Colpo alla Locale di Laureana: 41 indagati, anche un assessore comunale
Sono 41 i provvedimenti di fermo di indiziato di delitto emessi dalla Distrettuale Antimafia ed in esecuzione stamani oltre che nella provincia di Reggio Calabria anche in quelle di Roma, Milano, Vibo Valentia, Pavia, Varese, Como, Monza-Brianza e Cagliari.
Secondo gli inquirenti gli indagati - 36 finiti in carcere e 5 ai domiciliari - sarebbero appartenenti alla ‘ndrangheta, in particolare alla cosiddetta “Locale di Laureana di Borrello”, composta dalle famiglie “Ferrentino-Chindamo” e “Lamari”.
Le accuse contestate, a vario titolo, vanno dall’associazione per delinquere di tipo mafioso, al concorso esterno, al porto e detenzione di armi, dal traffico e detenzione illeciti di stupefacenti all’estorsione, dai danneggiamenti, le lesioni personali gravi, alla frode sportiva, dall’intestazione fittizia di beni all’incendio, con l’aggravante del metodo mafioso.
LE INDAGINI, confluite nell’operazione di oggi, denominata “Lex”, sono state avviate dai carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro nel giugno del 2014 e si sono avvalse anche delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia.
Gli investigatori ritengono di aver delineato gli assetti dell’organizzazione criminale e dimostrato l’appartenenza degli indagati, anche con ruoli di vertice, alle cosche “Ferrentino-Chindamo” e “Lamari”, articolazioni autonome della “Locale di Laureana”.
Si sarebbe anche ricostruita l’attività della cosca il cui scopo era quello di ottenere il controllo e lo sfruttamento delle risorse economiche della zona attraverso una serie di delitti in materia di armi, contro il patrimonio, la vita e l’incolumità individuale, ma anche nel commercio di stupefacenti.
GLI APPALTI PUBBLICI E LE “COMBINE” DI CALCIO
Gli inquirenti avrebbero documentato condizionamenti da parte della “Locale” anche sull’andamento delle istituzioni comunali, avvenuto attraverso l’ingerenza su alcuni componenti dell’Amministrazione del Comune pre-aspromontano così da far aggiudicare appalti pubblici ad aziende ritenute mafiose e di riferimento della stessa cosca.
Inoltre si sarebbero provate diverse intestazioni fittizie di attività commerciali, tra cui due imprese edili ed una di import/export operativa nel Porto di Gioia Tauro, e di alcuni immobili in Lombardia. Infine, vi sarebbe stata l’infiltrazione della famiglia Lamari nella gestione della “Polisportiva Laureanese”, compagine impegnata nel girone B del Campionato di Promozione: le indagini evidenzierebbero due presunti episodi di “combine” dei risultati di altrettanti incontri di calcio.
Il primo episodio contestato riguarda una partita contro l'Aprigliano, in cui uno dei Lamari, che ha un ruolo nella dirigenza della Polisportiva, sarebbe stato schiaffeggiato durante una rissa in campo da alcuni ultrà della squadra di casa. Data la "gravita'" del gestola Laureanese fu fatta vincere per 6-0 nella partita di ritorno.
L'altra partita sotto accusa è stata disputata dalla squadra di Laureana contro una formazione di Lamezia Terme, il Fronti, che, secondo l'accusa, non si sarebbe presentata in campo nel secondo tempo a seguito della minacce subite.
L’ASSESSORE “REFERENTE POLITICO” DELLA COSCA
Tra i fermati figura anche l’assessore al “verde pubblico, agricoltura, manutenzione, tradizione, servizio idrico, servizi demografici, viabilità, fiera ed artigianato” del Comune di Laureana di Borrello che è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa: secondo gli investigatori, sebbene non facesse parte “stabilmente” della Locale, avrebbe fornito “un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo alla ‘ndrina Chindamo-Ferrentino, come referente politico del sodalizio”.
Nel corso dell’operazione, poi, sono stati sottoposti a sequestro preventivo dieci tra beni immobili e attività imprenditoriali a Laureana, Vibo Valentia, Voghera (PV) e Bregnano (CO), beni che sono considerati come riconducibili ad alcuni degli indagati e del valore che si stima superi gli oltre 30 milioni di euro. Si stratta in particolare di quattro imprese di costruzione, una di import-export, un’azienda agricola, una squadra di calcio, un’edicola, un supermercato e un’abitazione.
Durante il blitz sono state inoltre arretate cinque persone, sequestrati oltre due chilogrammi di marijuana e ritrovate tre pistole, un fucile, centinaia di munizioni di vario calibro e quasi 2 chili di polvere da sparo.
I DUE CLAN TRA ALLEANZE E CONFLITTI
L’indagine nasce da una serie di episodi criminosi registrati a Laureana di Borrello e nelle zone limitrofe a partire dal mese di giugno del 2014, che per gli inquirenti sarebbero stati “sintomatici dell’operatività di un sodalizio criminale attivo in quell’area ed in grado di esercitare un controllo di tipo mafioso sull’intera comunità”.
Si ritiene così di aver dimostrato l’appartenenza dei fermati alle due cosche intese come articolazioni autonome, a volta alleate e a volta in conflitto, della “Locale di Laureana” appartenente al Mandamento Tirrenico.
PESTATO PER AVER RIMPROVERATO IL “RAMPOLLO” DELLA COSCA
Gli inquirenti fanno presente come alcuni cittadini siano stati vittime di atti ritorsivi, attuati anche in maniera cruenta, con l’esplosione di colpi di arma da fuoco o tramite incendi dei loro bei. In una circostanza anche un collaboratore scolastico è stato vittima di un “pestaggio” da parte di alcuni soggetti ritenuti appartenenti alla cosca, per il solo fatto di aver rimproverato un “rampollo” minorenne riconducibile alla ‘ndrina.
In un altro caso, invece, un imprenditore, risultato poi essere vicino alla Cosca rivale dei Lamari, fu sequestrato per alcune ore da appartenenti ai Ferrentino per costringerlo a continuare la gestione fittizia di un’impresa edile a Voghera, in nome e per conto del sodalizio.
FIUMI DI DROGA IN TRANSITO NEL PORTO DI GIOIA TAURO
La principale fonte di guadagno sarebbe stato però il traffico internazionale di stupefacenti: ingenti quantitativi di droga che seguendo le tratte che dall’India e dalla Colombia portano al Porto di Gioia Tauro, con le compiacenze di soggetti vicini alle cosche che operavano nello scalo, venivano fatti passare mentre erano nascosti in cargo contenenti riso. Il tutto – secondo gli investigatori – avveniva grazie alla copertura di un società di import-export, la “United Seed’s Keepers” con sede a Milano e Roma ed interamente controllata da imprenditori ritenuti prestanome del clan.
Gli inquirenti fanno difatti notare che sono state diverse le ipotesi di intestazione fittizia riscontrate di numerose attività commerciali, tra le quali spiccano le due imprese edili oltre quella attiva nel Porto, e alcuni immobili in Lombardia; così come sarebbe evidente l’infiltrazione della famiglia Lamari nella gestione della squadra della “Polisportiva Laureanese”.
L’indagine, dunque, metterebbe in luce l’assoggettamento della popolazione locale. “A Laureana di Borrello, in particolare – spiegano gli inquirenti - l’autonomia imprenditoriale era azzerata non esistendo settore economico, e non, che non incontrasse l’interesse delle ‘ndrine” che gestivano persino il mondo del calcio così organizzando le combine di partite con le dirigenze di altre squadre della stessa categoria falsando i risultati.
Anche nella politica cittadina della municipalità di Laureana di Borrello, le due ‘ndrine hanno dei referenti mafiosi che consentono loro l’aggiudicazione di appalti.
I DESTINATARI DEL FERMO
Marco Ferrentino, classe ’80 ; Tiziana Petté, classe ’81; Alla Bielova, classe ’89; Alessio Ferrentino, alias “u stuccaru”, classe ‘78; Francesco Ferrentino alias “u zassu”, classe ‘90; Antonino Di Giglio alias “u liraru”, classe ‘75; Alessio Ferrentino, classe ‘84; Giuseppe Di Masi, classe ‘88; Giuseppe Pititto, classe ’75; Josè Signorello, classe ’87; Giovanni Sibio, classe ’89; Salvatore Monea, classe ’74; Francesco Lamanna, classe ’86; Antonello Lamanna, classe ’75; Vincenzo Piromalli, classe ’69; Mario Bevilacqua, classe ’72; Fabio Aschei, classe ’61; Pasquale Pettè, classe ’67; Pasquale Di Masi, classe ’86; Francesco Prestia, classe ’76; Francesco Tarantino, classe ’76; Marina Panigo, classe ’59; Fabio Mezzasalma, classe ’63; Albino Marafioti, classe ’85; Giorgia Ferrari, classe ’95; Isabella Salvo, classe ’69; Diego Freitas De Siqueira, classe ’86; Alberto Chindamo, classe ’88; Vincenzo Lamari alias Enzo, classe ’68; Angelo Lamari, classe ’67; Mattia Lamari, classe ’97; Fabio Mastroianni, classe ’87; Natale Papandrea, classe ’91; Claudio Napoli, classe ’76; Andrea Prossomariti, classe ’73; Vincenzo Lainà, classe ’63; Francesco Antonio Ciancio, classe ’95; Maurizio Oppedisano, classe ’81; Felice Zito, classe ’91; Andrea Mandaglio, classe ’95 e Giovanni Mandaglio, classe ’93.
Di questi, Giorgia Ferrari, Isabella Salvo, Andrea Mandaglio, Giovanni Mandaglio e Felice Zito sono stati posti ai domiciliari.
I BENI SEQUESTRATI
Dimasi Costruzioni di Giuseppe Dimasi (Voghera); Dima Costruzioni S.r.l. di Lamanna Francesco(Voghera); Dimafer di Ferrentino Francesco(Voghera); Ditta di import-export “United Seed’s Keepers” s.r.l. con sede a Milano e Roma; Ditta Di.Gi. lavori edili di Digiglio Antonino “u liraru”; Ditta N.P. Lavori e Costruzini snc di Napoli Claudio e Prossomariti Andrea; Azienda “Demetra“ srl con sede in Laureana di Borrello; Attività commerciale “Il Quadrifoglio”di proprietà di Brogna Francesco nelle due sedi di Laureana di Borrello e Feroleto della Chiesa; Società Polisportiva Laureanese calcio; Edicola di Pititto Giuseppe in Vibo Valentia; Garage adibito alla vendita di Pesce Stocco di Ferrentino Alessio.
L’OPERAZIONE di oggi ha visto l’impiego di circa 300 militari in tutta la Penisola, con perquisizioni che hanno interessato diverse abitazioni ed immobili considerati depositi di armi e droga della consorteria laueranese, nonché lo studio legale, con sede a Milano, di un noto penalista ritenuto vicino alla cosca.
(aggiornata alle 17:03)