Gc Catanzaro: alternanza scuola-lavoro porta “sfuttamento e precarietà”
“Nell'ultimo triennio della scuola secondaria studenti e studentesse saranno obbligati a sostenere un monte ore di lavoro che costituirà elemento determinante nella valutazione: 200 ore nel triennio dei licei, 400 ore nel triennio di tecnici e professionali, presso aziende oppure musei, enti no profit, camere di commercio. Lo studente dovrà quindi accompagnare il suo percorso di studi con quello che, seppur solo nelle intenzioni, si presenta come un percorso lavorativo formativo ed inerente al percorso di studi intrapreso. Con l'introduzione della Carta dei Diritti e dei Doveri, la riforma intende "accettarsi" che le tutele le garanzie e i diritti degli studenti vengano rispettate, affiancando ad esempio figure di tutor agli studenti, per rendere più fruttuosa la loro esperienza”.
È la nota che esprime tutta la perplessità di Rifondazione Comunista di Catanzaro riguardo ai percorsi formativi di alternanza scuola-lavoro, introdotti nel 2005 dalla legge 107 della Buona Scuola.
“Le cronache di questo esperimento ci raccontano di un disastro annunciato, con un impianto debole colpito da disservizi, malfunzionamenti ma soprattutto elementi di disagio per gli studenti: sottrazione sistematica del tempo di studio, scarsissima inerenza tra percorsi di studio e ambiti lavorativi, mancanza di tutor, assenza di controlli e vigilanza sul reale operato svolto dagli studenti nelle aziende” – prosegue la nota firmata giovani comunisti che osteggia “il trionfo della precarietà, del lavoro non pagato, della deregolamentazione selvaggia fanno da sfondo ad uno svuotamento definitivo del valore degli assi portanti della nostra Costituzione. È l'apoteosi del liberismo”.
“È per questo semplice fatto che consideriamo illogico inserire uno strumento come la Carta dei Diritti e dei Doveri che funga da contrappeso a una scelta completamente priva di qualsiasi riscontro pedagogico ma anche sociale: palese si dimostra infatti il totale asservimento di questa scelta alla logica dello sfruttamento e della precarietà che assurge a regola, della mercificazione dei saperi a logiche aziendalistiche”.
“E' l'ennesimo colpo inferto ad un impianto irrinunciabile di diritti: quello alla formazione e quello al lavoro, quello allo studio e quello alla equa retribuzione. Gli ambiti lavorativi frequentati per nulla inerenti al percorso di studio che si sta effettuando, la mancanza di risorse e di personale e le carenze che si sono verificate in molte situazioni sono poi il manifesto più evidente del fallimento di quella che però è bene definire ex ante una scelta politica pessima” – commenta ancora il direttivo del partito.
“In sintesi i Giovani Comunisti ritengono che: l'alternanza deve essere inserita necessariamente in un progetto coerente con il percorso di studi e retribuita nel quadro di un accordo con i rappresentanti di studenti e lavoratori; le aziende scelte (tramite gara pubblica) per l’alternanza devono essere sottoposte a controlli di carattere etico e legale, e che contestualmente si impegnino alla buona riuscita del percorso formativo, senza considerare gli studenti solo alla stregua di unità lavorative a costo zero; gli studenti devono preventivamente (tramite appositi corsi da tenere a scuola) essere formati a livello generale sul diritto del lavoro, ed in particolare sui diritti dei lavoratori e sulle norme di sicurezza sul luogo di lavoro”.