I “nuovi schiavi”: 13 ore di lavoro senza garanzie. Scatta il blitz contro il “caporalato”
Costretti per pochi euro a lavorare per orari assurdi, in condizioni igieniche a volte disumane, senza poter sperare in neanche un giorno di riposo o in qualsiasi altro diritto garantito. Un fenomeno, quello del “caporalato” diffuso soprattutto in Calabria ma anche in Basilicata, Campania, Lazio, Puglia e Sicilia e tipico prevalentemente del settore agricolo e poi allargatosi all’edilizia, al manifatturiero come alla ristorazione e al turismo.
Reggio Calabria, Caserta, Foggia, Latina, Potenza e Ragusa: cinque province di altrettante regioni italiane dove stamani è scattata l’operazione non a caso denominata “Freedom”.
L’obiettivo delle squadre mobili dei rispettivi territori, coordinate dallo Sco della Direzione Centrale Anticrimine, è stato quello di contrastare il “caporalato” e il malcostume delle assunzioni “in nero”, soprattutto di manovalanza extracomunitaria.
UN “SISTEMA” ormai radicato e senza regole, non avendo alcun rispetto di norme contributive e previdenziali, di sicurezza sui luoghi di lavoro. In molti casi vere e proprie forme di riduzione in schiavitù perpetrate dai cosiddetti caporali, degli intermediari tra la domanda e l’offerta.
Il bilancio dei controlli a tappeto è di 235 persone identificate (tra datori di lavoro e dipendenti), e 26 aziende setacciate tra Reggio Calabria, Caserta, Foggia, Latina, Potenza e Ragusa.
Nella provincia calabrese eseguite in particolare 46 perquisizioni con lo scopo anche di accertare l'eventuale possesso di armi, esplosivi e strumenti di effrazione; elevate quattro sanzioni amministrative per irregolarità nei trattamenti retributivi, previdenziali e fiscali.
LE STORIE DEI NUOVI SCHIAVI
Uno spaccato di vita quello rilevato dalla polizia che lascia sgomenti. Operai, braccianti e quant’altro, come dicevamo, per lo più stranieri che hanno abbandonato le loro terre per cercare condizioni di vita migliori nel nostro Paese e che, invece, si sono trovati a lavorare, ad esempio, per 13 ore continuative, dalle 6 del mattino fino alle 19 di sera per 25 euro giornalieri, un importo appena sufficiente per comprarsi da mangiare o acquistarsi qualche vestito.
Condizioni a volta al limite della sopravvivenza: molti dei “nuovi schiavi” hanno raccontato come il caldo insopportabile delle serre provocasse loro un costante mal di testa ed un perenne stato di confusione. Ma nessuno avrebbe avuto il coraggio di lamentarsi, per paura di essere licenziato e perdere anche quel benché minimo salario che gli consentisse di sopravvivere.