Assistenti Sociali Calabria: morire arsi vivi nel 2018 vuol dire niente diritti umani
“Morire arsi vivi nel 2018, in uno dei paesi degli otto Paesi più avanzati, significa che allo sviluppo economico non è corrisposto lo sviluppo dei diritti umani. Le condizioni in cui hanno trovato la morte, a San Ferdinando, il giovane Suruwa Jaithe (Leggi la notizia), ieri, e Becky Moses (Leggi la notizia) a gennaio; le immagini delle persone messe in mezzo alla strada a Crotone (CLICCA QUI) a prescindere dalla loro condizione di donna incinta, vittime di tratta, bambini, sono immagini che segnano un arretramento storico rispetto all'affermazione dei diritti universali di ogni essere umano, senza distinzione di razza, di colore di pelle, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione”. - È quanto si legge in una nota stampa degli Assistenti Sociali della Calabria -
“Sono situazioni - scrivono gli assistenti sociali calabresi - frutto dell'incapacità di chi ha governato ieri e di chi governa oggi, di dare risposte alle condizioni di bisogno delle persone; di garantire, anziché indebolire o cancellare, quella rete di protezione sancita anche dalla Carta costituzionale”.
“L'Ordine degli Assistenti Sociali della Calabria - si legge ancora - ritiene non più accettabile l'uso strumentale della condizione dei più deboli, siano essi immigrati, rom, gay, o qualsiasi altro essere umano che non sia in grado di provvedere a se stesso, o far valere i propri diritti; non più accettabile la semplificazione delle condizioni di povertà e bisogno, quasi fosse una colpa di chi ne è portatore, ad uso di mero consenso elettorale. Non più accettabile che di fronte all'incapacità di mettere in campo strategie per una più equa ripartizione della ricchezza ed all'ampliamento delle fasce di povertà, si continui a rendere sempre più residuale il welfare e ad alimentare la paura dell'altro”.
“Per tali motivi - si legge infine - l'Ordine degli Assistenti Sociali della Calabria chiede a tutte le istituzioni della regione di porre al primo posto della propria agenda di lavoro i diritti umani ed i servizi di protezione dei più deboli. E si fa promotore di lanciare lo stesso messaggio in tutte le altre regioni per il tramite dell'Ordine Nazionale e degli Ordini locali”.