Associazione a delinquere per reati fiscali, 14 arresti e 33 mln di euro sequestrati

Cosenza Cronaca

Sono 14 le persone arrestate stamani dalla Guarda di finanza con accuse che vanno dall’associazione a delinquere per reati fiscali alla truffa ai danni dello Stato: 12 le misure cautelari in carcere e due ai domiciliari (perché madri di minori); mentre sono stati sequestrati beni per oltre 33 milioni di euro.

L’attività di indagine, diretta dal Procuratore della Repubblica di Paola, Pierpaolo Bruni, si basa sulle presunte condotte illecite compiute di una associazione a delinquere, con base nell’alto tirreno cosentino ma con ramificazioni in diverse regioni d’Italia, costituita da almeno 14 persone che, attraverso la costituzione e gestione di 24 società intestate a prestanome, avrebbe creato dei finti crediti Iva da utilizzare per compensare il pagamento di contributi, imposte, ritenute e cartelle esattoriali.

I FINTI CREDITI DI IMPOSTA

In particolare gli associati avrebbero costituito e gestito - come amministratori, soci o lavoratori dipendenti - le società ritenute “fittizie” e che, affermano gli inquirenti, non sarebbero state dotate di autonomia gestionale e di una struttura propria ma utilizzate solo per generare contabilmente gli ingenti crediti di imposta che derivavano da costi inesistenti, così da poterli utilizzare – come dicevamo - in compensazione con i debiti fiscali e previdenziali, lucrando vantaggi fiscali e contributivi con un “gravissimo danno” all’Erario e all’Inps, per oltre 33 milioni di euro.

Lo scopo principale sarebbe stato dunque quello di evadere il fisco e di precostituirsi un elevato imponibile previdenziale come base per il trattamento pensionistico.

I militari sostengono dunque che per questo gli arrestati avrebbero compiuto delle operazioni simulate - oggettivamente e soggettivamente - anche avvalendosi di documenti falsi: presentando cioè nella dichiarazione annuale Iva degli elementi passivi fittizi (con conseguenti ingenti crediti dell’Imposta) che sarebbero stati privi di qualsiasi giustificazione. Le eventuali somme dovute non sarebbero poi state effettivamente versate all’Erario utilizzando in compensazione i crediti inesistenti.

LE FALSE RETRIBUZIONI PER OTTENERE LA PENSIONE

Inoltre avrebbero percepito delle retribuzioni (false), in alcuni casi di milioni di euro, ingannando l’Inps sulla loro effettiva percezione. Così si garantivano di precostituirsi un imponibile previdenziale, sempre di milioni di euro, che diventava utile base di calcolo per la futura pensione.

Le 24 società interessate erano sparse nel territorio nazionale ed attive nei più svariati settori economici come la pubblicità, parchi divertimento, locazione di immobili, fabbricazione di macchine per alimenti e bevande, ristorazione, noleggio autovetture, pubbliche relazioni, ricerche di mercato e consulenza amministrativa.

Tutte sarebbero state intestate a dei prestanome considerati come appartenenti all’associazione e che attraverso la creazione di enormi crediti contabili di Iva, inesistenti, ricorreva all’utilizzo del meccanismo delle compensazioni in modo da non far versare agli associati alcun contributo previdenziale e assicurativo.

Le diverse imprese non operative sarebbero state, infine, “smaltite” e fatte “sparire” per evitare in ogni modo i controlli, anche attraverso denunce nei confronti di appartenenti alle forze dell’ordine e all’Agenzia delle Entrate.

Costi fittizi o gonfiati, occultamento della documentazione, false dichiarazioni e compensazioni di enormi crediti con versamento finale di 0,01 uero per evitare il blocco delle procedure di compensazione attraverso l’utilizzo dell’home banking.

SOCIETÀ SENZA SEDE E CONTI DA ZERO EURO

Anche le sedi delle società sarebbero state false: in molti casi coincidevano con cassette postali, appartamenti disabitati o in uso esclusivamente abitativo da parte degli arrestati.

Società con dichiarazioni Iva milionarie ma con saldi contabili e bancari prossimi allo zero e che ordinariamente effettuavano versamenti e prelievi nello stesso giorno o in quelli immediatamente successivi. Aziende, poi, con immobilizzazioni materiali per oltre 190 milioni di euro sostanzialmente prive di strutture produttive, commerciali od artigianali nelle sedi dichiarate.

Infine retribuzioni imponibili elevatissime, di gran lunga superiori a quelle previste contrattualmente, sproporzionate rispetto alle mansioni dichiarate e non in linea con le precedenti esperienze lavorative né con i titoli professionali posseduti, che avrebbero consentito però di percepire ai primi associati pensionati assegni annui di migliaia di euro come anche indennità di disoccupazione e maternità che in realtà non sarebbe state dovute.

Il sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca fino alla concorrenza di 33 milioni di euro, ha riguardato beni mobili, immobili, strutture, beni di interesse storico, artistico archeologico, società, denaro e altre utilità nella disponibilità degli associati.

In particolare sono stati colpiti: 24 società; 41 immobili siti nelle province di Cosenza, Potenza, Mantova, Modena e Venezia; una villa di pregio; 4 terreni; 2 parchi aquatici; 50 automezzi; beni di interesse artistico e storico.