Clan Muto. Scatta la confisca per la lavanderia del clan
Nell’estate di due anni fa, era il luglio del 2016, la Dda di Catanzaro fece scattare l’operazione Frontiera colpendo duramente gli interessi dei Muto, potente cosca di ‘ndrangheta che domina il comprensorio di Cetraro, nel cosentino (LEGGI).
Una sessantina furono gli arresti eseguiti dai carabinieri, tra cui quello di Antonio Mandaliti, 61enne ritenuto elemento di vertice del clan e che, secondo gli inquirenti, attraverso un’impresa individuale intestata alla moglie Maria Iacovo, una lavanderia industriale, avrebbe fornito numerosissimi alberghi, ristoranti, resorts e villaggi turistici della zona.
Nel novembre del 2017, poi, la stessa azienda venne sottoposta a sequestro (LEGGII) ed oggi - a distanza di meno di un anno - la Direzione Investigativa Antimafia di Catanzaro sta procedendo invece alla confisca della lavanderia eseguendo un decreto Tribunale di Cosenza dopo una serie di indagini patrimoniali svolte dalla stessa Dia.
Il Tribunale ha infatti ritenuto che l’impresa sia “… frutto o reimpiego di attività illecita … in periodo di pericolosità sociale” di Mandaliti.
Secondo i magistrati vi sarebbero insomma dei “sufficienti indizi” per far ritenere che i beni siano di provenienza illecita, elemento che emergerebbe proprio dall’ordinanza relativa all’operazione Frontiera in cui alcune dichiarazioni di collaboratori di giustizia paravano proprio della “fittizietà dell’intestazione della lavanderia Iacovo” e dell’atteggiamento Mandaliti, che avrebbe in pratica imposto il monopolio dei relativi servizi grazie alla sua presunta appartenenza alla cosca dei Muto.
Oltre alla confisca, nei confronti del 61 enne è stata disposta la sorveglianza speciale per tre anni, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza.