Statale 106. Quattro morti in tre giorni: sarà ora di dire basta?
E ora basta! Ma quanti figli, fratelli o semplici amici dobbiamo ancora piangere prima che qualcuno abbia un sussulto di coscienza - non dispiacerebbe anche un pizzico di “incazzatura” - e prenda il coraggio di fare qualcosa? Stavolta è andata bene, si fa per dire! E’ mancato tanto così perché le agenzie battessero di un’ennesima strage della strada. A farne le spese con la sua vita, invece, un altro povero giovane che ha avuto la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato e - affiancati nella cattiva sorte - qualche decina di passeggeri di un autobus di linea la cui sola colpa è quella di doversi svegliare all’alba per raggiungere il capoluogo di regione: chi per lavoro, chi per studio. Altri chissà perché.
Nelle ultime 72 ore la statale 106, tristemente nota come la strada della morte (termine quanto mai azzeccato) ha fatto di nuovo parlare di sé: quattro le vittime in poco più di tre giorni. Tre giovanissimi. Ed allora mi viene da chiedere: ma gli unici interventi utili apportati fino ad oggi per evitare altri lutti sono solo quattro o cinque autovelox piazzati lungo la via? Mah!
Mai come in questa legislatura la sola città di Crotone ha avuto tanti parlamentari comodamente accasati sui banchi di Montecitorio. A memoria, però, tranne qualche flebile e timido proclama pre e post elettorale, non è che ricordi fatti, atti, gesta o quant’altro utile - almeno - a cercare di trovare una soluzione ad un serio problema, quello viario, che si trascina oramai da più di mezzo secolo.
L’impressione, al momento, è che di questo problema la classe politica, locale e regionale, non se ne sappia o voglia far carico. Probabilmente (spero di sbagliare) non c’è né nemmeno le capacità o la determinazione.
Allora non ci resta che piangere? No: è arrivato il momento che tutti noi, i cittadini, quei poveri “fessi” che tra l’altro fra qualche mese saremo chiamati a esprimere il nostro consenso nelle cabine elettorali - tenetelo a mente voi dall’alto del colle - abbiano, loro, un sussulto di coscienza e comincino ad esercitare il diritto di pretendere interventi concreti.
Spogliamoci, una volta per tutte, di quest’abito di rassegnazione che ci contraddistingue da tanto tempo. Scendiamo in piazza, facciamo sentire la nostra voce: forte e convinta. E in qualunque modo lecito. Urliamo il nostro dissenso con più determinazione di quanti, invece, credono di poterci amministrare con gli “specchietti per le allodole”.
Vincenzo Ruggiero