Nel campo rom un business coi rifiuti, tra incendi e inquinamento: in 5 in carcere
Furto aggravato, attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, discarica non autorizzata, inquinamento ambientale e violazione di sigilli.
Questi i reati contestati a 39 persone che stamani sono state raggiunte da altrettante misure cautelari finendo in cinque in carcere ed i rimanenti sottoposti a divieti di dimora a Lamezia Terme.
L’operazione nasce da una indagine della Procura locale sulle condizioni precarie in cui versa il campo nomadi, dove tra l’altro sono presenti numerosi allacci abusivi alla rete elettrica dell’Enel, oltre che essere teatro di numerosi incendi di cumuli di rifiuti abbandonati lungo la via d’ingresso.
Nell’aprile del 2017, durante un primo accesso al campo, erano state già deferite 43 persone, di cui 12 finite in arresto in flagranza per furto di energia elettrica.
Numerosissimi moduli abitativi, infatti, sono alimentati con delle derivazioni abusive realizzate con decine di metri di cavi in rame, spesso rubati, e collegati alle cabine dell’Enel vicine all’insediamento.
In particolare, presso via Talete, i militari hanno individuato un cavo lungo diverse centinaia di metri, addirittura interrato sotto la linea ferroviaria: arrivato fino all’accampamento da qui vi si diramavano altre decine di allacci illegati.
Le attività tecniche avrebbero poi consentito di ricostruire una complessa filiera criminale al cui vertice, secondo gli investigatori, vi sarebbe un’azienda di trasporto rifiuti, la Beda Ecologia, il cui amministratore unico è Antonio Berlingieri.
I MICROCONFERITORI E IL RISCHIO PER LE FALDE
I militari hanno documentato una serie di “microconferitori” - prevalentemente residenti all’interno del campo - che dopo aver raccolto ingenti quantitativi di rifiuti di varia natura, pericolosi e non, li vendevano alla stessa società, la cui sede legale e operativa è all’interno dell'insediamento.
Qui i rifiuti, violando le norme ambientali, sarebbero stati lavorati per essere successivamente trasportati in altre società dello stesso settore e dell’interland lametino.
Gli scarti della lavorazione, invece, sarebbero stati sversati lungo la via d’accesso all’accampamento dove periodicamente, date le considerevoli dimensioni che raggiungeva questa vera e propria discarica abusiva, venivano dati alle fiamme.
Un fenomeno, quest’ultimo, che non si è ridotto nonostante un primo sequestro delle aree usate appunto come discariche e le operazioni di bonifica effettuate a spese del Comune di Lamezia.
Gli accertamenti svolti dall’ArpaCal avrebbero permesso quindi di appurare che tutto ciò ha causato un importante inquinamento del suolo con il possibile interessamento della falda acquifera, senza tralasciare il fatto che, considerata la natura dei rifiuti incendiati, tra i quali anche speciali e pericolosi, le nubi tossiche che contengono diossina si sprigionano in un’area cittadina particolarmente sensibile: nelle vicinanze c’è infatti l’ospedale.
Nel corso della operazione sono stati così sequestrati 15 autoveicoli utilizzati per il trasporto dei rifiuti, oltre alla Beda Ecologia.
I NOMI | Cinque persone in carcere e 34 persone sottoposte al divieto di dimora a Lamezia Terme. Sono queste le misure emesse dal Gip del Tribunale della città della Piana ed eseguite dai Carabinieri nell'ambito dell'operazione all'interno del campo nomadi di Scordovillo, coordinata dal Procuratore della Repubblica, Salvatore Curcio.
In carcere sono finiti Antonio Berlingieri, 33 anni; Massimo Berlingieri di 39, Antonio Bevilacqua di 32; Simone Berlingieri di 32 e Riccardo Amato di 34 anni.