‘Ndrangheta. Blitz nel reggino: sei arresti, sequestrate cinque aziende edili
Sei persone raggiunte da altrettante misure cautelari emesse dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia.
Contestualmente è stato disposto il sequestro di cinque imprese che operano nel settore dell’edilizia e ritenute riconducibili direttamente o direttamente agli indagati.
Questi i risultati dell’operazione denominata “Thalassa”, scattata stamani e in corso di esecuzione da parte della Dia, la Divisione investigativa antimafia del capoluogo dello Stretto, nei confronti delle sei persone accusate dei reati di associazione mafiosa ed intestazione fittizia di beni, con l’aggravante di aver agevolato le cosche locali di ‘ndrangheta dei Tegano e Condello.
SIGILLI PER 11 MILIONI DI EURO
È di 11 milioni di euro il valore delle imprese sequestrate dalla Dia, sotto la direzione del sostituto della Dda, Stefano Musolino, ed il coordinamento del Procuratore Gaetano Calogero Paci. Le aziende in questione verranno affidate alla gestione di un amministratore giudiziario.
Altre 17 persone, oltre agli arrestati, sono indagate invece e a vario titolo, per associazione di tipo mafioso, trasferimento fraudolento di valori, estorsione, reati contro la pubblica amministrazione.
Le indagini avrebbero evidenziato la presunta attività illecita degli arrestati, ritenuti appartenenti alle cosche di Tegano e Condello, operanti nei quartieri di Archi e Gallico alla periferia nord della città calabrese.
L’INFILTRAZIONE NEGLI APPALTI
La tesi è che il sodalizio, attraverso la gestione “di fatto” di alcune imprese, si sarebbe infiltrato negli appalti e nei lavori edili, tanto da acquisirne il pieno controllo e condizionandone l'ordinaria attività.
Ciò avrebbe consentito all’intero “sistema” di beneficiare di ingenti vantaggi economici da poter utilizzare per finanziare altre attività di interesse delle cosche.
Le indagini avrebbero chiarito le vicende relative alla edificazione del “Complesso Immobiliare Thalassa” (da cui prende il nome l'operazione) da parte della società Tegra Costruzioni, che si ritiene abbia fatto da “schermo” agli interessi dei clan nell'edificazione e nella successiva gestione della vendita dei fabbricati realizzati nel complesso.
L’ipotesi è che gli amministratori della Tegra avrebbero ceduto agli esponenti dei Tegano e Condello la selezione della gran parte delle imprese fornitrici e dei compratori degli immobili, ottenendo in cambio la garanzia derivante dalla protezione da parte delle cosche, nonché l'ampliamento dei loro interessi imprenditoriali attraverso la gestione, in una porzione del complesso, di una attività ricettiva.
Gli accordi - per gli inquirenti - erano stati definiti, in tutti i dettagli, tra gli amministratori della società acquirente, già a loro volta coinvolti nel procedimento penale Sistema-Assenzio, ed esponenti di spicco delle cosche interessate, attraverso il “paravento” della società Tegra per eludere la possibile applicazione di misure di prevenzione patrimoniali.
Elemento che sarebbe stato ricostruito grazie alle trattative per l'acquisto di una consistente porzione del fabbricato da adibire a punto vendita di una società della grande distribuzione alimentare.
Gli indagati, inoltre, avrebbero usato dei metodi estorsivi e le intimidazioni, ma anche condizionato l'andamento delle imprese edili, agevolando quelle che avrebbero costituito una diretta espressione della 'ndrangheta e quelle che operassero in maniera strumentale agli interessi della criminalità organizzata.
IL RUOLO DEI DIPENDENTI PUBBLICI “COLLUSI”
L'organizzazione si sarebbe avvalsa anche della disponibilità di dipendenti pubblici. Il responsabile pro tempore dello Sportello Unico Attività Produttive del Comune di Reggio Calabria, in particolare, che avrebbe rilasciato permessi a costruire ed autorizzato successive varianti in maniera illegittima, in violazione di quanto previsto dagli strumenti urbanistici vigenti.
GLI ARRESTATI
Il Gip ha disposto la custodia cautelare in carcere nei confronti di Andrea Vazzana di 51 anni, Francesco Vazzana, di 48 anni, e Francesco Polimeni, di 50, per associazione di tipo mafioso ed illecita concorrenza con minaccia o violenza, aggravati dall'aver commesso i reati nel periodo e nei tre anni successivi all'esecuzione nei loro confronti della sorveglianza speciale divenuta definitiva.
Carcere anche per Demetrio e Salvatore Postorino, di 61 e 63 anni, per associazione di tipo mafioso, illecita concorrenza con minaccia o violenza ed estorsione aggravata. Ai domiciliari invece Francesco Richichi, 49 anni, per estorsione aggravata.
Con la stessa ordinanza è stato disposto il sequestro preventivo delle cinque imprese (due ditte individuali e tre di capitali) riconducibili agli arrestati.
(ultimo aggiornamento 11:38)