Un “cartello” per gestire gli appalti pubblici: coinvolti dirigente pubblico e funzionario Anas

Reggio Calabria Cronaca

Un “cartello” composto da oltre 60 società che, presentando delle offerte concordate in precedenza, sarebbero state così in grado di determinare l’aggiudicazione di appalti pubblici per oltre 90 milioni di euro.


Questa la tesi accusatoria della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura Reggio Calabria, sulla base della quale il Gip del tribunale ha emesso stamani 25 misure cautelari nei confronti di altrettante persone ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione mafiosa e turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, corruzione e falso ideologico in atti pubblici.

I provedimimenti sono stati eseguiti all’alba dagli uomini del Comando Provinciale della Guardia di Finanza del capoluogo, in Calabria, Sicilia e Lazio e rappresentano l’epilogo delle investigazioni condotte dal Gico del Nucleo di Polizia Tributaria volte a contrastare i “profili” imprenditoriali della cosca di ndrangheta “Piromalli”, attiva nella Piana di Gioia Tauro.

I militari hanno anche eseguito 38 sequestri preventivi d’azienda per un valore complessivo di circa 200 milioni di euro. Si sarebbero accertati anche dei presunti rapporti di connivenza tra il clan ‘ndranghetistico ed un dirigente comunale oltre che episodi di corruzione di un funzionario dell’Anas.

GLI ESITI DELL’OPERAZIONE CUMBERTAZIONE

Alle misure di oggi si è arrivati al termine delle indagini condotte nell’ambito dell’operazioneCumbertazione”: in questo contesto sono stati approfonditi i profili imprenditoriali della criminalità organizzata che opera nella Piana di Gioia Tauro soprattutto nel settore degli appalti pubblici; in tal senso sarebbero stati accertati i presunti legano con funzionari pubblici del Comune di Gioia Tauro e dell’Anas.

Lo scorso 19 gennaio furono eseguiti, su disposizione Dda, 27 fermi, oltre 150 perquisizioni e 44 sequestri preventivi d’azienda, per un valore complessivo di 224 milioni di euro.

Per gli inquirenti vi sarebbe stato un diretto coinvolgimento del gruppo imprenditoriale Bagalà. Secondo la tesi accusatoria, quest’ultimo, sfruttando l’appartenenza alla cosca Piromalli, avrebbe costituito e consolidato negli anni “una posizione di assoluto predominio nel settore degli appalti pubblici in Calabria, riuscendo sistematicamente a turbare almeno 27 gare indette” da diverse Stazioni appaltanti (tra cui i Comuni di Gioia Tauro e Rosarno, la Provincia di Reggio Calabria, l’Anas, nel periodo tra il 2012 e il 2015 e per un valore complessivo superiore a 90 milioni di euro.

Gli investigatori ritengono che grazie anche a “rapporti corruttivi” con funzionari appartenenti alle stesse stazioni appaltanti e all’operato di diversi professionisti considerati collusi, si sarebbe sviato “il regolare svolgimento delle gare pubbliche” costituendo appunto un cartello composto da oltre 60 società che, attraverso la presentazione di offerte concordate precedentemente, sarebbe stato in grado di determinare l’aggiudicazione degli appalti a una delle imprese della cordata.

Nel corso delle indagini si sarebbe individuata una cerchia di soggetti ritenuti “pienamente inseriti in quella organizzazione che gli indagati, negli stessi dialoghi intercettati, hanno definito la Cumbertazione”, un termine dialettale utilizzato per indicare un’associazione “chiusa”.

IL NUCELO DEL CARTELLO, LA FAMIGLIA BAGALÀ

Accanto al nucleo essenziale della famiglia Bagalà – in particolare dei fratelli Giuseppe e Luigi, e dei rispettivi figli Francesco (cl. ’90) e Francesco (cl. ’77) – sarebbero stati individuati altri soggetti che avrebbero avuto dei ruoli chiave nel sistema di controllo degli appalti. Tra questi, in primis, Giorgio Morabito, originario di San Giorgio Morgeto, già attivo nel settore degli appalti di lavori pubblici e considerato come affiliato ai Piromalli. Poi un ingegnere, Pasquale Rocco Nicoletta e la sorella Angela, anch’essa ritenuta parte del sodalizio criminale oltre che “testa di ponte” della cosca all’interno dell’amministrazione comunale di Gioia Tauro.

Gli investigatori sostengono che Angela Nicoletta, in particolare, dirigente del Settore Lavori Pubblici dell’ente, oltre che presidente delle Commissioni di gara a cui partecipavano le imprese del presunto “cartello”, avrebbe fornito informazioni riservate e suggerimenti tecnici indebiti, e si sarebbe si attivava, a richiesta di Francesco Bagalà per differire i termini di consegna delle offerte ogni volta che l’associazione non fosse stata in grado di rispettare il termine di presentazione.

LA RELAZIONE TECNICA COMPILATA DALL’IMPRENDITORE

Altri episodi di corruzione riguarderebbero un altro ingegnere dell’Anas, Giovanni Fiordaliso, direttore dei lavori relativi alla realizzazione dello svincolo autostradale di Rosarno. Secondo la tesi accusatoria, in cambio di soggiorni gratuiti a Taormina e a Firenze o di orologi Rolex, avrebbe fornito a Francesco Bagalà informazioni riservate ed il format del file Anas con il relativo logo che avrebbero consentito ai professionisti di fiducia dell’imprenditore di compilare la “relazione riservata del direttore dei lavori”, poi fatta propria da Fiordaliso che l’avrebbe firmata.

Fiordaliso, poi, si sarebbe attivato ripetutamente per favorire le imprese dei Bagalà facendo, ad esempio, pressioni su una dipendente dell’Anas affinché venisse accelerata la procedura di firma dei SAL (Stato Avanzamento Lavori); facendo finta di agire nell’interesse della Stazione Appaltante dell’azienda per evitargli un oneroso contenzioso avrebbe inoltre perorato la causa dell’impresa, cercando di spingere i funzionari ad attivare la procedura per arrivare ad un accordo bonario il più possibile remunerativo per l’appaltatore così che i Bagalà recuperassero il forte ribasso offerto in sede di aggiudicazione della gara. Infine, il professionista avrebbe cercato di convincere il consulente tecnico dell’Anas nominato dall’Ente per la risoluzione della stessa controversia, a rinunciare all’incarico.

LE DITTE “COMPIACENTI”

Nel corso delle indagini, poi, sarebbero state individuate una serie di ditte ritenute compiacenti e con sede in Calabria, Lazio, Sicilia, Campania e Toscana: a queste sarebbero state fatte presentare le offerte secondo importi che avrebbero automaticamente garantito l’aggiudicazione ad una di esse.

In alcuni casi – sostengono ancora gli investigatori - le stesse imprese, “scelte in ragione dei propri requisiti tecnici ed economici (come nel caso dei gruppi Cittadini e Barbieri), si sarebbero prestate a partecipare fittiziamente alle gare, singolarmente o in Ati o Rti, per conto dell’organizzazione (ricevendo in cambio una percentuale che variava dal 2,5% al 5% sull’importo posto a base d’asta, al netto del ribasso). In altri casi avrebbero presentato offerte fittizie, “ricevendo in cambio, ad esempio, la garanzia che l’organizzazione, a sua volta, avrebbe presentato offerte fittizie per appalti di loro interesse così aiutandole ad aggiudicarsi le relative gare”.

“In questo sistema, sostenuto da un collante composito fatto di corruzione, imposizione ‘ndranghetistica e collusione – affermano gli inquirenti - lo scopo perseguito dai Bagalà” sarebbe stato “quello di garantirsi il totale controllo del sistema delle gare pubbliche indette dalle stazioni appaltanti calabresi”. Il controllo sarebbe stato esercitato sia direttamente, facendo cioè aggiudicare le gare alle proprie ditte, sia indirettamente, ovvero facendo vincere le commesse ad imprese “colluse” che, per i lavori sul posto e attraverso il sistema delle procure speciali rilasciate a Giorgio Morabito e ad altri, si sarebbero poi affidate poi alle ditte dei Bagalà.

Anche quando il cartello non fosse riuscito vincitore, infine, sarebbero state messe in atto delle manovre – sotto forma del subappalto o della procedura di nolo – così da controllare in maniera diretta la gara.

I VANTAGGI DELL’ORGANIZZAZIONE, LA FORZA DEI PIROMALLI

Il vantaggio per la presunta organizzazione criminale sarebbe stato molteplice. Da un lato, quello economico, direttamente derivante dall’esecuzione dell’appalto “per procura”; in secondo luogo, quello di favorire gli altri imprenditori “mafiosi” che operavano sul territorio di esecuzione dei lavori stessi, “così da aumentare il prestigio dell’organizzazione, creare sinergie, consenso ed alleanze”.

Un terzo vantaggio, per gli inquirenti, sarebbe poi quello in termini di visibilità mafiosa: cioè di eseguire tutti i lavori in un territorio come, ad esempio, quello di Gioia Tauro, rafforzando così la posizione della cosca Piromalli. La gestione dei cantieri locali permette infatti anche l’assunzione delle maestranze eventualmente imposte dalle famiglie ‘ndranghetistiche competenti per territorio, permettendo così all’organizzazione di creare un sistema per cui, e secondo le stesse parole dette da Giuseppe Bagalà in una intercettazione:tutti sono contenti.

Per ottenere questi benefici, l’organizzazione avrebbe curato anche i rapporti con le cosche di ‘ndrangheta competenti in relazione al luogo di esecuzione dei lavori, riconoscendo loro la tradizionale “tassa ambientaledel 3%.

L’operato, inoltre, ha interessato anche la fase più propriamente esecutiva delle opere in quanto, in alcune gare, sarebbero state apportate varianti non autorizzate al progetto; inoltre sarebbe stato riscontrato l’utilizzo di materiale scadente o di qualità diversa rispetto a quella prevista nel capitolato di appalto.

I DESTINATARI DEI PROVVEDIMENTI


  1. Luigi Bagala, nato il 13/05/1946 a Gioia Tauro (RC) - custodia cautelare in carcere;
  2. Giuseppe Bagalà, nato il 19/03/1957 a Gioia Tauro (RC) - custodia cautelare in carcere;
  3. Francesco Bagalà, nato il 13/03/1977 a Gioia Tauro (RC) - custodia cautelare in carcere;
  4. Francesco Bagalà, nato il 4/01/1990 a Gioia Tauro (RC) - custodia cautelare in carcere;
  5. Giorgio Morabito, nato il 27/10/1974 a Taurianova (RC) - custodia cautelare in carcere;
  6. Pasquale Rocco Nicoletta, nato il 30/04/1968 a Taurianova (RC) - custodia cautelare in carcere;
  7. Angela Nicoletta, nata il 19/07/1964 a Taurianova (RC) - custodia cautelare in carcere;
  8. Carlo Cittadini, nato l’08/06/1975 a Roma (RM) - custodia cautelare in carcere;
  9. Giorgio Barbieri Ottavio, nato il 29/04/1976 a Roma (RM) - custodia cautelare in carcere;
  10. Cristiano Zuliani, nato il 12/08/1980 a Roma (RM) - custodia cautelare in carcere;
  11. Giovanni Fiordaliso, nato il 01/02/1978 a Reggio Calabria (RC) - custodia cautelare agli arresti domiciliari;
  12. Ettore Della Fazia, nato il 21/07/1960 a Dogliola (CH) - custodia cautelare agli arresti domiciliari;
  13. Francesco Migliore, nato il 23/07/1961 a Palermo (PA) - custodia cautelare agli arresti domiciliari;
  14. Filippo Migliore, nato il 20/07/1969 a Cammarata (AG) - custodia cautelare agli arresti domiciliari;
  15. Alessio La Corte, nato il 20/05/1984 a Santo Stefano Quisquina (AG) - custodia cautelare agli arresti domiciliari;
  16. Vito La Greca, nato il 04/08/1978 a Santo Stefano Quisquina (AG) - custodia cautelare agli arresti domiciliari;
  17. Santo Fedele, nato l’01/11/1954 a Varapodio (RC) - custodia cautelare agli arresti domiciliari;
  18. Francesco Fedele, nato il 22/06/1984 a Cinquefrondi (RC) - custodia cautelare agli arresti domiciliari;
  19. Bruno Polifroni, nato il 10/10/1967 a Varapodio (RC) - custodia cautelare agli arresti domiciliari;
  20. Rocco Leva, nato il 05/08/1975 a Taurianova (RC) - custodia cautelare agli arresti domiciliari;
  21. Bruno Madaffari, nato il 15/05/1972 a Santa Cristina D'Aspromonte (RC) - custodia cautelare agli arresti domiciliari;
  22. Domenico Coppola, nato il 17/10/1981 a Gioia Tauro (RC) - custodia cautelare agli arresti domiciliari;
  23. Angelo Zurzolo, nato il 14/04/1968 a Taurianova (RC) - custodia cautelare agli arresti domiciliari;
  24. Gaspare Castiglione, nato il 28/07/1971 a Reggio Calabria (RC) - custodia cautelare agli arresti domiciliari;
  25. Mirko Pellegrini, nato il 16/11/1978 a Roma (RM) – obbligo dimora.


(aggiornata alle 09:45)