Referendum. Le trivelle a Crotone, il maremoto catastrofico e un Big One nel cuore del Pollino
Ma se il batter d'ali di una farfalla in Brasile può provocare un tornado in Texas, come affermava in una memorabile conferenza Edward Lorenz nel 1972, per quale motivo l’azione continuata e diuturna di una trivella Eni, Shell, Total o di altra qualsivoglia marca petrometanifera non potrebbe o dovrebbe provocare un maremoto catastrofico a Crotone?
Fatti e non parole, scienza e non fantascienza a scanso d’equivoci si fa qui il report e ovviamente giammai allarmismo inutile (anzi ci sarebbe da scandagliare il pozzo e il pendolo delle omissioni, delle negligenze e della mancanza di opportuna vigilanza da parte delle istituzioni pubbliche regionali e comunali, comprese quelle che stanno nei Palazzi di Giustizia calabresi) di una circostanziata intervista apparsa sul Corriere della Sera il 6 settembre del 2011, Sette Green: «anche qui può arrivare big one e tsunami» a Leonardo Seeber, «Nano» per amici e studenti, il fiorentino che scelse di andare a studiare geologia negli Stati Uniti, uno dei sismologi più noti al mondo, professore al Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia University, a cui Sara Gandolfi domandava proprio se “in Calabria si fanno trivellazioni in mare...” ottenendo questa perentoria risposta: “Abbiamo una misura geodetica che dice chiaramente che Crotone sta andando giù rispetto al resto della Calabria e quindi è possibile, nonostante ci possano essere altre cause, che questo sia dovuto allo sfruttamento del petrolio. Non sono contrario tout court, ma il rischio va valutato con attenzione».
E allora dai. Se c’è e ci può essere un nesso causale tra una farfalla e un terremoto per quale ragione la super trivella che qualche anno addietro fece la sua bella passerella sulla riva del mare Jonio, tanto ammirato nel suo Grand Tour dal letterato inglese George Gissing, o la trivella messa a pompare gas o altro fossile liquido proprio nel giardino di Hera, al centro del Parco Archeologico con tanto di firma e timbro della Sovrintendenza Statale, proprio svettando accanto all’unico resto ancora in piedi in tutta la Magna Grecia calabrese, cioè la colonna di Capo Lacinio, per quale magica o fatale soluzione dovrebbe preservare questo lembo di Mediterraneo dello sprofondamento e dall’apocalisse sismica?
Crotone, città sull'orlo degli abissi? Sprofonda Crotone ma va in Serie A, rischiando il naufragio nelle acque del Mar Jonio. Una situazione molto seria, anzi tragicomica per dirla con Italo Calvino. Perché tutto questo non è solo fantagiornalismo ma anche il risultato scientifico di un'accurata indagine sul campo, pubblicata sulla prestigiosa rivista internazionale Geophysical Research Letters. Dove le parole chiave sono sale, frana, Gps, Calabria, profili sismici. Apparentemente tutti termini neutri. Anche se gli scenari di rischio che insinuano e paventano sono a dir poco impressionanti.
Sono quattro o cinque le cose che fanno venire in mente. Persino le catastrofiche dimensioni di un Vajont in versione jonica, mediterranea, dopo che un team di ricercatori dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, delle Università di Roma Tre, Messina e Unical ha scoperto una megafrana nel Mar Ionio, al largo di Crotone. Tutto è iniziato da un dettaglio apparentemente nascosto ma certo non marginale. La velocità dei rilevatori Gps, alcuni dei quali situati proprio sui pozzi metaniferi che la grande multinazionale dell'energia Eni sfrutta ormai da decenni tra Crotone e Capo Colonna, risulta stabilmente e significativamente superiore alla velocità di altre stazioni della regione, diversamente orientate.
Una velocità, una dinamica evidentemente anomala che spinge nel mare aperto un pezzo intero di territorio, un tempo più notoriamente conosciuto come Marchesato di Crotone.
E tutto questo proprio mentre le altre stazioni regionali Gps confermano che il resto della Calabria va in direzione diametralmente opposta e contraria a quella del crotonese. Il controllo dei profili sismici, nonché i registri, e le prove di campo con velocità Gps, ha messo in guardia decine di ricercatori. L'intero bacino di Crotone sta sprofondando nel Mar Ionio su uno strato di sale viscoso sepolto.
Un corpo franoso di dimensioni molto grandi che ha origine a terra nella penisola di Crotone-Capo Rizzuto e si estende verso mare, coinvolgendo una superficie di circa 1000 km quadrati. Insomma, una grande frana proprio in mezzo ai giacimenti del gas metano del potente gruppo petrometanifero italiano.
Segnali pesanti per chi vive in un area in cui si estrae il 16 per cento del gas italiano, dove è già avvenuto un disastro ecologico proprio in una miniera di sale situata in agro di Belvedere Spinello. Dove stanno per iniziare nuove e preoccupanti trivellazioni petrolifere nel water front del crotonese.
Tornando all’inchiesta di Sara Gandolfi, la giornalista del Corriere rivolse domande precise e dirette al famoso geologo chiedendogli “in che modo l’uomo può peggiorare, o prevenire, il rischio di una catastrofe?”: “La Calabria è una terra ricca e bellissima proprio perché è una regione giovane tettonicamente, che si sta muovendo, fertile e ricca d’acqua”. Ma bisogna essere cauti nella gestione di questo patrimonio. Per esempio, è noto che i terremoti si possono “stimolare”. Uno dei casi più tipici è quando si pompano liquidi ad alta pressione giù nella crosta per estrarre il petrolio. Il petrolio è importante, anch'io ho la macchina in garage. Ma bisogna stare attenti a stuzzicare così la faglia, è necessario calcolare i rischi mentre chi fa estrazione ha la tendenza a ignorare, o a nascondere, il problema. Ed è pericoloso. La Calabria è una terra ricca e bellissima proprio perché è una regione giovane tettonicamente, che si sta muovendo, fertile e ricca d’acqua. Ma bisogna essere cauti nella gestione di questo patrimonio. Per esempio, è noto che i terremoti si possono ‘stimolare’. Uno dei casi più tipici è quando si pompano liquidi ad alta pressione giù nella crosta per estrarre il petrolio. Il petrolio è importante, anch'io ho la macchina in garage. Ma bisogna stare attenti a stuzzicare così la faglia, è necessario calcolare i rischi mentre chi fa estrazione ha la tendenza a ignorare, o a nascondere, il problema. Ed è pericoloso”.
Vito Barresi