Salone del libro: dalla Calabria scrittori che narrano un nuovo territorio
Non nascondiamoci i problemi, ma impegniamoci a promuovere una nuova immagine della Calabria, fuori dagli stereotipi. È questo il monito, giunto dal Salone del Libro di Torino, dagli scrittori Carmine Abate, Giuseppe Aloe, Paola Bottero, Gioacchino Criaco, Domenico Dara, Nicola Fiorita, Mimmo Gangemi, Olimpio Talarico, Ettore Castagna, protagonisti della tavola rotonda svoltasi ieri, promossa dalla Regione Calabria e coordinata da Filippo Veltri.
“Dobbiamo consolidare il gioco di squadra – ha affermato l'assessore alla Cultura, Beni culturali e Pubblica Istruzione, Maria Francesca Corigliano - che, insieme al presidente del Consiglio regionale, Nicola Irto, ha fatto gli onori di casa. “L' impegno della Regione -ha aggiunto- è quello di sostenere gli intellettuali e gli imprenditori della cultura. Il programma di questo stand al Salone del Libro, il suo successo è la dimostrazione di cosa si possa ottenere quando si uniscono gli energie. A tal proposito desidero ringraziare tutti coloro che si sono impegnati per la riuscita di questo stand, in particolare ai ragazzi del Servizio Civile”.
“Occorre -ha sostenuto, dal canto suo, il presidente Irto- uscire dalla sfiducia strutturale di cui è vittima il Mezzogiorno, ed in particolare la Calabria. Le distanze tra nord e sud -ha aggiunto- aumentano, ma sono ampliate dalla narrazione che viene condotta sul meridione. È un aspetto su cui porre la nostra attenzione e impegnarci a rispondere. Ognuno, in relazione al proprio ruolo, -ha concluso- deve fare la propria parte, ma gli scrittori hanno la responsabilità di sviluppare un nuovo racconto della Calabria”.
Veniamo ai temi trattati dagli scrittori: “In Calabria ci sono tanti problemi, noi scrittori siamo i primi a essere consapevoli – ha affermato Gioacchino Criaco – ma non dobbiamo nasconderli. La rinascita intellettuale della Calabria nasce anche dalla capacità di guardare in faccia con coraggio gli aspetti negativi, sapendo promuovere le positività della Calabria”.
C'è un senso di vergogna atavica che pervade l'anima calabrese. “Proviamo ancora vergogna per il nostro nonno che andava sul 'ciucciu' e coltivava la terra. Questo complesso di inferiorità ci spinge ancora di più ai margini. Riappropriamoci del nostro passato, affermiamo la nostra identità senza remore”, ha osservato l'antropologo Ettore Castagna. I media ingrandiscono oltremodo le brutture della Calabria.
Gli scrittori, tuttavia, non sono per così dire, condannati a parlare solo di 'ndrangheta e via dicendo. L'anima calabrese e la sua cultura contengono dentro di sé le potenzialità, le risorse, lo spessore per fare una letteratura che parli al mondo, a tutti gli uomini: non è una letteratura periferica.
Su questo punto hanno posto l'attenzione Paola Bottero, Domenico Talarico, Domenico Dara.
E poi c'è una Calabria raccontata da chi in Calabria non ci vive più. È il caso di Carmine Abate e Giuseppe Aloe per i quali la Calabria è una sorta di Macondo, il centro di gravità di sentimenti, emozioni, indispensabile per fare letteratura.
Mimmo Gangemi e Nicola Fiorita si sono trovati d'accordo su un punto: alla rinascita della letteratura deve corrispondere uno sviluppo della lettura: “Siamo fanalino di coda in Italia e in Europa per numero di lettori – ha ricordato Gangemi.
Gli ha fatto eco Fiorita: “Dobbiamo andare oltre noi stessi, superare individualismo e gelosie e creare un 'sistema Calabria' che sia motore di cultura”.
Alla fine della tavola rotonda è giunta una bella nota di speranza. È arrivata da Miriam Giorgi, la diciassettenne scrittrice di fantasy, nominata Alfiere della Repubblica dal presidente Sergio Mattarella.
“Scrivere è uno strumento formidabile per uscire dalla marginalità, per far sentire la propria voce” ha commentato la stessa Miriam Giorgi. Miriam è originaria di San Luca, in Aspromonte, che i media grossolanamente hanno fatto assurgere a emblema di tutta la Calabria. La risposta migliore ai luoghi comuni è giunta da questa adolescente, amante dei libri e della cultura: “Non mi vergogno di essere di San Luca”.