Roma: sequestrati beni per 25mln alla “triade” di ‘ndrangheta, camorra e Casamonica

Reggio Calabria Cronaca

Beni per 25 milioni di euro sono stati posti sotto sequestro su disposizione della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Roma a una “triade” formata da presunti esponenti della 'ndrangheta, della camorra e della famiglia Sinti dei Casamonica.

SECONDO GLI INVESTIGATORI della Divisione anticrimine della Questura capitolina si tratterebbe di una vera holding politico-criminale, poiché sarebbe stato investito a Roma un vero e proprio tesoro con l’aiuto dei clan campani e di quelli calabresi ma anche in collegamento con esponenti della pubblica amministrazione e di gruppi imprenditoriali.

Il sequestro riguarda 43 tra società o imprese individuali, 10 immobili (tra cui appartamenti ed un villino a Roma e Ardea, appartamenti a Melicucco e un terreno a Polistena), 45 tra aziende commerciali e cooperative, 30 veicoli (tra cui una Maserati Ghibli, un Porsche Cayenne, un Hummer, una Spider, una Cadillac, tre Audi, due Mercedes) e diverse autovetture di media cilindrata, svariati rapporti bancari e postali individuati finora in 68 istituti ed alcuni locali a due passi dal Vaticano (tra cui i bar "Pio Er Caffè" e "L'Angolo d'Oro" e la trattoria "Hostaria Sora Franca") intestati a terzi, tra cui due cinesi, nonché una trattoria a Trastevere intestata a una cittadina romena e ad una cittadina ucraina, ma ritenuta riconducibile a Michele Mercuri. Gli inquirenti segnalano anche una palestra e un negozio di calzature a Ciampino che sarebbe invece riconducibile alla famiglia dei Casamonica.

Tra le aziende situate fuori dal capoluogo vi sono due cooperative nel casertano (una di facchinaggio ad Arienzo ed una Onlus a S. Nicola La Strada), la Serrmac con sede a Budoia (PN) e per anni considerata come un’eccellenza italiana nel mondo per la costruzione di trapani a colonna e maschiatrici, acquisita a seguito di fallimento; infine, un’azienda di somministrazione di cibi e bevande con sede a Parma.

INDAGINE “ALL’OMBRA DEL CUPOLONE”

L’indagine patrimoniale è stata piuttosto complessa e ha visto impegnato non solo il personale dell’Anticrimine ma anche quello della Squadra Mobile, di 28 Commissariati territorialmente competenti sia a Roma che in provincia e delle Divisioni Anticrimine delle Questure di Avellino, Benevento, Caserta, Frosinone, Grosseto, Milano, Parma, Perugia, Pordenone, Reggio Calabria, Torino e Trevi.

Il sequestro è stato eseguito, in base alla normativa antimafia, nei confronti di nove persone, tra cui quattro calabresi: Rocco Camillò (37 anni, nel 2013 tratto in arresto nell’ambito dell’operazione “Forte e Chiaro” per violazione della legge sugli stupefacenti) di Polistena; Marcello Giovinazzo di Taurianova (46enne, arrestato nel 2010 nell’ambito dell’operazione “Forte e Chiaro” per violazione della legge sugli stupefacenti), Francesco Filippone (35enne figlio di Rocco Santo, presunto capo della “locale” di ‘ndrangheta di Melicucco, con precedenti di polizia per violazione della legge sugli stupefacenti, riciclaggio ed altro e nel 2011 arrestato nell’ambito dell’operazione “Artù” per associazione per delinquere e riciclaggio di un certificato di deposito in oro del valore nominale di 870 milioni di dollari, emesso nel 1961 dall’allora Credito Svizzero a nome del noto dittatore Indonesiano Mr. Soekarno), Francesco Calvi (57enne con precedenti di polizia per usura in concorso) e Michele Mercuri (46enne con precedenti di polizia per usura in concorso); quest’ultimi tre tutti di Melicucco. Raggiunti dal provvedimento anche i romani Alessandro Bottiglieri (45enne tratto in arresto nell’ambito dell’operazione “Forte e Chiaro” per violazione della legge sugli stupefacenti); Salvatore Casamonica (28enne, nel 2015 tratto in arresto per estorsione ai danni del titolare di esercizio commerciale); Roberto Giuseppe Cicivelli (47enne che nel 2013 fu arrestato nell’ambito dell’operazione “Forte e Chiaro” per falso) ed Emanuele Lucci (45enne arrestato nel 2010 nell’ambito dell’operazione “Forte e Chiaro” per violazione della legge sugli stupefacenti).

Tutti i soggetti coinvolti, che secondo gli inquirenti sarebbero di “elevato spessore criminale”, emergono a più riprese in alcune indagini svolte dalla Procura Palmi, dalla Dda di Reggio Calabria e da quelle di Milano e Roma, a partire dagli anni ‘90 e fino al 2014, per reati di particolare gravità commessi anche in forma associativa, come il traffico e spaccio di cocaina proveniente dalla Calabria e destinata al mercato capitolino.

Sebbene le investigazioni ed i conseguenti provvedimenti restrittivi li hanno riguardati separatamente e in periodi distinti temporalmente, il quadro che sarebbe emerso oggi è quello che gli investigatori definiscono “una vera e propria joint-venture criminale, eletta a sistematica fonte di profitto”, attorno alla quale avrebbero ruotato oltre al traffico di droga anche altre attività illecite come l’usura, le estorsioni, il riciclaggio, il falso, ecc., svolte pure in modo autonomo da ciascun soggetto.

“COLLETTI BIANCHI” IN RAPPORTI CON IMPRENDITORIA E P.A.

Nel provvedimento il Giudice parla della sussistenza “di concreti ed obiettivi elementi, fondati su circostanze di fatto, per affermare la risalente e perdurante pericolosità sociale di tutti i proposti … Omissis … Per tutti i proposti deve parlarsi di pericolosità ‘qualificata’ poiché gli stessi - anche quando non siano direttamente appartenenti ad associazioni di stampo ‘ndranghetista - sono tuttavia pronti ad agevolare tali associazioni ed inoltre attuano altresì attività di riciclaggio … Omissis … Ne emerge un complesso sistema criminale che coinvolge non solo i soggetti proposti ma tutte le società agli stessi riconducibili, le quali fungono da “contenitori” per la gestione di capitali provenienti da attività delittuose le cui prerogative sono anche quelle di costituire uno schermo atto a neutralizzare eventuali azioni giudiziarie ablative, di massimizzare, se possibile, ulteriormente i profitti ed offrire un volto presentabile di “colletti bianchi” capaci di contrattare con l‘imprenditoria, ma anche con la pubblica amministrazione”.

L’indagine patrimoniale, secondo gli agenti dell’anticrimine, ricostruirebbe la presunta storia criminale, i diversi legami e affari illeciti dei nove soggetti che vengono quindi associati in quello che si ritiene sia un nuovo gruppo criminale trasversale (comprendente appunto esponenti della ’ndrangheta, della camorra e dei Casamonica) che si sarebbero accordati fra loro “formando di fatto - sempre secondo la tesi degli investigatori - una società d’interessi illeciti, finalizzata a riciclare nella città di Roma i rispettivi profitti, di cui è stato effettuato il sequestro”.

(Aggiornata alle 18:30)