Omicidio magistrato Caccia: Rocco Schirripa condannato all’ergastolo
È arrivata ed è anche bella dura la condanna nei confronti di Rocco Schirripa, accusato dell’omicidio del magistrato Bruno Caccia, avvenuto nel giugno del 1983 per mano di un commando della 'ndrangheta.
La Corte d'Assise di Milano, come atteso, ha sentenziato oggi pomeriggio la pena dell’ergastolo per colui che si riteneva “un capro espiatorio”. Schirripa, impassibile, ha ascoltato la sentenza in piedi nella gabbia riservata agli imputati.
I giudici, presieduti da Ilio Mannucci Pacini, hanno accolto la richiesta di condanna all'ergastolo da parte del pm della Dda milanese Marcello Tatangelo, il cui errore procedurale aveva determinato l'annullamento di un primo processo sempre a carico di Schirripa.
Per il Pubblico Ministero, invece, non è certo se sia stato Schirripa a premere il grilletto contro il magistrato, ma è sicura la sua presenza nel 'commando' della 'ndrangheta.
Schirripa dovrà inoltre provvedere a dei risarcimenti in favore delle parti civili: Regione Piemonte, Comune di Torino, Presidenza del Consiglio e Ministero della Giustizia, sempre da liquidarsi in separata sede.
Le figlie del magistrato assassinato, Paola e Cristina Caccia, hanno detto a caldo: "C'è ancora molto da fare, speriamo che non finisca qui. Ci sono ancora tante cose da indagare e da aggiungere. Siamo d'accordo con la sentenza - hanno aggiunto - dalle intercettazioni emergeva che Schirripa ha avuto un ruolo, anche se non si è capito quale".
"Avevamo indicato indizi e responsabilità compatibili con quanto emerso in questo processo - ricordano le sorelle Caccia che hanno dato l'imput alle indagini ed hanno fatto riaprire il caso con un esposto - ma ci è stato detto, e questo abbiamo faticato ad accettarlo, che il processo doveva restare nel perimetro delle responsabilità di Schirripa. Non possiamo dire che giustizia è stata fatta, sul movente c'è ancora molto da fare e da capire. Ora speriamo che si possa allargare. Ci fa arrabbiare che sia passato tutto questo tempo, 34 anni, e che siano sempre i familiari a dover pungolare la giustizia per chiedere chiarezza".