Imprenditori “arieti” del clan negli appalti pubblici, cautelati i beni: maxi sequestri per 127mln

Reggio Calabria Cronaca

Un altro sequestro di beni, questa volta da circa 7 milioni e mezzo di euro, ha interessato le proprietà considerate nella disponibilità indiretta di Giuseppe e Luigi Bagalà, rispettivamente di 62 e 73 anni, ed entrambi membri dell’omonimo e noto gruppo imprenditoriale di Gioia Tauro che opera nel settore degli appalti pubblici.

Ad eseguire il provvedimento sono stati i finanzieri di Reggio Calabria e dello Scico, il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo dello Stretto.

La misura di oggi arriva - su richiesta dell’Aggiunto Calogero Gaetano Paci e del Sostituto Gianluca Gelso - al termine delle indagini economico-finanziarie svolte dalle fiamme gialle e che hanno portato ad individuare e cautelare sette fabbricati di pregio tra Milano e Gioia Tauro, e in quest’ultima oltre che a Taurianova anche di 16 terreni, di cui vigneti, uliveti e frutteti dell’estensione di circa 7 ettari.

Il sequestro fa seguito ad altri due eseguiti nei confronti della stressa famiglia imprenditoriale, effettuati sempre su richiesta della Dda.

In particolare ci si riferisce a quello del luglio scorso, che portò all’emissione dei sigilli sui compendi aziendali e le quote societarie di 11 imprese impegnate nella realizzazione di grandi opere edili e infrastrutture; oltre che su ben 161 immobili (tra fabbricati e terreni), ma anche autovetture e beni di lusso; il tutto per circa 115 milioni di euro (LEGGI).

A gennaio di quest’anno, invece, furono “bloccatirapporti finanziari, bancari e assicurativi per un valore di quasi 4,7 milioni.

GLI SVILUPPI DELLE OPERAZIONI PRECEDENTI

Tutti i provvedimenti traggono origine dagli approfondimenti patrimoniali svolti nel corso di oltre due anni dai Finanzieri che hanno valorizzato appieno le risultanze delle attività investigative eseguite nell’ambito di alcune importanti operazioni.

Come quella denominata “Ceralacca”, conclusasi con l’esecuzione, tra il 2012 e il 2014, di 25 provvedimenti restrittivi personali (LEGGI) nei confronti, tra gli altri, proprio di Giuseppe e Francesco Bagalà (29 anni), accusati a vario di associazione per delinquere finalizzata alla turbata libertà degli incanti, corruzione e rivelazione di segreti d'ufficio.

All’epoca vennero sequestrate anche 15 imprese, beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie per un valore stimato in circa 48 milioni.

Un altro blitz che ha interessato gli imprenditore è l’operazione “Cumbertazione”, conclusasi nel 2017 con 27 arresti (LEGGI), tra cui sempre Giuseppe, Francesco (29) e Luigi Bagalà, ma anche Francesco Bagalà (di 42 anni).

Gli investigatori li ritennero responsabili di associazione per delinquere di tipo mafioso e aggravata, di turbata libertà degli incanti, di frode nelle pubbliche forniture, corruzione e falso ideologico in atti pubblici.

Anche allora scattò un sequestro ed anche imponente che attinse beni per circa 224 milioni di euro, colpendo in particolare 44 aziende.

Infine l’operazione “Martingala” (LEGGI), condotta in sinergia con la Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria, nei confronti di quello che venne definito come un “articolato sodalizio criminale” a cui si contestò l’associazione mafiosa, il riciclaggio e l’autoriciclaggio, l’associazione a delinquere finalizzata all’emissione di fatturazioni false, con l'aggravante - per alcuni degli indagati - del metodo mafioso.

L’operazione - in cui ed allo stato risultano indagati Giuseppe e Francesco Bagalà - si è conclusa nei primi mesi del 2018 con 27 arresti e sequestri su 51 società (anche estere), partecipazioni sociali, beni mobili e immobili e disponibilità finanziarie per un totale di 119 milioni di euro.

Le investigazioni puntano a dimostrare come il gruppo imprenditoriale dei Bagalà avesse delle cointeressenze con la cosca di ‘ndrangheta dei Piromalli, operativa nella Piana di Gioia Tauro.

Secondo l’accusa, attraverso gli imprenditori il clan avrebbe acquisito il controllo del settore degli appalti indetti dai maggiori comuni della zona ma anche e da altri enti - tra i quali c’è l’Anas - e la gestione di flussi economici con lo scopo di riciclare ingenti somme di denaro derivanti da fondi neri che sarebbero stati creati attraverso delle attività economiche ritenute “illecite”.

Con i provvedimenti eseguiti il patrimonio sequestrato ai Bagalà, e secondo le stime degli stessi inquirenti, raggiungerebbe il valore di oltre 127 milioni di euro.