I nuovi business dei Piromalli. Operazione “Provvidenza”: la Dda vuole tutti a giudizio
Frutta, alberghi, narcotraffico, grandi firme: gli affari della potente cosca reggina dei Piromalli non avrebbero confini.
Da sud a nord dell’Italia: a partire dalla “penetrazione” nel tessuto economico della Piana di Gioia Gauro e dalla capacità del clan di controllare gli apparati imprenditoriali, soprattutto quelli nei settori immobiliare e agroalimentare.
Ma anche gli interessi in Lombardia, dove si sarebbero infiltrati nel mercato ortofrutticolo di Milano; o all’estero, in particolare negli Stati Uniti, dove avrebbero invece controllato la rete di distribuzione di prodotti oleari.
Dunque, dall’ortofrutta all’edilizia, dal turismo ai centri commerciali, una longa manus quella dei Piromalli in nuovi business che, secondo gli inquirenti, sarebbero stati utilizzati in realtà per “ripulire” il denaro sporco.
Questo lo spaccato che emergerebbe nell’ambito dell’Operazione Provvidenza, scattata nel gennaio scorso, portando al fermo di oltre trenta persone - ritenute far parte della cosca egemone nel mandamento tirrenico reggino - e al sequestro di beni per un valore importante, circa 40 milioni di euro.
Per tutti i coinvolti arriva oggi la richiesta della Dda di rinvio a giudizio; la fissazione dell’udienza preliminare dovrebbe arrivare dopo il prossimo 2 di novembre.
Indagato principale il figlio di “Facciazza”, il presunto boss Pino Piromalli da 20 anni al carcere duro ma che, secondo gli investigatori, non avrebbe mai mollato il comando del clan.
Al centro dell’inchiesta, dunque, il figlio Antonio, 45 anni. Scontata la condanna del processo “Cent’anni di storia” il padre avrebbe deciso di farlo trasferire a Milano, così come è stato, per abbassare l’attenzione delle forze dell’ordine.
LA TESI è che nel capoluogo lombardo, però, il “giovane” Piromalli avrebbe impiantato la nuova base della cosca, sebbene la roccaforte sia sempre rimasta Gioia Tauro.
Qui - e sempre in base alla ricostruzione degli investigatori - le figure centrali, punti di riferimento in loco per Antonio sarebbero stati Girolamo Mazzaferro e Pasquale Guerrisi: per conto di Piromalli occupandosi degli affari illeciti della cosca.
Francesco Cordì e Francesco Sciacca, entrambi cognati di Antonio, avrebbero invece gestito i collegamenti con Milano tramite i cosiddetti “pizzini” che Guerrisi avrebbe avuto il compito di ricevere e consegnare ai destinatari.