Violenti, senza scrupoli e con le armi infuocate: così i trafficanti “volevano” il territorio
Violenti e spregiudicati. Dei trafficanti di droga senza scrupoli, pronti a sparare non solo all’indirizzo delle vittime designate, qualora le avessero incontrate lungo la loro via, ma anche contro le forze dell’ordine se fossero stati controllati.
Tant’è che giravano in auto con le armi cariche, pronte a far fuoco. Il loro progetto era semplice: acquisire il controllo mafioso del territorio di Bagnara Calabra, nel reggino, con la violenza appunto e con ripetute intimidazioni messe in atto con atti incendiari e colpi d’arma da fuoco, in una occasione esplosi addirittura in direzione dell’abitazione del Comandante della Polizia Locale.
Uno scenario preoccupante il cui epilogo è arrivato stamani quando i Carabinieri del capoluogo, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia, hanno fatto scattare un’operazione che potrebbe aver messo la parola fine all’escalation criminale eseguendo dieci provvedimenti cautelari in carcere nei confronti di dieci persone.
Le accuse contestate, a vario titolo, vanno dall’associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti, al tentato omicidio, alla minaccia a un pubblico ufficiale, al danneggiamento seguito da incendio e altri reati, il tutto con l’aggravante delle modalità mafiose.
Le indagini avrebbero dunque accertato come l’organizzazione - dedita al traffico di cocaina e hashish – avesse appunto programmato di acquisire il controllo mafioso della zona.
GLI ARRESTATI
In carcere sono finiti: Fortunato Praticò, 39 anni; Fabio Cacciola (42); Vincenzo Caratozzolo (34); Antonino Leonardis (46); Rosario Leonardis (71); Rocco Perrello (50); Fabio Praticò (33) e Domenico Scarcella (34); ai domiciliari, invece, Samantha Leonardis (38) mentre un 16enne P.R. è stato rinchiuso nell’istituto penale per minori.
L’INTIMIDAZIONE AL COMANDANTE DELLA MUNICIPALE
Il blitz è stato eseguito oltre che a Bagnara Calabra anche a Sant’Eufemia d’Aspromonte, al termine di un’articolata attività investigativa condotta dai Carabinieri di Villa San Giovanni - sotto il coordinamento dei sostituti della Dda Walter Ignazitto e Diego Capece Minutolo.
Gli inquirenti ritengono di poter provare l’esistenza e l’operatività del sodalizio criminale composto da pregiudicati bagnaroti e dedito principalmente al traffico di cocaina e marijuana.
Le indagini sono iniziate nel 2017 dopo che nel pomeriggio dell’8 agosto, a Bagnara, vennero esplosi alcuni colpi d’arma contro la casa del Comandante della Polizia Municipale.
Indagando sull’accaduto - già di per sé estremamente grave ed inquietante - si è così arrivati a mettere in luce delle presunte cointeressenze criminali di assoluto rilievo e di ricondurre a queste una serie di ripetuti reati, altamente spregiudicati, culminati anche in un tentato omicidio.
LA VENDETTA PER I CONTROLLI AGLI AMBULANTI
Quanto all’intimidazione al Comandante della polizia locale, gli accertamenti scientifici eseguiti dal Ris di Messina e le ulteriori indagini, avrebbero portato a stabilire che il responsabile dell’azione sarebbe stato proprio Fortunato Praticò - persona con precedenti specifici per i minaccia aggravata e detenzione di stupefacenti - ricostruendo in modo dettagliato la dinamica e i motivi sottesi al grave atto.
La tesi è che Praticò abbia deciso di sparare contro la casa del comandante per alcuni contrasti sorti nell’ambito dell’attività della Polizia locale, in pratica per un controllo svolto su alcuni venditori ambulanti, i cui interessi sarebbero stati solitamente perorati da altri soggetti che, pur non essendo direttamente coinvolti nelle attività commerciali, si erano spesso presentati, quasi fossero dei protettori, durante le verifiche o addirittura negli uffici della municipale chiedendo spiegazioni sui motivi dei controlli.
L’INFLUENZA SULLA VITA QUOTIDIANA DELLA CITTADINA
Continuando ad indagare si è arrivati a ritenere che Praticò fosse anche a capo del gruppo che si occupava dello spaccio nella “piazza” bagnarota, e della influenza che avesse sia lui che i sui presunti sodali sulla vita quotidiana della comunità locale.
Le intercettazioni, i pedinamenti e i riscontri eseguiti dai militari avrebbero dunque condotto a delineare gli assetti dell’organizzazione: secondo gli inquirenti i promotori ed organizzatori sarebbero stati Rocco Perrello e Fortunato Praticò con la partecipazione di Fabio Praticò, Samantha Leonardis, Vincenzo Caratozzolo, Domenico Scarcella e Fabio Cacciola.
La coca e la marijuana arrivavano da trafficanti pianoti per poi essere smerciata sulla “piazza” di Bagnara. L’epicentro del narcotraffico sarebbe stata proprio la casa di Fortunato Praticò, dove - sostengono gli investigatori - avveniva un’intensa attività di spaccio che coinvolgeva anche la moglie, la Leonardis, e il fratello Fabio.
L’ORGOGLIO: PIÙ EFFICIENTI “DELLA BANDA DELLA MAGLIANA”
La conferma della esistenza di “un vincolo associativo stabile e permanente” e “destinato a durare nel tempo” sarebbe arrivata dalle stesse parole di Rocco Perrello, quando quest’ultimo, nel novembre 2017, inorgoglito, avrebbe fatto espresso riferimento ad un “solido patto criminale” che lo legava all’amico Fortunato e alla sua famiglia, arrivando a definire la propria associazione anche più efficiente della famosa e famigerata “banda della Magliana”.
Questa ostentata e sfrontata affermazione, proseguono a spiegare a spiegare gli investigatori, avrebbe trovato una sponda nella disponibilità di diverse armi e munizionamento. Fortunato Praticò e gli altri indagati avrebbero infatti detenuto e ripetutamente portato in luogo pubblico almeno tre fucili e una pistola semiautomatica.
Analizzando le intercettazioni emergerebbe che gli indagati sarebbero stati soliti sia descrivere minuziosamente i vantaggi e gli svantaggi delle singole armi a loro disposizione, quanto anche indicare precisamente su quali “obiettivi” concentrarsi e in che ordine di priorità, dicendosi pronti a sparare pur di guadagnarsi la fuga nel caso i Carabinieri li avessero controllati.
In questo senso, un riscontro alle conversazioni fra gli indagati sarebbe l’arresto in flagranza di Praticò, avvenuto il 1 dicembre del 2017, dopo essere stato sorpreso con un fucile “a pompa” calibro 12 dalla matricola abrasa.
I militari spiegano che poche ore prima di essere perquisito Fortunato avrebbe ottenuto dell’arma, poi si sarebbe allontanato dal domicilio in cui era ristretto, ed armato e con il volto coperto da un passamontagna, si sarebbe mosso con l’intento di uccidere una persona, che al momento non è stata ancora identificata, ma comunque legata all’assassinio del cugino, Francesco Catalano, ucciso in un agguato di matrice mafiosa nel 2010 a Bagnara Calabra.
PRATICÒ E L’ATTEGGIAMENTO “AGGRESSIVO E VIOLENTO”
Infine, gli inquirenti evidenziano come l’atteggiamento – definito “aggressivo e violento” – di Praticò costituisse “la cifra distintiva dell’intero sodalizio”.
Tra le svariate conversazioni intercettate, infatti, apparirebbe di rilievo una che risale al novembre 2017, durante la quale Rocco Perrello spiegava al suo interlocutore le modalità utilizzate per incendiare l’autovettura di Giovanni Musumeci, episodio che risale al 1° dicembre del 2014.
Gli accertamenti effettuati al tempo avrebbero trovato delle “ampie conferme” nei dettagli riferiti proprio da Perrello - uno per tutti, l’utilizzo di una “bottiglia con la benzina fatta a bomba” – riscontrando l’assoluta veridicità di quanto egli stesso avrebbe affermato, ovvero che si attribuiva la paternità dell’atto.
IL PROCURATORE BOMBARDIERI: "GRUPPO PERICOLOSO"
Ha parlato di un gruppo pericoloso il procuratore capo della Repubblica di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri. Ha infatti affermato che l’operazione è partita subito per “la spregiudicatezza di questi soggetti che avevano disponibilità di armi e che si riproponevano come dicevano chiaramente, monitorati dagli strumenti tecnici della polizia giudiziaria, di impadronirsi di Bagnara".
"Era un gruppo pericoloso - ha aggiunto Bombardieri - perché è stata accertata la disponibilità di armi. Uno dei riscontri è il sequestro di un fucile calibro 12 a pompa, con l'arresto del responsabile. Non avevano remore a utilizzare queste armi nei confronti anche di forze di polizia che potevano procedere al loro controllo, infatti in una di queste conversazioni ambientali vedendo in lontananza una macchina dei carabinieri commentavano "se ci controllano gli spariamo in faccia". La pericolosità di questi soggetti - ha concluso il procuratore - è risultata evidente non solo per quello che dichiaravano, ma per quello che facevano".
(aggiornata alle 15:15)