Fata Morgana. Un altro sequestro all’imprenditore Chirico: cautelati quasi 2mln

Reggio Calabria Cronaca

Nel maggio del 2016 l’operazione Fata Morgana aveva portato all’arresto di nove persone accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, turbata libertà degli incanti, trasferimento fraudolento di valori.

Tra questi Giuseppe Chirico, noto imprenditore reggino del settore della grande distribuzione alimentare, accusato di essere “espressione” delle cosche di ‘ndrangheta locali, i Tegano e Condello in particolare.

Solo nel luglio scorso gli è stato già sequestrato un patrimonio di circa 19 milioni di euro (per lo più ipermercati) a cui oggi si aggiunge un nuovo provvedimento della Dda dello Stretto, eseguito dalle fiamme gialle, che ha cautelato disponibilità finanziarie per 1,8 milioni individuate in istituti di credito e assicurativi: si tratta di buoni postali fruttiferi, conti correnti, depositi a risparmio, depositi titoli, polizze assicurative e carte prepagate.

Chirico, nell’ambito dell’indagine “Fata Morgana”, è stato indagato, tra gli altri, per il reato associazione mafiosa. Gli inquirenti gli contestano non solo di essere imprenditore “espressione della ‘ndrangheta nel settore della grande distribuzione alimentare” ma di aver potuto contare in particolare “del costante e continuativo appoggio” dei Tegano e Condello per ampliare i sui interessi e proiezioni anche fuori dal quartiere reggino di Gallico oltre che dall’ambito commerciale, “infiltrandosi nelle settore delle aste immobiliari”.

Sempre secondo la tesi accusatoria avrebbe poi utilizzato i proventi dell’attività delittuosa per finanziare attività economichedi cui gli associati intendevano assumere o mantenere il controllo”.

L’ipotesi è che l’imprenditore, attraverso l’azienda Soral, di cui era socio e amministratore e indicata come “ditta di riferimento” della criminalità organizzata, avrebbe operato in modo da favorire “il gruppo criminale di riferimento”.

In questo contesto investigativo la Procura ha così del delegato al Gico e al Gruppo della Guardia di Finanza, un’apposita indagine economico-patrimoniale, con lo scopo di individuare beni mobili ed immobili riconducibili a Chirico. Gli specialisti delle fiamme gialle si sono pertanto concentrati sulla ricostruzione della capacità reddituale e del complesso dei beni di cui disponevano l’imprenditore e la sua famiglia e sono giunti alla conclusione che vi sia una sproporzione, appunto, tra il profilo reddituale e quello patrimoniale ma, soprattutto, che lo stesso sia un imprenditore “mafioso”.