Processo “Provvidenza”, undici le condanne: 20 anni al figlio di “Facciazza”
Otto le assoluzioni, undici le condanne con pene che vanno da un minino di due ad un massimo di vent’anni di carcere. Si conclude così il processo originato dall’operazione “Provvidenza” contro la cosca dei Piromalli, potente clan della Piana di Gioia Tauro.
Vent’anni di reclusione è quanto inflitto al presunto capo del sodalizio, Antonio Piromalli (46 anni), figlio di Pino “Facciazza” (da 20 anni al carcere duro ma che, secondo gli investigatori, non avrebbe mai mollato il comando); e per Domenico Stanganelli, considerato dagli inquirenti come organico alla cosca dei Molè, e che aveva optato per l’abbreviato (LEGGI).
Antonio, proprio volere del padre, si era trasferito a Milano, così da “abbassare” l’attenzione su di lui tanto da parte delle altre famiglie di ‘ndrangheta che, ovviamente, da parte delle forze dell’ordine.
Nel capoluogo lombardo, però, il “giovane” avrebbe impiantato la nuova base della cosca, sebbene Gioia Tauro sarebbe rimasta comunque la roccaforte della famiglia.
Figure centrali, ovvero punti di riferimento sul posto per suo conto sarebbero stati Girolamo Mazzaferro e Pasquale Guerrisi, che si sarebbero occupati degli affari illeciti.
I cognati di Antonio, Francesco Cordì e Francesco Sciacca, avrebbero invece gestito i collegamenti con Milano tramite i cosiddetti “pizzini” che Guerrisi avrebbe avuto il compito di ricevere e consegnare ai destinatari.
L’inchiesta avrebbe fatto luce sugli interessi economici del clan: dalla frutta agli alberghi, dal narcotraffico alle grandi firme.
Affari che non avrebbero avuto confini spaziando da Nord a Sud del Paese, controllando apparati imprenditoriali, soprattutto nell’immobiliare e agroalimentare, ed estendendosi finanche negli Stati Uniti, dove avrebbero invece controllato la rete di distribuzione di prodotti oleari.