‘Ndrangheta e imprenditoria: un cartello criminale per il controllo dell’economia, 7 fermi

Reggio Calabria Cronaca

Imprenditori, dipendenti pubblici e professionisti reggini che avrebbero un ruolo rilevante nella ‘ndrangheta locale. È scattata stamani l’operazione “Fata Morgana” che ha portato inoltre al sequestro di società e beni per un valore di oltre 34 milioni di euro.


È in corso di esecuzione, dalle prime luci dell’alba di oggi, un importante blitz condotto dagli uomini del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria e che ha portato ad individuare alcuni imprenditori e professionisti ritenuti partecipi, con ruoli organizzativi, della ‘ndrangheta reggina. Secondo la tesi degli inquirenti si sarebbero svelati i collegamenti di quest’ultima ad una strutturata rete di professionisti capaci di indirizzare le sorti di rilevanti settori dell’economia cittadina.

Le fiamme gialle stanno eseguendo dunque sette fermi di indiziato di delitto a carico di imprenditori, dipendenti pubblici e professionisti, il sequestro di 12 società e beni per un valore che ammonta a circa 34 milioni di euro ed oltre 30 perquisizioni.

I reati contestati sono quelli di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, aggravati dalle modalità “mafiose”.

Le indagini, che sono coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, hanno portato a rilevare la presunta esistenza di quello che è stato definito un vero e proprio cartello criminale, presente ed operante nel territorio di Reggio Calabria, in grado - secondo gli investigatori - di condizionare il regolare svolgimento delle attività economico-imprenditoriali, in particolare quello della grande distribuzione alimentare, sfruttando anche la compiacenza di amministratori pubblici per ottenere, tra l’altro, profitti illeciti.

I DESTINATARI DEL FERMO E LE AZIENDE SEQUESTRATE

I soggetti colpiti dal provvedimento di fermo sono Paolo Romeo, nato a Reggio Calabria il 19 marzo del 1947; Natale Saraceno, nato a Reggio Calabria il 19 gennaio 1963; Giuseppe Chirico, nato a Reggio Calabria il 09 giugno del 1960; Antonio Marra, nato a Reggio Calabria il 15 maggio1955; Emilio Angelo Frascati, nato a Reggio Calabria il 19 novembre 1956; A.I., nato a Cannitello, Villa San Giovanni, il 9 dicembre 1951 e Domenico Marcianò, nato a Reggio Calabria il 13 ottobre del 1983.

Le aziende sequestrate preventivamente in quanto riconducibili alla diretta o indiretta gestione dei soggetti colpiti dal provvedimento restrittivo e pertanto considerate “inquinate” dalla connivenza con gli interessi della criminalità organizzata, sono: lo Studio commerciale Saraceno; il Circolo Pescatori Posidonia Gallico; la Soral Sas con i due supermercati-ipermercati di Gallico; la Perla Srl, gestore dell’ipermercato presso il centro commerciale “Perla dello Stretto” di Villa San Giovanni; quote societarie della D.Emme C. Sun Srl; la “Parma Reggio Distribuzione Srl”, Reggio Calabria; la G.S. Srl di Reggio Calabria, nonché l’unità operativa a Campo Calabro (il “Max Cash and Carry”, nella zona industriale); la “M.C. Sas di Domenico Marcianò & C” di Gallico; la Center Fruit Srl di Reggio Calabria e il "Consorzio La Nuova Perla dello Stretto", con sede a Villa San Giovanni presso l’omonimo centro commerciale.

LA ‘ZONA GRIGIA’ E LE ‘ENTRATURE’ NELLA COSA PUBBLICA

I provvedimenti, a firma del Procuratore Capo Federico Cafiero De Raho e dei Sostituti Rosario Ferracane, Giuseppe Lombardo, Luca Miceli e Stefano Musolino, hanno riguardato soggetti considerati operanti nella cosiddetta “zona grigia”, “a testimonianza - dicono gli inquirenti - dell’ormai assodata evoluzione dei sodalizi criminali che, utilizzando finemente ed in modo sistemico la fitta rete di entrature ed agganci anche nella Pubblica Amministrazione, sono in grado di condizionare l’economia e l’imprenditoria, già sofferenti per l’attuale congiuntura economica, tanto da far emergere un sistema criminale in grado di alterare gli equilibri della classe dirigente ed imprenditoriale della città”.

La Procura reggina ha puntato la sua attenzione sulla redistribuzione dei punti vendita della grande distribuzione alimentare, al termine dello stato di crisi della società GDM Spa e del sequestro delle imprese riferibili agli imprenditori Suraci e Crocè, concentrando, poi, l’indagine sulle attività contemporanee alla riapertura dell’importante centro commerciale villese, “La Perla dello Stretto”.

In particolare, sarebbe emerso un presunto connubio, “strutturalmente organizzato”, tra ndrangheta e professionisti, che avrebbe determinato le sorti dell’aggiudicazione degli stessi punti vendita, nonché la scelta dell’imprenditore della grande distribuzione alimentare che avrebbe dovuto avviare l’attività di “food” nella Perla dello Stretto.

Le indagini eseguite dalle Fiamme Gialle si sono soffermate su due professionisti che, di fatto, hanno curato il riavviamento del centro commerciale villese e “pilotando” l’inserimento di una società - che per gli investigatori sarebbe stata creata ad hoc e facente capo ad un noto imprenditore del settore - come unico ipermercato destinato ad operarvi, gettando così le basi per una redistribuzione delle imprese del settore, dopo il vuoto lasciato dalla crisi della Gdm.

Fra questi spicca il ruolo di noti professionisti reggini che “relazionandosi con una variegata platea di soggetti” è la tesi degli investigatori, avrebbero “fattivamente contribuito alla riapertura della Perla dello Stretto, curandone anche gli aspetti prettamente autorizzativi, interagendo con esponenti della politica e della pubblica amministrazione”.

IL POTERE INTIMIDATORIO

“Esemplificativo del potere intimidatorio, allo stesso tempo incontenibile e discreto” spiegano ancora gli inquirenti, sarebbe la vicenda relativa alla presunta imposizione ai commercianti “minori” della Perla dello Stretto di un contratto consortile deteriore dei loro interessi economici. Mentre alcuni si sarebbero “piegati” per evitare gravi conseguenze, l’unico commerciante che avrebbe osato opporsi si ritrovo il suo negozio distrutto dalle fiamme.

Secondo la procura, dunque, emergerebbe una strutturata rete relazionale, che si ritiene governata da Paolo Romeo, in grado di gestire un enorme potere di indirizzo sulle sorti delle principali attività cittadine, enfatizzato dalla situazione di disoccupazione. “Un sistema asfissiante - lo definiscono gli inquirenti - perché in grado di influenzare anche la pubblica amministrazione e la politica”.

I risultati emersi dalle indagini hanno permesso di quantificare la mole dei capitali investiti nell’“affare” che, solo per l’apertura dell’ipermercato presso il centro commerciale villese, si attesterebbero sul valore di circa 3 milioni di euro.

Le accuse contestate, a vario titolo, sono dunque di associazione a delinquere di stampo mafioso, finalizzata anche all’intestazione fittizia ed all’estorsione.

(Aggiornata alle 11:45)

Tra gli indagati risultano il presidente della Provincia di Reggio Calabria, Giuseppe Raffa; il consigliere provinciale Demetrio Cara; il cancelliere capo della Corte d'Appello di Reggio, l'ex magistrato Giuseppe Tuccio; l'avvocato Rocco Zoccali; l'ex presidente della Reggina calcio, Pino Benedetto.

Paolo Romeo, avvocato, avrebbe avuto un ruolo centrale nell'ambito dell'organizzazione che condizionava la vita economica di Reggio. Condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa, ha scontato tre anni di carcere. Negli anni Settanta fu vicino alla destra extraparlamentare ed il suo nome ricorre anche nelle cronache relative ai moti del '70 per Reggio capoluogo, guidati dalla destra neofascista.

Nel 1981 aderì al Psdi nelle cui liste fu eletto prima consigliere comunale, diventando assessore, poi, nel 1990, consigliere regionale. Nel 1992 fu eletto deputato alla Camera per il Partito Socialista Democratico Italiano nel collegio di Catanzaro. L'11 gennaio 1980 fu arrestato per favoreggiamento nella latitanza di Franco Freda e scarcerato il successivo 22 aprile. Nel 1993 risultò indagato perché indicato da un pentito tra i mandati nel 1970 della strage di Gioia Tauro, e prosciolto in istruttoria nel 1995. Accusato di legami con la 'ndrangheta calabrese, nel luglio 1993 la magistratura richiese alla Camera dei Deputati l'autorizzazione all'arresto.

Nel 1995 fu arrestato in base alle dichiarazioni del pentito della 'ndrangheta Filippo Barreca, ma fu rilasciato poco dopo. La prima sezione della Corte di Assise di Reggio Calabria con sentenza del 12 ottobre del 2000, lo condannò a cinque anni di reclusione con l'accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso. La condanna, ridotta a tre anni e per concorso esterno, diventò definitiva in Cassazione nel febbraio 2004. Nel maggio 2014 risultò coinvolto nell'inchiesta sulla latitanza di Amedeo Matacena che portò all'arresto dell'ex ministro Claudio Scajola, ma fu poi scagionato.