Aggressione ai patrimoni mafiosi, confiscati i beni a presunto capocosca di Gallicianò
Nel febbraio dell’anno scorso era già scattato il sequestro: allora la Dia appose i sigilli a mezza dozzina di unità immobiliari in contrada Boschicello di Reggio Calabria, oltre che ad alcune disponibilità finanziarie (LEGGI).
A distanza di quasi due anni arriva oggi la confisca dello stesso patrimonio di proprietà di Giuseppe Nucera, 72enne attualmente detenuto e considerato dagli inquirenti come il capo della “Locale” di Gallicianò, frazione di Condofuri.
Il provvedimento di oggi - emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale della Città dello Stretto su proposta avanzata dal Procuratore della Repubblica e dal Direttore della Dia - conferma dunque il sequestro del 2017, ed arriva al termine delle indagini svolte dagli uomini della Direzione Investigativa Antimafia sull’intero patrimonio dell’uomo, che avrebbero consentito di dimostrate “una netta sproporzione” tra i redditi dichiarati rispetto agli investimenti effettuati, secondo gli investigatori di “assoluta provenienza illecita”.
Diversi infatti i trascorsi giudiziari di Nucera. Tra questi gli inquirenti rammentano la sua condanna, nel 2001, e da parte della Corte di Assise di Appello di Reggio Calabria, per associazione a delinquere di stampo mafioso, essendo stato ritenuto organico alla cosca facente capo a Giuseppe Caridi, federata con il clan “Libri” del capoluogo.
In particolare, il 72enne, conosciuto anche come “zio Pino”, in questa circostanza è stato ritenuto personaggio incaricato della riscossione di tangenti.
Nucera è stato poi condannato in primo grado a 10 anni, nel 2014, per associazione mafiosa; pena successivamente rideterminata in 12 anni e 6 mesi di reclusione a seguito della sentenza del 2016 della Corte di Appello. Proprio in questo contesto è stato ritenuto essere il “capo locale” di Gallicianò.
Contestualmente alla confisca il Tribunale reggino ha disposto nei suoi confronti anche la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per 4 anni, come “soggetto socialmente pericoloso” proprio perché indiziato di appartenere ad un’associazione mafiosa.