‘Ndrangheta al Nord, i giudici: “Rocco Papalia non è più socialmente pericoloso”
Non è più “socialmente pericoloso”. E per questo non deve tornare in carcere. È la decisione dei giudici della Corte d'Appello di Milano che hanno accolto il ricorso presentato dalla difesa del presunto boss Rocco Papalia contro il decreto del Tribunale che dichiarava, il 22 giugno scorso, la sua “persistenza della pericolosità sociale”.
Papalia, ritenuto uno dei più importanti boss della 'ndrangheta radicata al nord, è stato scarcerato il 5 maggio scorso per decorrenza pena.
I giudici della sezione misure di prevenzione avevano infatti stabilito che nei suoi confronti andasse mantenuta la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a Buccinasco, comune a sud del capoluogo lombardo, per 5 anni suggerendogli di “ricercare, compatibilmente con le imperfette condizioni di salute, un lavoro".
Tra gli elementi citati alla base della decisione, figurano “le relazioni degli educatori in carcere”, e non solo. Perché durante il periodo della detenzione Papalia “ha tenuto una condotta modesta”.
Importante per la decisione è la motivazione per cui dopo 25 anni di carcere, Papalia si sarebbe allontanato dagli ambienti malavitosi che invece avevano contraddistinto la prima parte della sua vita.
Per i giudici, dunque, il processo di riabilitazione sociale del detenuto sarebbe stato compiuto, da qui la decisione di accettare le richieste della difesa.
Quanto all'assenza di un’occupazione, la Corte ha messo in evidenza le difficoltà di trovare un’occupazione “per una persona dell’età di Papalia, con un passato carcerario tutt'altro che trascurabile”.
Poi parla della possibilità che a mantenere Papalia sia la moglie, titolare di un bar a Milano. Anche le precarie condizioni fisiche (una invalidità al 75 per cento in un soggetto di 67 anni) ha indotto “a ritenere la non attualità della pericolosità sociale".
Il sostituto procuratore generale Laura Barbaini presenterà ricorso contro la decisione della Corte d'Appello.