Donadi (Idv) a Reggio Calabria: “Non possiamo più essere il paese dei campanili”
Chi immaginava che fosse il prossimo futuro di Reggio il soggetto principe del dibattito organizzato da Italia dei valori, con la partecipazione del presidente dei deputati Massimo Donadi “sulla città metropolitana per la regione dello Stretto”, sbagliava. Il presupposto sul quale si è articolato il ragionamento proposto da Idv, e che ha trovato conforto nelle tesi dei professori José Gambino e Edoardo Mollica, è che 300 mila abitanti sono un’utenza troppo esigua per consentire che la scatola emblematica di un nuovo sviluppo a rete, sortisca risultati adeguati alle aspettative. Serve invece intraprendere al più presto una gestione integrata e sinergica dell’apparato amministrativo delle province di Reggio e Messina per ottimizzare le specialità dei due ordinamenti diversi cui esse appartengono, statuto ordinario la prima, speciale la seconda, considerato che entrambe si fregiano di un titolo che, senza mettere in campo economie di scala, sortirebbe ben poco. L’ha detto il presidente della Provincia di Reggio, Pino Morabito, l’ha scritto Nanni Ricevuto per la provincia di Messina, affrontando la necessità di consolidare i rapporti istituzionali fra enti provinciali al fine di realizzare una integrazione fra i due territori e le due comunità. L’ha sottolineato il sindaco di Reggio Peppe Raffa. Anche se da posizioni politiche distanti, a tendergli una mano è stata la tesi abbracciata da Enzo Tromba, responsabile Idv degli Enti locali e coordinatore dell’evento, introdotto da Maurizio Feraudo, che, mettendo insieme analisi statistiche e antropologia, ha spiegato che Reggio e Messina se andasse in porto la “città-regione dello Stretto” attiverebbero un processo virtuoso che potrebbe posizionarle al centro delle strategie future per la competitività che diventa sempre più stringente nell’area del Mediterraneo. «Per il presidente del Consiglio provinciale e consigliere regionale dell’Idv, Giuseppe Giordano, «l’idea di una regione dello Stretto si incunea alla perfezione nel movimento europeo che chiede una governance forte per alimentare i venti favorevoli che porteranno a incentrare le nuove politiche economiche dell’Europa proprio verso i nuovi mercati del Mediterraneo, per i quali l’area metropolitana assumerà una posizione baricentrica». Una logica che coopta il progetto del ponte come ineludibile? Secondo Gambino, a parte il coinvolgimento diffuso delle due città su questo tema, «certamente sì, a patto però che si smetta di pensare al ponte come a un manufatto da realizzare “sullo” Stretto, ma “per” lo Stretto e ciò ne cambierebbe i condizionamenti. A suo avviso infatti se prevalesse l’idea-forza del ponte sullo Stretto, essa attrarrebbe esclusivamente elementi mobili come treni, camion, auto, con riflessi economici irrilevanti. Ma, se in virtù del “pensare globalmente, per agire localmente” si lavorerà in direzione di un ponte “per” lo Stretto allora sì che il richiamo andrà verso la localizzazione di strutture stabili in diversi campi economici». L’occasione offerta dal dibattito fra Idv e tecnici ha dato modo a Mollica di proporre l’istituzione di un tavolo di concertazione per la messa a punto di un programma operativo finalizzato alla città metropolitana dello Stretto, ma per Donadi che ha tirato le fila dei diversi discorsi nelle sue conclusioni, parlare di tavoli per la concertazione è ancora prematuro. Dopo un inciso sulla fine del berlusconismo, qualunque sia l’esito del voto con il quale si esprimerà il 14 dicembre il Parlamento, Donadi è ripartito dalle sfide decisive da affrontare «una volta che, finito il tempo dei cieli azzurri e dei racconti sulle famiglie felici, gli italiani saranno richiamati alla responsabilità di far cambiare pelle alla politica». «Chiarezza e responsabilità, sono le voci chiave da coniugare – ha detto il capogruppo di Idv a Montecitorio – anche perchè, se ripresa ci sarà, essa arriverà senza nuovo lavoro. E qui sarà più grave che altrove, perchè il nostro Paese da 20 anni spende più di quello che produce, senza la consapevolezza che siamo una bellissima macchina con uno splendido motore, ma assemblata male». «Non possiamo più essere il Paese dei campanili – ha concluso Donadi – ma bisogna avere il coraggio di conurbare tutti i 108 Comuni con meno di 2000 abitanti, perchè per essere competitivi bisogna poter agire in aree più vaste e ridurre i livelli di rappresentanza». In questa logica, a suo avviso, l’area metropolitana assume una dimensione utile, ma solo se si sostituirà alle province inglobandone i due territori.