Appalti “aggiustati” e le opere pubbliche costavano di più. Decideva il “cartello” di imprese
Gli inquirenti non usano mezzi termini: per loro esisteva un vero e proprio “cartello” di aziende che condizionava le procedure di gara indette dalle varie Stazioni appaltanti, e contando anche sulla compiacenza e la collusione di funzionari pubblici, in particolare nel Comune di Corigliano Calabro.
Su questa base investigativa stamani hanno fatto scattare il blitz - denominato operazione Comune Accordo - con le manette che hanno stretto i polsi di una quarantina di persone tra imprenditori, professionisti e dipendenti dell’ente cosentino, contestando accuse gravi come l’associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d’asta, la frode nelle pubbliche forniture, il falso ideologico, l’abuso d’ufficio e la corruzione (LEGGI).
Contestualmente gli uomini della Guardia di Finanza bruzia, su disposizione della Procura di Castrovillari, hannoi sequestrato una dozzina di aziende (11 per l’esattezza e del valore di circa 9 milioni di euro) riconducibili ai presunti “promotori” e “organizzatori” dell’associazione a delinquere.
Nel complesso, però, gli indagati sono molti di più, 55 in tutto, tra cui cinque imprenditori che sono finiti in carcere essendo ritenuti come il “nucleo costituivo e organizzativo” dell’associazione. In 18, invece, sono stati messi ai domiciliari: anche qui imprenditori ma anche funzionari pubblici, tra cui anche un ex assessore ai lavori pubblici.
Nei confronti di 10 degli indagati è stata disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, mentre sette dipendenti pubblici sono stati sospesi.
I RIBASSI CONCORDATI PER ELIMINARE I CONCORRENTI
Le indagini - condotte dalle fiamme gialle della Sibaritide - sono durate circa un anno e mezzo ed avrebbero ricostruito le dinamiche relative alla gestione degli appalti e l’esistenza - appunto - del presunto “cartello”.
In pratica il sistema avrebbe funzionato così: una volta indetta una gara, si presentavano diverse offerte a ribasso ma dentro una forbice di valori già concordata. In questo modo si garantiva il massimo delle possibilità di vincita rispetto agli altri concorrenti.
Una volta aggiudicato l’appalto, l’esecuzione dei lavori veniva poi affidata alle imprese del “cartello” con dei subappalti non autorizzati mentre l’impresa aggiudicatrice, a prescindere dalla esecuzione diretta dei lavori, riceveva il 5% del valore aggiudicato con dei falsi servizi o degli scambi di beni, quindi delle fatture false.
Gli inquirenti sostengono che la documentazione relativa alla partecipazione delle ditte ritenute appartenenti al “gruppo” sarebbe stata predisposta da “un unico centro decisionale”, creato apposta dagli imprenditori proprio con la funzione di raccordo e di coordinamento.
IL RUOLO DEI FUNZIONARI PUBBLICI
Poi entravano in gioco anche i funzionari pubblici. La tesi è che questi sistematicamente non avrebbero né vigilato né controllato le procedure di aggiudicazione e di esecuzione intervenendo anche nell’avvalorare delle varianti illegittime e delle false perizie.
In particolare, non avrebbero verificato la legittima cessione e la presenza dei requisiti di qualificazione e di ordine tecnico organizzativo nei casi di sub-appalto dell’esecuzione delle opere; ma anche la segnalazione delle irregolarità ai rispettivi uffici e responsabili dei procedimenti; la veridicità delle dichiarazioni delle auto certificazioni presentate. Ma, più in generale, non avrebbero proprio svolto le attività di competenza dei loro uffici.
Avrebbero concertato affidamenti diretti illegittimi, violazioni ai principi di rotazione e trasparenza, fino ad arrivare ad escludere partecipanti alle gare evidenziando delle violazioni formali nella presentazione delle domande.
NESSUNO CONTROLLAVA E I PREZZI LIEVITAVANO
In alcuni casi gli stessi funzionari avrebbero proposto e consentito l’introduzione di nuovi lavori con la previsione di nuovi prezzi delle forniture dei servizi approvando, senza averne la competenza, varianti agli stessi lavori aggiudicati, modificando sostanzialmente il bando di gara.
L’omesso controllo e l’illegittima autorizzazione delle varianti progettuali, la falsa attestazione della continuità del cantiere e quindi dei lavori, le perizie false o compiacenti, avrebbero comportato così un aumento dei costi delle opere pubbliche, realizzate in alcuni casi addirittura con materiali differenti e più economici rispetto a quelli previsti dal capitolato.
Un altro reato contestato ai dipendenti comunali è quello della frode nelle pubbliche forniture che sarebbe avvenuta, tra gli altri, concordando un aumento del prezzo degli arredi urbani, fino ad arrivare ad oltre cinque volte il reale valore.
50 IMPRESE CONTROLLATE DA UNA PERSONA
Era solo una persona l’unica titolare delle 50 imprese che “gareggiavano ma solo formalmente, facendo capo allo stesso soggetto”. Le imprese, dunque, erano “governate” dalla stessa persona, nonostante fossero intestate e gestite da soggetti diversi”. È quanto ha dichiarato il capitano Francesco Coppola, comandante della Guardia di Finanza di Rossano.
Elementi che sarebbero emersi dalle numerose intercettazioni ambientali, ai funzionari del Comune coinvolti. Gli indagati nell'inchiesta sono in tutto 55. In carcere sono finiti i 5 imprenditori che avrebbero costituito un vero organismo ad hoc per gestire tutte le gare d'appalto. Alla conferenza stampa, a Cosenza, ha partecipato anche il Procuratore generale della Corte d'Appello di Catanzaro, Otello Lupacchini. "Sono qui per testimoniare l'impegno e la serietà del lavoro svolto dalla procura e dalla Guardia di finanza - ha detto Lupacchini - evidenziando un rapporto malato tra cartelli d'impresa, dipendenti pubblici e singoli soggetti”.
Come confermato dal procuratore capo di Castrovillari, Eugenio Facciolla “ogni ditta veniva comunque accontentata, anche quando non vinceva la gare, con una sorta di compenso del 5% sui lavori, senza che facesse nulla”.
Non solo “compensi” non dovuti, ma anche “lavori fatti in maniera sommaria, come per esempio su una strada sulla quale l'estate scorsa - ha proseguito Facciolla - ha perso la vita un ragazzino, cadendo su una buca con la sua bicicletta”. E si facevano appalti molto onerosi, “il Comune di Corigliano ha acquistato delle panchine del valore di 860 euro pagandole 3700 euro l'una - ha detto ancora il procuratore - ed erano conniventi anche gli imprenditori, perché' nessuno ha mai denunciato, anche se perdeva una gara. Evidentemente, comunque, c'era un guadagno per tutti".
L'indagine è andata avanti per oltre un anno e mezzo, vista la complessità dei fatti da accertare. E' stata una segnalazione dell'ex sindaco di Corigliano, Giuseppe Geraci, fatta, con una lettera, al prefetto di Cosenza, a lanciare l'allarme su come gli appalti si vincevano a Corigliano. Poi il Prefetto ha interessato la Procura di Castrovillari, che ha delegato alla Guardia di Finanza Le indagini.
I FERMATI
Delle 23 persone arrestate nell'ambito dell'operazione "Comune accordo", sono finiti in carcere gli imprenditori Damiano Perrone, 63 anni, Antonio Perrone, 34 anni, Rosario Filippelli, 68 anni, Loredana Filippelli, 41 anni, e Piero Benincasa, 35 anni. Ai domiciliari sono andati Emanuele Gradilone, 39 anni, Raffaele Gradilone, 41 anni, Francesco Fino, 63 anni, Vito Nicola Sorino, 59 anni, Onorina Rosa Donato, 56 anni, Lorenzo Domenico Cersosimo, 37 anni, Domenico Vona, 36 anni, Mario Vona, 66 anni, Giuseppe Marrazzo, 53 anni, Eugenio Pignataro, 37 anni, Saverio Scorpiniti, 50 anni, Sandro Salvatore Sprovieri, 47 anni, Pietro Paolo Oranges, 56 anni, Aurelio Armentano, 54 anni, Francesco Milito, 42 anni, Domenico Muzzupappa, 51 anni, Tiziana Montera, 45 anni, e Franco Vercillo, 56 anni.
Obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per Vincenzo Filippelli, 32 anni, Alessandro Perrone, 28 anni, Pierfrancesco Romano, 33 anni, Filomena Scarnato, 40 anni, Serena Benincasa, 26 anni, Carmine Sola, 59 anni, Giambattista Sola, 20 anni, Giuseppe Scaglione, 41 anni, Rodolfo D'Angelo, 52 anni, Giovanni Barone, 57 anni, e Francesco Cozza, 57 anni. I funzionari sospesi dal servizio sono Antonio Favaro, 62 anni, Francesco Maria Saverio Favaro, di 52, Vito Giuseppe Sammarro, 62 anni, Cosimo Mario Servidio, 65 anni, Giuseppe Pisani, 65 anni, e Raffaele Granata, 68.
(ultimo aggiornamento 17:08)