Processo Aemilia, chiesti 6 anni per l’ex calciatore Iaquinta
Sei anni per Vincenzo Iaquinta e diciannove per il padre Giuseppe. Sono queste le pesanti richieste avanzate ieri sera dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Bologna, al termine della requisitoria del processo Aemilia, riguardo le attività al nord della cosca di 'ndrangheta dei Grandi-Aracri.
L’ex bomber della Nazionale e della Juventus, campione del mondo nel 2006, è accusato di reati relativi alle armi, con l’aggravante mafiosa, e per questo i magistrati hanno chiesto i sei anni di reclusione; richiesta più pesante per il padre cui si contesta invece l’affiliazione alla 'ndrangheta.
Tra i reati contestati, a vario titolo, agli imputati al processo ci sono quelli di associazione a delinquere di stampo mafioso, false fatturazioni, usura, estorsione e frode.
Le richieste di pena più alte sono arrivate per Michele Bolognino (30 anni in ordinario e 18 in abbreviato), Gaetano Blasco (26 anni e 6 mesi in ordinario e 16 anni in abbreviato) e Pasquale Brescia (14 in ordinario e 4 anni e 6 mesi in abbreviato).
Per alcuni dei 147 imputati sono state presentate, nel corso degli ultimi due anni, integrazioni d’accusa da parte della Procura, per la quale gli illeciti sarebbero continuati anche dal carcere.
Nel processo in 24 hanno chiesto di essere processati in rito abbreviato per quei capi di imputazione. I pm Marco Mescolini e Beatrice Ronchi non hanno avanzato richieste di assoluzione (a parte un capo di imputazione relativo al pentito Salvatore Muto e una prescrizione di reato).
Condanne significative sono state chieste anche per gli imputati che nel corso dei mesi hanno scelto di collaborare: Antonio Valerio (10 anni in abbreviato e 15 anni e 10 mesi in ordinario) e Salvatore Muto (8 anni in abbreviato).