I dissidi tra famiglie e l’odio per il rivale punito ammazzando il figlio, ricostruito l’omicidio Rosso
L’odio era maturato tra due famiglie pare per dei vecchi dissidi, anche di origine patrimoniale. Il casus belli addirittura risalirebbe a 16 anni prima: era il 1999 quando vi fu un’accesa lite.
Da quel giorno si sarebbe iniziata ad alimentare la sete di vendetta nei confronti del rivale, arrivando finanche a desiderare di privarlo dell’affetto del figlio.
Questo lo spaccato che - almeno secondo gli investigatori - sarebbe dietro al tragico omicidio di Francesco Rosso, il macellaio di Simeri Crichi ammazzato nell’aprile del 2015 con tre colpi di pistola esplosigli in faccia e al torace mentre stava lavorando all’interno dell’attività di famiglia. (LEGGI).
A ricostruire i dettagli della vicenda sono stati i carabinieri della stazione locale che oggi ritengono di aver ricostruito l’intero “organigramma” della “rete” di personaggi che sarebbe stata coinvolta nell’assassinio, che allora scosse profondamente l’intera comunità catanzarese.
Il cerchio si chiuderebbe con l’arresto di quelli che sono ritenuti i mandanti dell’omicidio, oggi finiti in carcere: si tratta di Evangelista Russo (70 anni) e Francesco Mauro (41).
In pratica, dopo il fermo a settembre dei quattro presunti esecutori materiali (LEGGI), gli inquirenti non hanno mollato nemmeno un attimo, continuando ad indagare incessantemente.
Allo sforzo investigativo, però, hanno assicurato un contributo importante i riscontri alle dichiarazioni rilasciate da uno degli arrestati di due mesi e mezzo fa, Danilo Monti, che avrebbero permesso di avvalorare le loro ipotesi.
Come dicevamo, l’odio tra le due famiglie, i Russo e i Rosso, sarebbe maturato dopo la lite avvenuta nel ‘99 tra il 70enne arrestato oggi e il padre del macellaio assassinato, fino al punto dunque di decidere di uccidergli il figlio.
Qui si inserirebbe il ruolo del secondo fermato, Mauro, dipendente e factotum di Russo nella sua ditta di tornitura che secondo gli inquirenti sarebbe stato “a totale disposizione” del datore di lavoro, tanto da eseguirne le volontà omicidiarie commissionando l’assassinio a Danilo Monti ed ai suoi presunti complici: 30 mila euro la somma che avrebbe pattuito per togliere la vita al giovane Francesco e fornendo anche l’arma del delitto.
Il provvedimento - eseguito oggi nell’ambito dell’operazione denominata “Quinto Comandamento” - Quiinto è stato emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, su richiesta del sostituto Alessandro Prontera, coordinato dall’Aggiunto Vincenzo Capomolla e dal Procuratore capo Nicola Gratteri.