Non voleva in casa i suoi figli, sequestra la compagna per 17 ore e la prende a sprangate

Vibo Valentia Cronaca
Da sinistra: Antonio, Leoluca e Salvatore Lo Bianco

Dopo nemmeno dieci giorni dalla vicenda che suscitò particolare clamore nel vibonese, sul sequestro di una 40enne di Rombiolo, rinchiusa in un garage di Briatico per ben 17 ore e subendo delle vessazioni, i carabinieri del capoluogo avrebbero chiuso il cerchio sulla vicenda arrestando i suoi presunti aguzzini (LEGGI).

In tre sono finiti in carcere: si tratta di Leoluca Lo Bianco (convivente della vittima) e dei suoi due fratelli, Antonio e Salvatore. Il movente sarebbe da ricondurre alla contrarietà del compagno e della sua intera famiglia ad avere in casa i due figli della quarantenne, avuti da due precedenti relazioni.

Uno dei tre fratelli è stato catturato a Bologna, dove aveva fatto rientro all’indomani del sequestro, domenica 23 settembre. Nella triste vicenda sono anche coinvolti tre bimbi in tenera età, figli della coppia, che - con le dovute cautele - sono stati prelevati dall’abitazione di Leoluca ed affidati alla madre.

L’INIZIO DELLE INDAGINI

Tutto è partito dalla denuncia sporta ai Carabinieri della Stazione di Rombiolo, la mattina dello scorso 23 settembre da parte di un giovane di 20 anni.

Il ragazzo era allarmato dalla scomparsa della madre ed i militari avevano così ed immediatamente avviavano le ricerche, attivando anche i colleghi di Jonadi, comune in cui la donna viveva, almeno secondo quanto avesse fatto sapere al figlio.

Per accelerare le ricerche, i carabinieri di Filandari avevano contattato telefonicamente il convivente della vittima che, durante la conversazione, si sarebbe però dimostrato poco interessato alla vicenda.

Un elemento che insospettì gli investigatori che decisero così di andare subito nell’abitazione delle donna, trovandosi davanti ad una situazione poco chiara: l’uomo contattato poco prima al telefono stava trasportando a bordo della sua vettura proprio la persona che gli inquirenti stavano cercando.

Impacciato e colto di sorpresa, aveva spiegato che dopo la chiamata dei Carabinieri si era messo anche lui alla ricerca della compagna, ritrovandola fortuitamente riversa per strada ed in stato di semi coscienza, con delle evidenti ecchimosi sul volto. Inoltre, affermò che la stesse trasportando nell’ospedale di Vibo.

LE ESCANDESCENZE AL PRONTO SOCCORSO

La donna, visitata dai medici del pronto soccorso, presentava infatti delle tumefazioni e dei lividi sparsi su tutto il corpo ed aveva profondi solchi sui polsi e sulle caviglie, evidenti segni di una legatura ed era anche scalza.

All’interno della sala d’attesa arrivarono contemporaneamente anche i numerosi familiari della vittima che alla vista del suo compagno andarono in escandescenza; l’intervento di Carabinieri e Polizia li aveva però fatti tranquillizzare.

Sul posto, vista la situazione, era giunto anche il Comandante di Compagnia dell’Arma, che compresa la gravità chiese l’intervento del Nucleo Operativo per sviluppare le indagini.

La vittima gli aveva dichiarato di essere stata prelevata per strada e portata in un capannone agricolo dove sarebbe stata picchiata e seviziata.

Partendo proprio dal suo racconto gli investigatori dell’Arma avevano avviato, allora, delle indagini eseguendo una serie di perquisizioni su luoghi e sui veicoli che potessero esser stati potenzialmente utilizzati per compiere il delitto.

Durante queste attività ritrovarono due corde e un rotolo di nastro da pacchi, probabilmente usato per immobilizzare la donna ed impedirle di parlare. Le ricerche erano state estese anche a dei magazzini della famiglia del compagno dove furono ritrovate invece le scarpe della donna.

Le prove raccolte e alcune dichiarazioni di testimoni - riferite a momenti precedenti al sequestro - avrebbero permesso ai militari di ricostruire l’intera vicenda arrivando a ritenere, appunto, che gli autori fossero proprio il convivente Leoluca Lo Bianco e i suoi due fratelli.

I TIMORI DEL FIGLIO, SI SENTIVA PEDINATO

Quanto ai fatti, il 22 settembre, durante il primo pomeriggio, mentre la donna era in auto con Leoluca, sarebbe stata contattata telefonicamente dal figlio che gli aveva riferito di essere molto preoccupato poiché si sentiva pedinato dai fratelli del convivente della madre.

Terminata la conversazione il 20enne aveva poi perso le tracce della mamma. Da quel momento in poi i Carabinieri hanno ricostruito che a seguito della telefonata ne sarebbe scaturita una accesa discussione tra la donna e Lo Bianco, motivo per il quale quest'ultimo, insieme agli altri due fratelli, l’avrebbe poi rinchiusa in un capannone, legata con delle corde ad una canna fumaria per la tostatura delle nocciole, e colpita con bastoni di legno e spranghe in ferro, calci, pugni.

La 40enne sarebbe stata addirittura lasciata senza cibo ed acqua fino al pomeriggio successivo, quando il compagno, spiazzato dalla convocazione in caserma da parte dei Carabinieri di Filandari, aveva deciso di liberarla inscenando il finto soccorso.