L’imprenditore “filtro” del clan negli appalti pubblici, scattano i sigilli a beni per 6mln
Ammonta a circa 6 milioni di euro il valore del patrimonio di Giorgio Morabito, 45enne di San Giorgio Morgeto (nel reggino), noto imprenditore nel settore della costruzione di grandi opere edili, a carico del quale stamani le fiamme gialle hanno eseguito un sequestro disposto dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale locale - presieduta da Ornella Pastore - su richiesta dell’Aggiunto Calogero Gaetano Paci e del Sostituto Gianluca Gelso.
I sigilli sono scattati ai beni riconducibili al 45enne ma anche al suo nucleo familiare, e costituiti da diverse unità immobiliari, imprese commerciali, rapporti finanziari e assicurativi, e disponibilità finanziarie.
Morabito è finito in carcere, nel 2017, nell’ambito dell’operazione “Cumbertazione”, condotta dal Gico nei confronti di un gruppo criminale che, negli anni, avrebbe “sistematicamente” turbato o tentato di turbare numerose gare d’appalto indette da diverse Stazioni appaltanti, presentando offerte “concordate” precedentemente e tali da portare all’aggiudicazione degli incanti ad una delle imprese della cordata (QUI).
Allora finirono in manette 27 persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa, turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, corruzione e falso ideologico in atti pubblici (tra cui il 45enne); vennero anche cautelate 44 imprese, per un valore complessivo di 224 milioni di euro.
In quel contesto, all’imprenditore, che è considerato dagli inquirenti il “promotore e coordinatore” del presunto sistema fraudolento, venne contestata sia la partecipazione alla cosca di ‘ndrangheta gioiese dei Piromalli, che l’associazione semplice finalizzata alla corruzione, turbativa d’asta e falso, reati tutti aggravati dalla finalità di agevolare lo stesso clan. Attualmente è stato rinviato a giudizio proprio in relazione a queste imputazioni.
Alla luce di queste risultanze, dunque, la Dda reggina ha delegato alla Guardia di Finanza delle apposite indagini di carattere economico-patrimoniale finalizzate all’emissione di una misura di prevenzione personale e patrimoniale.
Dopo aver delineato un “profilo di pericolosità sociale” dell’uomo, anche valorizzando le risultanze di precedenti indagini, l’attività investigativa è stata indirizzata alla ricostruzione delle acquisizioni patrimoniali, dirette o indirette, effettuate nell’ultimo ventennio, accertando, attraverso complessi accertamenti e riscontri documentali, i patrimoni ritenuti nella disponibilità di Morabito.
Patrimoni che gli inquirenti valutano “decisamente sproporzionati” (quanto al loro valore) rispetto alla capacità reddituale dichiarata dall’imprenditore al fine delle imposte sui redditi, e pertanto si sospetta che le risorse usate per acquisirli siano di provenienza illecita.
I finanzieri, nelle indagini, hanno ricostruito la vita dell’imprenditore, i presunti reati che avrebbe commesso, ma anche le sue frequentazioni, i suoi legami di parentela, ovviamente anche i precedenti giudiziari e gli altri elementi ritenuti fondamentali per la formulazione, ai sensi della normativa antimafia del cosiddetto “giudizio prognostico” sulla sua pericolosità sociale.
Alla luce di tutto ciò il tribunale - su richiesta della DDA - e con il provvedimento di oggi ha riconosciuto a suo carico quest’ultima, sospettandolo di associazione mafiosa e di diversi reati fine contro la pubblica amministrazione e finalizzati ad agevolare l’infiltrazione della cosca Piromalli nel tessuto economico.
È stata, inoltre, sottoposta a sequestro - poiché considerata di provenienza illecita - una somma cospicua di denaro in contanti, oltre 131 mila euro, ritrovata nell’abitazione di Morabito durante delle perquisizioni svolte nell’ambito dell’operazione Cumbertazione.
Il provvedimento è stato eseguito dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria e dallo Scico, il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, diretta da Giovanni Bombardieri