Al Marca di Catanzaro “La ritualità collettiva prima e dopo il web”
Dopo il recente successo ottenuto dalle mostre di Alessandro Mendini e di Michelangelo Pistoletto, il museo MARCA di Catanzaro prosegue la sua programmazione presentando un progetto dalla forte carica innovativa che nasce dall’esigenza d’interrogarsi sull’idea di comunità sociale in un’epoca di radicali trasformazioni dove la tecnologia ha assunto un ruolo prioritario. Community. La ritualità collettiva prima e dopo il web s’inaugura nella sede del MARCA sabato 18 dicembre alle ore 18,30 e si potrà visitare sino al 27 marzo prossimo.
La mostra, a cura di Alberto Fiz e Luca Panaro, è promosso dalla Provincia di Catanzaro Assessorato alla Cultura con la collaborazione della Regione Calabria - Assessorato alla Cultura e il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Calabria, di Sensi Contemporanei - Ministero dello Sviluppo Economico e della Fondazione Mimmo Rotella.
L’esposizione, accompagnata da un esauriente catalogo edito da Electa in italiano e inglese, rientra nell’ambito del Piano Operativo Regionale Calabria Fondi Europei di Sviluppo Regionale 2007/2013.
Per questo importante appuntamento sono stati coinvolti in 14 tra gruppi e artisti di generazioni differenti quali Alterazioni Video, Marina Ballo Charmet, Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Vanessa Beecroft, Cristian Chironi, Mario Cresci, Paola Di Bello, Flatform, Nino Migliori, Adrian Paci, Franco Vaccari, Naomi Vona, Carlo Zanni. Un confronto tra grandi maestri e giovani rappresentanti dei new media che consente di riflettere sul concetto di comunità dagli anni cinquanta a oggi, attraverso opere fotografiche, video, progetti web e installazioni interattive. Non manca nemmeno un’installazione mobile del gruppo Flatform che durante i giorni precedenti all’inaugurazione della mostra hanno registrato le reazioni delle persone nelle strade della città di Catanzaro.
“Dopo una serie di esposizioni dal taglio storico e filologico, il MARCA propone un altro progetto particolarmente coinvolgente e attuale dove l’arte rappresenta l’occasione per interrogarci su noi stessi e la nostra relazione con gli altri. Di fronte ad un individualismo spesso esasperato, appare quanto mai opportuno affrontare il tema della collettività attraverso una lettura trasversale che coinvolge i grandi maestri della fotografia italiani, così come alcuni dei più significativi artisti dell’ultima generazione”, afferma Wanda Ferro Presidente della Provincia di Catanzaro con delega alla Cultura.
Negli ultimi decenni la visione della comunità si è profondamente trasformata e si è assistito al passaggio da riti collettivi che si svolgevano in luoghi reali (case, strade, parchi, bar), a processi di aggregazione tecnologici sviluppati in ambienti virtuali (blog, chat, social network). La comunità, insomma, spesso, è diventata community on line (a Facebook hanno aderito 500 milioni di persone in tutto il mondo) e il web ha mutato profondamente il rapporto fra gli individui, sebbene si sia mantenuto inalterato il desiderio di appartenenza e di unità in base a interessi comuni.
Come spiega Alberto Fiz, Direttore Artistico del MARCA “si è passati dalla comunità rigida e gerarchizzata, basata su precise linee guida di carattere politico, ideologico e familiare, alla comunità fluida e delocalizzata, priva di un riferimento territoriale, che si sviluppa prevalentemente in base all’esperienza dei singoli individui. Un percorso che va incontro ad una cultura partecipativa e relazionale descritta con efficacia dal taglio inedito dell’esposizione”.
E Luca Panaro aggiunge: “Gli artisti selezionati sono accomunati dall'utilizzo dell'immagine e da un attento sguardo indagatore nei confronti di una società in continua evoluzione. Riflettere sulla comunità rappresenta per ognuno di questi autori una necessità imprescindibile nell'arduo compito di interpretare il proprio tempo”.
La mostra mette a confronto immagini comunitarie rappresentative di epoche e condizioni sociali molto differenti fra loro. Come la visione “neorealista” restituita dalle fotografie di Nino Migliori (Bologna 1926), alla ricerca di sguardi, gesti e gerarchie in Gente dell'Emilia e Gente del Sud documentata sulla soglia di casa o sui gradini delle strade negli anni cinquanta.
L'indagine di Mario Cresci (Chiavari 1942) condotta nei Ritratti reali mostra, invece, le condizioni di vita di piccoli gruppi familiari di alcuni paesi della Basilicata nei primi anni settanta. Mentre la Festa del Proletariato Giovanile al Parco Lambro di Milano fotografata nel 1976 da Gabriele Basilico (Milano 1944) in occasione dell’ultimo Festival Re Nudo testimonia il senso comunitario hippy restituendo quella che i giornali del tempo definirono “l'apoteosi della provocazione”. In questo caso vengono esposte 30 immagini vintage, alcune delle quali inedite.
Un altro capitolo della mostra affronta la questione legata all'aggregazione comunitaria in alcune metropoli, come riflessione sui nuovi riti collettivi dell'attuale società. Basti pensare alla serie Il parco di Marina Ballo Charmet (Milano 1952), realizzata in varie città del mondo per indagare questo nuovo luogo di socialità e condivisione soprattutto nei giorni di festa. La convivenza fra moltitudini di individui è visibile anche nelle immagini di Olivo Barbieri (Carpi 1954), in modo particolare nel video proposto in quest’occasione Seascape#1 Nigth, China Shenzhen, 05, girato per documentare una generazione di cinesi durante un bagno al chiaro di luna.
Il tema della rassegna attraversa anche i lavori di Paola Di Bello (Napoli 1961) che spesso punta l'obiettivo sull'integrazione fra individui, come accade in Framing the Community, dove gruppi di persone di diversa estrazione testimoniano la loro appartenenza ad un unico paesaggio urbano.
Il calcio come rito collettivo è il tema intorno al quale si sviluppa l’indagine di Cristian Chironi (Nuoro 1974) che sfrutta il potere dell’immaginazione con la complicità dello spettatore. Un lavoro sulla memoria, il suo, dove una raccolta di foto d'epoca rappresenta metaforicamente l’archiviazione generazionale di una comunità.
A riflettere sulla condizione comunitaria anche il video di Adrian Paci (Scutari–Albania 1969) Centro di permanenza temporanea esposto in mostra dove una fila di extracomunitari di varie etnie si arrampica sulla scaletta di un aereo che si scopre non esserci e che, soprattutto, non partirà mai. Nelle sue opere la poetica del ricordo e dell’appartenenza agiscono nel ridefinire l'identità di popoli messi a rischio dai processi migratori.
Con i lavori di Vanessa Beecroft (Genova 1969), una delle maggiori interpreti della ricerca contemporanea, si sviluppa ulteriormente l’indagine sulla ritualità contemporanea focalizzando l'attenzione su gruppi di giovani donne che durante le azioni performative in luoghi carichi di memoria sono private di ogni possibilità di dialogo o relazione. Sono figure femminili mute e immobili testimoni di un'epoca dominata dal culto del corpo e dell'immagine. In questo caso vengono proposte due opere monumentali di tre metri che fanno riferimento alla performance realizzata nel 2008 alla chiesa di Santa Maria dello Spasimo a Palermo.
La rassegna prosegue indirizzando la riflessione sulla comunità contemporanea in chiave tecnologica, partendo dal lavoro pionieristico di Franco Vaccari (Modena 1936) che si è interessato alla comunicazione spontanea di alcuni gruppi d'individui già alla fine degli anni sessanta, per trovare la sua più nota rappresentazione nell’installazione presentata alla Biennale di Venezia del 1972 Lascia su queste pareti una traccia fotografica del tuo passaggio. In questa e in altre opere più recenti dell'autore è facile recepire una serie di anticipazioni sulle comunità virtuali di oggi e il coinvolgimento di migliaia di persone alla co-creazione di un progetto unitario. Al MARCA è esposta una serie di lavori che fanno riferimento ai suoi ambienti/installazioni più noti (tra cui quello della Biennale del 1972) realizzati dal 1969 al 2009. In ogni circostanza l’autore sembra esseri occultato innescando un capovolgimento dei normali ruoli legati alla fruizione artistica e una relazione inaspettata da parte del pubblico.
La strada aperta da Vaccari trova largo consenso negli artisti delle nuove generazioni che alla documentazione diretta della realtà antepongono l'interazione mediata dalle tecnologie informatiche. A questo proposito, risulta interessante il confronto con l'opera della giovanissima Naomi Vona (Desio 1982) Gli infedeli mediatici, che mostra i volti di migliaia di persone auto-pubblicati su YouTube; prima imbarazzati, poi sbigottiti e infine disgustati, dopo la visione di un video proibito. Anche il collettivo Alterazioni Video formato nel 2004 a Milano, che agisce come un network internazionale, si concentra sull'utilizzo delle nuove tecnologie e sul rapporto tra verità e rappresentazione, legalità e illegalità, libertà e censura nella società contemporanea. Come risulta evidente nel video proposto in mostra Last known address ottenuto con l'ausilio di Google Earth. Carlo Zanni (La Spezia, 1975) coinvolge direttamente il popolo del web che può connettersi con il suo lavoro modificandolo direttamente in base all’ipotesi di un copyright di gruppo. I flussi di dati prelevati dal mondo digitale danno vita ad esperienze di consapevolezza sociale con la collettività invisibile ma numerosissima che si è data appuntamento in rete.
Assai significativo, infine, il progetto interattivo proposto per Catanzaro da Flatform, un gruppo di artisti nato a Milano nel 2006. In questa circostanza s’intrufola tra i quartieri della città la Flatcase, un’installazione mobile su ruote composta da varie attrezzature che registra le reazioni della gente di fronte a due differenti video durante i giorni che precedono l’esposizione. In mostra viene presentato il risultato di quest’indagine sul territorio con gli abitanti di Catanzaro che diventano protagonista dell’opera. Il museo scende in piazza e accoglie la propria comunità.
La mostra è accompagnata da un catalogo in italiano e inglese edito da Electa con i saggi critici di Alberto Fiz e Luca Panaro, oltre alla pubblicazione di tutte le opere esposte.