Operaio ucciso nel catanzarese, una condanna a 18 anni

Catanzaro Cronaca

Si è concluso con una condanna a 18 anni di reclusione, all'interdizione perpetua dai pubblici uffici e al risarcimento del danno alle parti civili il processo a carico di Alfredo Trapasso, catanzarese di 31 anni, finito in manette per l'omicidio di Antonio Aloi, operaio 39enne ucciso con quattro colpi di pistola e poi dato alle fiamme all'interno di un casolare di Simeri Crichi (Catanzaro), dove venne ritrovato semi carbonizzato la sera di domenica 19 settembre 2010. La Corte d'assise di Catanzaro, presieduta dal giudice Giuseppe Neri (a latere Domenico Commodaro), ha emesso questo pomeriggio la propria sentenza con la quale ha accolto solo parzialmente le richieste del pubblico ministero, Paolo Petrolo - il quale aveva chiesto per Trapasso una condanna a 30 anni di reclusione - in virtù della concessione all'imputato delle attenuanti generiche e dell'esclusione dell'aggravante contestata. I giudici hanno stabilito che Trapasso dovrà risarcire ai familiari della vittima somme che saranno quantificate in sede civile, corrispondendo intanto tre provvisionali da 50.000 euro ciascuno, una da 40.000 e una da 30.000 a moglie, figlie e sorella della vittima.

A questo punto toccherà alla difesa dell'imputato, affidata agli avvocati Nicola Cantafora e Luigi Falcone, impugnare la sentenza, una volte avute le motivazioni che saranno depositate dalla Corte entro 90 giorni. Secondo quanto ricostruito dalla pubblica accusa e contestato all'imputato, sarebbe stato Trapasso a portare Aloi nel casolare incriminato, dove poi lo avrebbe ucciso con una calibro 7,65 e dato alle fiamme, che però non hanno distrutto completamente il corpo, né il telefono cellulare della vittima, rinvenuto vicino al cadavere. Una settimana dopo il delitto, i carabinieri della Compagnia di Sellia Marina e del Reparto operativo provinciale di Catanzaro hanno individuato proprio Trapasso come il presunto assassino, ipotizzando che abbia agito per via di un regolamento di conti con la vittima, e che su disposizione del sostituto procuratore Petrolo fu sottoposto a fermo di indiziato di delitto.

L'imputato, tra le altre cose, presentava sul corpo delle ustioni secondo gli investigatori compatibili con l'accensione delle fiamme che dovevano distruggere le prove del delitto nel casolare di Simeri. Trapasso, per parte sua, rispondendo alle domande del giudice per le indagini preliminari che convalidò il fermo e dispose a suo carico la custodia cautelare in carcere - confermata dal tribunale del riesame il 4 novembre 2010 - ammise di aver visto Aloi il giorno dell'omicidio, ma raccontò di essersi separato da lui molto prima dell'ora della morte, negando di aver avuto a che fare con quel brutale delitto. (AGI)