Agricoltori. È allarme cinghiali: troppi danni e situazione fuori controllo

Calabria Attualità

I danni da fauna selvatica, ormai da tempo, sono divenuti insostenibili; l’indice è puntato contro i cinghiali in particolare che stanno devastando il territorio calabrese. Una situazione grave, insostenibile e non governata mentre anche gli incidenti sono in continuo aumento.

La denuncia arriva dal mondo agricolo regionale, in particolare dai rappresentanti delle tre Sigle principali del settore: Alberto Caputi di Confagricoltura Calabria, Nicodemo Podella della Cia-Agricoltori Italiani Calabria e Luigi Iemma di Copagri Calabria.

Le associazioni ribadiscono come da anni denuncino ciò che, a loro dire, si sta puntualmente verificando, e come il fenomeno sia stato sottovalutato a livello Istituzionale. Negli anni, affermano, “sono stati convocati più volte tavoli e riunioni durante i quali sono stati sempre promessi interventi, anche straordinari, che puntualmente non sono mai arrivati”.

Di contro, denunciano sempre le associazioni, per soddisfare le richieste del mondo venatorio, sono state attuate ripetute campagne di immissioni e ripopolamenti, in particolare di cinghiali di specie alloctone, dalle dimensioni e prolificità elevate, anche in territori dove il cinghiale non è mai esistito.

“Il risultato – affermano Caputi, Podella e Iemma - è stato occupazione e distruzione di quanto da essi incontrato. Finite le scorribande dei cinghiali sui seminativi, adesso – proseguono - sono presi di mira i campi di ortaggi e soprattutto i vigneti, anche quelli che garantiscono le produzioni di pregio in tutta la Calabria, con danni consistenti per la produzione ma anche agli stessi impianti”.

A tutto ciò si aggiungerebbe poi la problematica sanitaria: “diversi capi abbattuti – spiegano infatti dalle associazioni di categoria - sono risultati affetti da tubercolosi, in base a quanto accertato dai servizi veterinari; essendo il cinghiale animale selvatico e in continuo movimento, è assai probabile la diffusione della malattia. Ciò sarebbe catastrofico per il settore zootecnico calabrese”.

Una situazione, dunque, che viene definita “fuori controllo”. “Se oggi siamo in emergenza – sbottano ancora dagli agricoltori - significa che la gestione ed il sistema di caccia finora attuati sono stati inefficaci; di fatto hanno fallito! Bisogna tener presente che le esigenze degli agricoltori e dei cittadini non sono quelle del mondo venatorio; i due interessi vanno tenuti separati e distinti. Infatti, è impensabile affidare il ‘governo’ di una partita così complessa ai soli cacciatori”.

Per Caputi, Podella e Iemma è invece necessario avere il coraggio di apportare delle sostanziali modifiche all’attuale sistema di caccia, tra le quali la rotazione annuale delle squadre di caccia nelle aree assegnate. “Questa e altre misure – sostengono - potrebbero risultare impopolari ad alcuni, ma riteniamo che il cibo e l’incolumità fisica delle persone siano sempre un gradino più in alto!”.

“Gli interventi messi finora in campo dalla Regione Calabria con il selecontrollo – continuano i tre rappresentanti - sono stati solo alcune gocce nel mare; vanno attuate immediatamente misure adeguate e mirate di contenimento, come deliberato in questi giorni in Toscana, quali la “braccata” bisogna affidare gli abbattimenti a “personale istituzionale” ed ai proprietari e conduttori dei fondi muniti di porto di fucile e licenza di caccia, per come si è espressa di recente anche la Corte Costituzionale”.

Piani che secondo gli addetti ai lavori andrebbero predisposti, con urgenza, anche nei Parchi e nelle Aree Protette, in particolare nel Parco Regionale Naturale delle Serre. Ad oggi la mancanza di provvedimenti efficaci, da parte della Regione Calabria, starebbe infatti generando delle forti tensioni e contrapposizioni tra diverse squadre che esercitano la caccia al cinghiale e gli agricoltori.

“Invitiamo la Regione Calabria ad accogliere le richieste degli agricoltori a tutela delle produzioni, apportando le necessarie modifiche al Disciplinare per la gestione faunistica-venatoria del Cinghiale, che – concludono Caputi, Podella e Iemma - ancora una volta, se venisse adottato come proposto, dimostrerà sudditanza nei confronti di una categoria sportiva che non produce reddito, disinteressandosi e vessando coloro che producono cibo per se stessi e per tutti i cittadini”.