“Provvidenza 2”. Blitz del Ros: 12 arresti, sequestrato il consorzio Copam
Dodici persone, ritenute affiliate alla cosca di Gioia Tauro dei Piromalli, sono state raggiunte stamani da altrettanti ordini d’arresto eseguiti dai carabinieri del Ros che hanno proceduto anche al sequestro di un importante consorzio costituito da oltre 40 società ed aziende agricole.
LE INDAGINI metterebbero in evidenza il livello di infiltrazione del clan della Piana nel tessuto economico locale, in particolare nel settore agro-alimentare, in cui si sarebbe insinuato anche grazie alla complicità di imprenditori considerati collusi.
Tra i destinatari dei provvedimento di oggi anche due presunti boss, ormai anziani, Giuseppe e Antonio Piromalli che, secondo gli inquirenti, sarebbero al vertice della cosca da molti anni. Per le dieci persone indagate le accuse vanno dall’associazione di tipo mafioso al concorso esterno, all’intestazione fittizia di beni alla truffa, ad altri reati aggravati dalle finalità mafiose.
Il blitz, denominato “Provvidenza 2”, è scattato stamani all’alba: l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, eseguita dai militari del Raggruppamento operativo speciale, è stata emessa dal Gip del tribunale di Reggio Calabria. L'intervento, che è coordinato dalla Procura distrettuale antimafia, fa seguito, a meno di un mese, dal fermo di 33 persone accusate di far parte della cosca Piromalli ed in questa fase ha previsto il sequestro preventivo di beni per un valore di circa 50 milioni di euro, tra cui il consorzio Copam di Varapodio, nel reggino, costituito appunto da oltre 40 aziende e cooperative agricole che operano nella Piana di Gioia Tauro, nella Sicilia orientale e nel basso Lazio.
LE OPERAZIONI PRECEDENTI
La misura eseguita oggi si colloca nel quadro di un'articolata manovra investigativa avviata contro i presunti vertici della ndrangheta reggina, e che l’15 luglio scorso, con l’operazione Mammasantissima ha portato in carcere otto persone, indagate per associazione di tipo mafioso e scambio elettorale politico mafioso. In quell’ambito, oltre ad accertare l’operatività di una struttura direttiva occulta della ‘ndrangheta, si sarebbe scoperto il funzionamento di un organo collegiale, denominato “Santa”, ideato dai vertici delle cosche De Stefano e Piromalli.
Il 15 novembre del 2016 ed il 19 novembre successivo, poi, era già stata eseguita la cosiddetta operazione Sansone nei confronti di 53 presunti affiliati alla cosca Condello (indagati per associazione di tipo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni ed altri delitti, tutti aggravati dal metodo mafioso).
Nell’ambito dell’operazione Cumbertazione, poi, 19 gennaio scorso, venne eseguito il fermo di 35 soggetti, ritenuti contigui ai Piromalli e responsabili di associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione per delinquere, turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, corruzione ed altri reati aggravati dal metodo mafioso.
Il 26. Gennaio di quest’anno, infine, con l’operazione Provvidenza, un fermo raggiunse 33 soggetti ritenuti affiliati alla cosca Piromalli indagati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, intestazione fittizia di beni, autoriciclaggio e altri reati aggravati dalle finalità mafiose.
“FACCIAZZA”: DAL CARCERE DIRIGEVA LA COSCA
Nell’ordinanza cautelare di oggi, invece, gli inquirenti fotograferebbero, ancora una volta, le dinamiche associative e gli assetti mafiosi del clan Piromalli, evidenziando il presunto ruolo di vertice dei fratelli Giuseppe Piromalli (71 anni), detto “Facciazza”, ed attualmente detenuto nel carcere de L’Aquila, e di Antonio Piromalli (77 anni), alias “U Catanisi”.
Secondo gli investigatori i due “boss” sarebbero in grado di “orientare gli equilibri criminali dell’intero mandamento tirrenico” e di condizionare il tessuto economico-imprenditoriale locale, in particolare nei settori agro-alimentare e turistico-ricettivo, grazie alla complicità di imprenditori che sarebbero contigui alla cosca.
In particolare, l’indagine accerterebbe come Giuseppe Piromalli, benché da anni ristretto in regime detentivo speciale, attraverso i colloqui periodici con i familiari, “e facendo leva su un'efficiente filiera comunicativa”, fosse in grado di veicolare all’esterno ordini e messaggi per dirigere gli affari del clan, controllati attraverso il figlio, Antonio, a sua volta fermato il 26 gennaio scorso.
“U CATANISI”: DEFILATO MA INFLUENTE
In questo contesto, un altro ruolo carismatico in seno alla cosca sarebbe quello del fratello ultrasettantenne Antonio Piromalli, “defilato sotto il profilo strettamente operativo, ma – spiegano gli inquirenti - ancora molto influente nella pianificazione delle strategie criminali dell’organizzazione, soprattutto nel dirimere le controversie sorte tra gli affiliati, anche rispetto a problematiche non prettamente criminali”.
Inoltre, proprio ad Antonio sarebbe affidato il compito di rinsaldare i rapporti con la cosca Molè, un tempo alleata, attraverso la figura di Michele Mole (50 anni), che sarebbe strato coinvolto, opportunamente, nella ripartizione dei proventi degli affari criminali legati alla gestione del porto di Gioia Tauro.
IL BUSINESS AGROALIMENTARE E TURISTICO
Sul piano più generale, le investigazioni del Ros avrebbero messo in luce anche le infiltrazioni dell’organizzazione criminale sia nel settore agroalimentare, documentando le interrelazioni transnazionali strumentali allo sviluppo di questi importanti traffici commerciali, che nel settore turistico-ricettivo, attraverso ingenti investimenti di denaro – che si presume di provenienza illecita – nell’acquisto di strutture alberghiere in zone costiere ad elevata vocazione turistica.
In particolare, nel comparto oleario, dalle indagini emerge la figura degli imprenditori del settore Domenico e Gioacchino Careri (a cui è stata sequestrata un’azienda). Gli inquirenti sostengono che siano da sempre legati a Giuseppe Piromalli e al figlio Antonio, per conto dei quali avrebbero avviato un’ingente attività di esportazione di olio verso gli Stati Uniti, “con la prospettiva di rilevanti introiti derivanti dalla possibilità di commercializzare il prodotto in noti ipermercati americani” e potendo contare, tra l’altro, sull’articolato circuito relazionale di Rosario Vizzari, considerato come un prestanome del sodalizio e stabilitosi da anni nel New Jersey.
Questo meccanismo avrebbe permesso ai Piromalli di penetrare nel mercato americano con prospettive di guadagno e riciclaggio di denaro e, ai Careri, di assumere una posizione rilevante nel settore oleario, vendendo il loro prodotto ad un prezzo decisamente vantaggioso e dissimulando, dietro l'etichettatura di olio extravergine, la vendita di olio di sansa (in alcuni casi persino avariato). Le ipotesi di frode in commercio e contraffazione alimentare sono attualmente al vaglio delle autorità americane, con degli approfondimenti svolti dall'Fbi.
IL DIPENDENDE DEL CONSORZIO REFERENTE DELLA COSCA
Nella distribuzione dei prodotti ortofrutticoli, sarebbe invece emerso che la cosca avesse infiltrato il consorzio Copam, costituito da numerose cooperative calabresi e siciliane, sfruttandone la notevole capacità di approvvigionamento di prodotti agrumicoli, e disponendone sul piano gestionale e commerciale e, grazie al ruolo di Rocco Scarpari, un semplice dipendente ma che di fatto è ritenuto essere stato il vero dominus della cooperativa, in quanto referente della cosca gioiese.
Attraverso questo presunto controllo, definito “rilevante”, il clan sarebbe stato in grado di alimentare sia la grande distribuzione del nord-est italiano che il mercato rumeno.
In particolare, dalle indagini emergerebbe che Antonio Piromalli, anche tramite il socio Alessandro Pronestì, ingerisse nella gestione della Copam, sovrintendendo in prima persona a tutta la filiera commerciale di fornitura dei prodotti agrumicoli - stabilendo tempi, quantitativi e prezzi delle merci da esportare - curando i rapporti con le aziende (ad esempio la Polignanese al Mof di Milano o aziende in Romania) e intervenendo anche nella gestione del personale dipendente del consorzio.
In particolare, nell’ambito delle trattative condotte con alcuni imprenditori rumeni, preoccupati dalla possibile interruzione degli approvvigionamenti, Alessandro Pronestì, che avrebbe agito secondo le direttive di Piromalli, si sarebbe spinto a rassicurare i suoi interlocutori, dicendo che la cooperativa aveva di fatto l’obbligo di rifornire prioritariamente le aziende indicate dall’organizzazione, come si evincerebbe da un’intercettazione: ”forse tu non hai capito una cosa, la cooperativa prima manda a noi e poi se avanza manda agli altri!”.
Le attività del consorzio sarebbero state inoltre utilizzate dalla cosca nelle operazioni commerciali di esportazione dell'olio d'oliva verso gli Stati Uniti. Il Copma, sostengono gli inquirenti, “veniva costretto a garantire il pagamento in anticipo di quanto prodotto dalla società dei fratelli Careri ed a farsi carico dei costi delle ulteriori (e non necessarie) operazioni di intermediazione”. "Glielo hai specificato a Scarpari ... ogni vendita che facciamo fare a lui … già a priori deve sapere che due centesimi li deve mettere in fattura in più per noi", avrebbe sostenuto in un’altra intercettazione Antonio Piromalli.
Per sostenere il “controllo totalizzante” del consorzio da parte della cosca, gli inquirenti evidenziano come Antonio Piromalli stesse prendendo in considerazione di trasferire la sede di Copam all’interno dell’area commerciale del porto di Gioia Tauro sia perché avrebbe trovato le spese degli stabilimenti di Varapodio troppo eccessive, sia per rendere ancora più agevoli le attività di esportazione di agrumi verso gli Stati Uniti.
IL TURISMO E LA FIGURA DI COMERCI
Infine, per quanto concerne il settore turistico-ricettivo, le investigazioni condotte dal Ros darebbero conto del profilo imprenditoriale di Nicola Francesco Comerci che, nel corso degli anni, avrebbe saputo creare un impero economico ma, sempre secondo la tesi investigativa, “avvalendosi dei capitali e della protezione della cosca, soddisfacendone ogni richiesta: dalla gestione dei latitanti, agli investimenti nel settore immobiliare, all’inserimento di ditte di riferimento del sodalizio nelle forniture alberghiere”.
Questo collegamento emergerebbe in modo ancora palese in occasione del tentato omicidio del figlio Andrea, avvenuto nel giugno del 2015 a Parghelia (nel vibonese), che avrebbe spinto l’imprenditore a rivolgersi ad esponenti della cosca Piromalli affinche fosse individuato l’autore dell’azione delittuosa.
Tra i destinatari del provvedimento vi sono poi Cinzia Ferro e Teresa Cordì (rispettivamente moglie di Nicola Rucireta e sorella di Francesco Cordì, già destinatario del provvedimento di fermo il 26 gennaio scorso). Secondo gli inquirenti, per conto del sodalizio, avrebbero fatto da prestanome nella gestione di imprese inserite nei servizi di pulizia e catering di alcune strutture turistiche riconducibili ad importanti società di settore, nonché nel ramo dell’abbigliamento, con punti vendita in alcuni centri commerciali della provincia di Milano e Udine.
Nelo steso contesto, poi, è stato eseguito anche il sequestro preventivo confronti del Consorzio Copam (con un fatturato di oltre 20 milioni di euro) e della società Sgf Fratelli Careri, con sede legale a Milano e stabilimento a San Ferdinando (Reggio Calabria), che opera nella produzione e nel commercio dell’olio di oliva.
I DESTINATARI DEL PROVVEDIMENTO
In carcere: Domenico Careri, detto “J.R.”, nato a Gioia Tauro il 9 febbraio 1962; Gioacchino Careri, nato a Gioia Tauro il 25 dicembre 1991; Nicola Francesco Comerci, nato a Nicotera l’11 dicembre 1947; Michele Molè, detto “Michelino”, nato a Taurianova il 21 dicembre 1966; Rocco Scarpari, nato a Taurianova il 10 febbraio 1969; Annunziata Sciacca, nata a Vibo Valentia il 7 luglio 1968. Già detenuti: Giuseppe Piromalli, nato a Gioia Tauro il 04 gennaio del 1945 e Giuseppe Antonio Trimboli, nato a Oppido Mamertina il 09 agosto del 1961.
Ai domiciliari: Teresa Cordì, nata a Reggio Calabria l’8 agosto 1974; Cinzia Ferro, nata a Milano il 17 luglio 1973; Antonio Piromalli, detto “’U Catanisi”, nato a Gioia Tauro il 4 dicembre 1939. Obbligo di dimora: Vittorio Minniti, nato a nato a Gioia Tauro il 24 aprile 1988.