LETTERE. Conti in sanità: cambia solo il sesso del ministro ma i commissari restano
Riceviamo e pubblichiamo.
“Caro Riccardo Iacona nel tuo reportage “Lasciati Soli” di Presa Diretta di lunedì 6 Marzo 2017 hai chiaramente dimostrato come i disabili e le loro famiglie sono abbandonati dal sistema sanitario nazionale. Ci hai anche informati che vi sono delle sensibili differenze di tra regione e regione nel senso che le regioni che hanno “i conti sanitari in regola” fanno di più e le regioni che hanno “i conti sanitari non in regola” fanno molto di meno per i disabili e le loro famiglie.
Vorrei osservare che chi decide sulla “regolarità dei conti sanitari” delle regioni è invece proprio la causa della irregolarità dei conti e mi riferisco ai ministri della salute e ai loro governi. La Calabria è una delle regioni per cui i ministri della salute e i governi che si sono succeduti dal 2009 ad oggi hanno deciso che i conti non erano in ordine e hanno imposto prima il piano di rientro e poi il commissariamento.
L’errore iniziale di questa valutazione è il criterio della ripartizione dei fondi sanitari alle regioni basato fin dal 1999 sul calcolo della popolazione pesata che attribuisce più soldi alle regioni con più anziani e meno soldi a quelle con più giovani come la Calabria e le altre regioni del sud.
Si dà il caso che la regione Calabria ha tra i suoi circa due milioni di abitanti almeno duecentomila malati cronici in più di altri due milioni di italiani di confronto. Ci vuole poco a capire che per curare questo enorme numero di malati cronici in più è normale spendere di più ed è altrettanto facile comprendere che se i finanziamenti sono ridotti a causa del sopracitato criterio di riparto, “sforare” non è soltanto possibile ma è dovuto proprio per poter curare i molti malati cronici in più.
La risposta dei governi e dei ministri della salute è stata, invece di adeguare i fondi alla maggiore numerosità delle malattie, quella di un calcolo puramente economico che ha deciso della “irregolarità dei conti” della Calabria e ci ha imposto da ormai otto anni il piano di rientro e da cinque il commissariamento che hanno significato ulteriori tagli ai finanziamenti già ridotti con l’impossibilità dei calabresi di potersi curare adeguatamente, il tutto certificato dall’ultimo rilevamento dell’applicazione dei LEA in Calabria che nel 2016 sono scesi al minimo storico.
Sottofinanziamento, maggiore prevalenza delle malattie, LEA ai minimi storici, grave peggioramento della salute dei calabresi e maggiore mortalità degli stessi non sono elucubrazioni del dottor Nanci, medico di famiglia a Catanzaro, che pure ha i suoi dati perché lavora in collegamento con altri mille medici di famiglia italiani e può quindi confrontare i dati della Calabria con quelli delle altre regioni e dell’Italia intera, ma sono dati di pertinenza di tutte le istituzioni che si interessano di sanità in Italia come (solo per citarne alcuni): 1) tabelle ISTAT 2) commissioni sanità di Camera e Senato che ogni mese di Dicembre discutono da ormai 12 anni i “RAPPORTI SANITA’ CREA”, 3)Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici con un documento denuncia del luglio 2016, 4)ministro della salute Fazio che fin dal 2011, solennemente a Napoli, dichiarava che massimo due anni il criterio attuale di riparto “imperfetto” (così lo ha definito egli stesso) che penalizza le regioni del sud sarà cambiato (ovviamente il criterio imperfetto è ancora applicato), 5) decreto n. 103 del commissario Scura del 30/09/2015 che recita “la Calabria ha almeno il 10% di malati cronici in più”, 6) conferenza stato regioni che nel riparto del febbraio 2017 hanno timidamente modificato i criteri e hanno assegnato alla Calabria 29 milioni di euro in più. In Calabria, come in gran parte del sud, il sottofinanziamento e i commissariamenti, con i loro tagli hanno impedito ai cittadini di curarsi bene e hanno creato un grande numero di malati cronici non autosufficienti in aggiunta ai disabili.
Ma se i disabili e i non autosufficienti sono abbandonati in Calabria più che nelle altre regioni, qui vi è un altro fattore drammaticamente aggravante: la distruzione delle famiglie calabresi. Se in passato anche in Calabria la famiglia si è sostituita al sistema sanitario e al welfare per la gestione della disabilità e la non autosufficienza da adesso e ancora di più in futuro non lo potrà fare perché le famiglie calabresi sono ormai smembrate dalla nuova emigrazione dei giovani calabresi non inferiore a quella degli emigranti (o briganti) del dopo Unità d’Italia e a quella degli anni sessanta e settanta del 1900.
I disabili calabresi e i non autosufficienti saranno drammaticamente soli abbandonati sia dal SSN preoccupato solo di calcoli economici che dalle famiglie ormai smembrate. Aggravante di tutto ciò è che la sia la politica locale che quella nazionale sono impegnate solo in un confronto sulla costruzione di nuovi ospedali in Calabria quando sia la disabilità sia la cronicità e la non autosufficienza per definizione non si curano in ospedale ma con una efficiente sistema di cure territoriali.
Nel tuo reportage hai intervistato anche la ministra Lorenzin che, per suo annuncio stesso, ha fatto una dichiarazione “rivoluzionaria” e cioè che “i piani di rientro e i commissariamenti non hanno raggiunto i loro scopi e che bisogna ridare alle regioni le loro competenze in materia di sanità”, insieme (aggiungo io) ai giusti finanziamenti rapportati alla numerosità delle malattie. La ministra Lorenzin sarà “rivoluzionaria” ma è da tre anni che mantiene i Calabria non uno ma due commissari, di cui uno è proprio un suo diretto referente. Diremo: “E’ stata come il ministro Fazio che nel 2011 promise ma nulla fece”.
Giacinto Nanci, medico di famiglia a Catanzaro
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