presunti esponenti della cosca Maio
La Direzione Distrettuale Antimafia di Reggioo Calabria ha ottenuto dalla Sezione Misure di Prevenzione del ocale Tribunale un provvedimento di confisca preventiva di beni mobili ed immobili, per un valore di circa 1,5 milioni di euro, ritenuti riconducibili al patrimonio di Giuseppe Panuccio, 85enne di Taurianova, e degli eredi di Gaetano Merlino.
I due sono considerati gli inquirenti come appartenenti alla cosca di ‘ndrangheta dei “Maio” della frazione San Martino del comune di Taurianova. La confisca ha riguardato un’impresa che opera nella coltivazione di agrumi; undici tra unità immobiliari e terreni a Taurianova, Varapodio, Rizziconi e Oppido Mamertina; svariati rapporti bancari, titoli obbligazionari, polizze assicurative riconducibili ai destinatari del provvedimento.
L’ATTIVITÀ DI STAMANI è la prosecuzione dell’operazione “Tutto In Famiglia”, nell’ambito della quale Panuccio e Merlino erano stati indagati, e successivamente entrambi condannati in Appello a 12 anni di per associazione di tipo mafioso.
L’operazione “Tutto In Famiglia”, secondo la tesi investigativa, avrebbe delineato gli aspetti strutturali e operativi della cosca Maio, dimostrando che in quel territorio esiste una Locale di ‘ndrangheta, costituita in Società, elemento confortato dalla documentata esistenza di una “Società Maggiore” e di una “Società Minore”: in questo contesto Michele Maio sarebbe il presunto “Capo Società”.
Il quadro emerso dalle investigazioni evidenzierebbe come la cosca Maio sia un’organizzazione criminale che, avvalendosi dell’intimidazione e dell’assoggettamento, si sia dedicata principalmente all’usura e alla commissione di reati come estorsioni, danneggiamenti, atti intimidatori in genere.
Il clan di San Martino, è la tesi degli inquirenti, avrebbe tratto i suoi guadagni illeciti, oltre che dall’attività di usura, anche dalle estorsioni, imponendo il pagamento di somme o la consegna di parte del materiale prodotto a commercianti, imprenditori e proprietari terrieri.
Numerose sono infatti le conversazioni intercettate in cui si parlerebbe di “percentuali” sulle attività economiche svolte dai privati e, esplicitamente, di riscossione di somme non dovute, con l’utilizzo di termini come “busta”.
In pratica, spiegano i militari, si svelerebbe “un vero e proprio sistema estorsivo legato ad un forte clima di intimidazione gravante sui cittadini” sia del luogo o che, per qualunque motivo, si trovassero ad operare nel territorio. Gli inquirenti hanno documentato lo svolgimento da parte della cosca dell’attività estorsiva nei confronti di imprese aggiudicatarie di lavori pubblici, per un importo pari al 2 o 3% del valore complessivo dell’appalto, come anche di produttori di arance o proprietari di terreni agricoli.