‘Ndrangheta, si pente il figlio del boss: tremano il clan di Limbadi e “colletti bianchi”

Vibo Valentia Cronaca
Emanuele Mancuso

La notizia è clamorosa e qualora fosse confermata avrebbe effetti dirompenti. Emanuele Mancuso, rampollo dell’omonima famiglia di Limbadi, si sarebbe pentito. Lo rivela nell’edizione odierna la Gazzetta del Sud. Il trentenne figlio del boss Pantaleone Mancuso, alias “l’ingegnere” avrebbe iniziato a collaborare con i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e si troverebbe già a Rebibbia sotto programma di protezione.

Dopo Raffaele Moscato e Andrea Mantella, la ‘ndrangheta vibonese avrebbe dunque un nuovo pentito e stavolta si tratterebbe di un collaboratore di giustizia interno ai Mancuso, la cosca egemone sul territorio. A pentirsi sarebbe stato non uno qualsiasi ma il figlio del boss Pantaleone, a sua volta fratello di Peppe, alias ‘Mbrogghia, capo di una delle articolazioni del clan di Limbadi, ma anche di Diego, Salvatore e Rosaria, quest’ultima finita in carcere la scorsa settimana perché accusata di essere la mandante dell’autobomba che il 9 aprile scorso uccise Matteo Vinci. Emanuele Mancuso è pure il nipote dei capi storici della cosca, Luigi, Antonio e Giovanni Mancuso della cosiddetta “Generazione degli undici”.

La Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e il procuratore Nicola Gratteri avrebbero insomma la chiave per accedere ai segreti più inconfessabili di una delle cosche più potenti della ‘ndrangheta calabrese. Tremano quindi in Mancuso, ma anche i vertici degli altri clan vibonesi, gli imprenditori e i “colletti bianchi” che con la famiglia di Limbadi hanno stretto affari, fatto e avuto favori.

Non c’è dubbio che Emanuele Mancuso sia a conoscenza di diverse cose. Di sicuro potrà raccontare dei nuovi assetti della famiglia, delle presunte fratture che hanno caratterizzato la vita del clan negli ultimi anni. Attriti veri o presunti venuti fuori anche recentemente, proprio nell’inchiesta sfociata dall’operazione “Nemea” che portò nel marzo scorso all’arresto di esponenti apicali del clan Soriano di Filandari e dello stesso Emanuele Mancuso da allora ristretto in carcere.