Operazione Aspromonte, sigilli ai beni di un calabrese trapiantato a Fano
Ammonta a 700mila euro il totale dei beni immobili e società confiscate dai finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Ancona.
Le fiamme gialle hanno infatti eseguito una misura di prevenzione - a carattere patrimoniale - disposta dal Tribunale di Pesaro nei confronti di un uomo calabrese che, per gli inquirenti, sarebbe responsabile di trasferimento fraudolento di valori e di usura, reati che sarebbero emersi nel corso dell’inchiesta Aspromonte.
Le indagini dei finanzieri sono partite da una serie di controlli su un 47enne originario del reggino ma da tempo residente nel Fanese, con svariati precedenti penali per droga, usura, truffe, estorsioni e stalking.
Accertamenti bancari sui suoi conti avrebbero evidenziato una serie di transazioni per oltre 54 milioni di euro in due anni, di cui due milioni e mezzo movimentati esclusivamente in contanti.
Un giro di denaro che gli investigatori ritengono “assolutamente incompatibile” con le condizioni economiche “ufficiali” dell'uomo, che svolgeva lavoretti saltuari in campo edile. Da qui gli esperti del Gico sono risaliti a un gruppo di conterranei del 47enne, anch'essi residenti nel Fanese e che, secondo l'accusa, avrebbero concesso prestiti a tassi usurai (tra il 95 e il 183% di interesse) a imprenditori in difficoltà della zona.
Tra le vittime, anche un operaio che aveva chiesto 40mila euro e che in un anno si era visto lievitare il prestito fino a 110mila euro.
Il 47enne, considerato il “dominus”, con la complicità degli altri, avrebbe coì creato delle società fittizie intestate a presunti prestanome per investire, con il ricavato dei prestiti a usura, in immobili. I beni, già sequestrati a maggio, sono costituiti da 7 fabbricati e 4 società nelle province di Ancona e Pesaro, del valore di oltre 700 mila euro.
Le attività investigative svolte dal Gico, nell’ambito di una delega della locale Procura Distrettuale Antimafia, avrebbero portato a scoprire un sodalizio dedito all’usura e al trasferimento di valori, e a trovare collegamenti dell’uomo in questione con affiliati a cosche della ’ndrangheta.
Gli accertamenti e la ricostruzione della sua posizione reddituale e del suo nucleo familiare farebbero emergere una situazione di completa difformità tra redditi dichiarati, tenore di vita e patrimonio, direttamente e indirettamente a lui riconducibile, e che per gli inquirente sarebbe stato acquisito “in virtù dei considerevoli profitti illeciti conseguiti dalla commissione dei reati, rendendo quindi applicabile la misura di prevenzione a carattere patrimoniale”