Lamezia, numeri da record per il Color Fest
Strepitoso successo per la IV edizione di Color Fest, festival promosso dall'Associazione Culturale “Che cosa sono le Nuvole”, che registra numeri da capogiro, nella doppia giornata presso l'Abbazia Benedettina di Lamezia Terme. Più di 2500 persone hanno raggiunto i ruderi della nuova location scelta, dimostrando immensa partecipazione ed estrema curiosità per un festival che ha saputo guadagnarsi la stima degli addetti ai lavori, il plauso della critica specializzata che lo ha ampiamente segnalato fra le migliori rassegne in circolazione in Italia per la musica indipendente e soprattutto l'affetto del pubblico, che ha ripagato con una presenza importante, l'impegno e la fatica del team durante questi mesi.
Due giorni ricchissimi. Presentazioni di libri, mostre ma soprattutto live che dal tramonto si sono susseguiti incessantemente nel cuore dell'Abbazia. La prima giornata è all'insegna del sound britannico dei Parkwave, il cantautorato sanguigno di Scarda, il reading di Autori Appesi, la dinamite sonica dei McKenzie, il folk fortemente contaminato di Wrongonyou, il mix fra arti performative e urgenza musicale di Pop X. Sul palco principale Lodo Guenzi, leader de Lo Stato Sociale, si mette a nudo in un set piano-chitarra-voce. Un’occasione, come lui stesso ha ribadito, più unica che rara, dettata dal forte legame che lega il cantante alla Calabria, terra che “mi ha dato e continua a darmi non solo emozioni ma lezioni di vita pura”. E infine l'headliner della giornata, Calcutta, punta di diamante della giovane leva cantautorale, che racconta di provincia e storie di disagio generazionale ed è accolto con il boato di un pubblico numeroso che accompagna all'unisono brano dopo brano tutto il set.
La seconda giornata ruota intorno al nome degli Afterhours. Una data attesa, l'unica nel meridione eccetto isole, in cui la band di Manuel Agnelli presenta per la prima volta in Calabria e dal vivo l'ultimo album d'inediti "Folfiri o Folfox". Riscaldano prima di loro il palco il cantautorato gentile di Carmine Torchia, l'electro-rock degli Elektrojezus, le geometrie musicali dei Captain Quentin, le sperimentazioni di Yosonu, il pop adolescenziale de L'Officina della Camomilla. Poi tocca a loro: gli Afterhours, che calcano il palco del Color Fest, in una data che è un annunciato sold out.
Band seminale e storica del rock italiano, si presentano sullo stage con combo rinnovato sul profilo strumentale con l'ingresso dopo una lunga lontananza di Xabier Iriondo alla chitarra e nuovissimi musicisti in casa After come Stefano Pilia e Fabio Rondanini. Il set di grande potenza musicale incasella alla perfezione i nuovi brani: il singolo “Non voglio ritrovare il mio nome”, “Il mio popolo si fa”, “Grande” al repertorio storico della band: “Non è per sempre”, “Il sangue di Giuda” e doppio bis con canzoni assolutamente rappresentative quale “Quello che non c'è”, “Bye Bye Bombay”. Scroscio di applausi e pubblico in delirio, per un live da manuale, con Manuel Agnelli che traghetta l'intera formazione verso territori musicali rinnovati e potentissimi.
Il bilancio è oltremodo positivo e l'appuntamento è già fissato all'anno prossimo, per rinnovare qualità e magia nella V edizione del festival.